Occhioni languidi e profondi, velati da una malinconia dovuta probabilmente ad anni e anni di sofferenze, ma che nascondono un mondo di dolcezza e pazienza infinite. Questo sguardo, capace di toccare il cuore di chiunque, appartiene ai tenerissimi asinelli.
Spesso chiamati in modo dispregiativo ciuchi o somari, contrariamente ai pregiudizi che li dipingono come testardi o stupidi, gli asini sono in realtà intelligenti, curiosi, miti e socievoli.
Trattati per secoli soprattutto come animali da sella e fedeli compagni di lavoro per l’uomo, con l’avvento delle macchine agricole gli asini hanno perso il loro ruolo tradizionale e la loro sopravvivenza è diventata sempre più incerta. Negli ultimi anni, tuttavia, la loro importanza è stata riscoperta, trovando impiego nelle fattorie didattiche e nelle strutture che praticano l’onoterapia per supportare persone disabili o in difficoltà. Sono perfino apprezzati come animali da compagnia, riscuotendo finalmente la simpatia e il rispetto che meritano.
Nel mondo esistono numerose razze asinine e quelle ufficialmente riconosciute in Italia sono otto. Tra queste, due si trovano proprio in Sardegna.
La razza più diffusa nell’Isola è l’asino sardo. Di origini antichissime, la sua presenza viene fatta risalire alla civiltà sardo-punica, che ne incrementò l’allevamento per scopi agricoli e di trasporto, o addirittura al Neolitico.
Si distingue per le sue caratteristiche fisiche. Di taglia medio-piccola, ha un mantello di colore grigio o marrone, attraversato da una caratteristica croce dorsale più scura. Oltre a essere impiegato nelle attività agricole, questo asino domestico ha un grande valore culturale. Spesso è protagonista di feste e manifestazioni popolari, come il Palio degli Asinelli che si svolge ogni estate a Ollolai, e inoltre è celebrato nella letteratura e nei racconti popolari locali.
Ancora più rara, tanto da essere considerata unica al mondo, è però la specie asinina che vive, da secoli, prevalentemente nella bellissima e incontaminata isola dell’Asinara: l’asino bianco.
Sulle origini di questo asinello albino aleggiano varie leggende. Quella più suggestiva narra che arrivarono sugli scogli dell’isola dell’Asinara alla fine del Settecento, a seguito del naufragio di un vascello proveniente dall’Africa e diretto verso la Francia, carico di asinelli, molti dei quali riuscirono a salvarsi e a raggiungere la riva. Secondo un’altra teoria, potrebbe invece trattarsi di esemplari derivati dagli asini bianchi importati dall’Egitto per volontà del Marchese di Mores, divenuto duca dell’Asinara nel 1775. Ma la tesi più probabile sostiene l’origine autoctona di questi animali, che discenderebbero da antichi allevamenti abbandonati di asini grigi, inselvatichiti nel tempo, dai quali si sarebbero distinti per la comparsa del gene dell’albinismo.
Dal punto di vista morfologico, le dimensioni dell’asino bianco non sono molto diverse da quelle del ben più comune asino sardo. Non raggiunge il metro d’altezza al garrese e presenta una testa grande, che si contrappone ad orecchie abbastanza corte. Il collo, impreziosito da un elegante criniera, non è molto lungo, così come gli arti inferiori, i quali, pur essendo corti, appaiono forti e dritti.
Il tratto distintivo di questo asino speciale è, ovviamente, il colore del suo mantello, che si presenta bianchissimo nei cuccioli e bianco sporco negli esemplari adulti. Questa sensibile differenza non è dovuta ad una reale variazione di colore, ma piuttosto ai depositi di polvere e sporco a cui sono soggetti gli animali che vivono allo stato brado. La tinta chiarissima del pelo è accompagnata dalla presenza di occhi rosei e azzurri, altra tipicità dell’albinismo.
L’albinismo è un difetto genetico, un’alterazione ereditaria del funzionamento dei melanociti che impedisce la sintesi della melanina. La diminuzione o l’assenza di questo pigmento nelle zone in cui è generalmente presente comporta non solo una variazione cromatica, ma anche un’andatura talvolta incerta, tipica degli asini bianchi, e la fotofobia, ossia una riluttanza all’esposizione diretta alla luce solareper lunghi periodi.
Con l’obiettivo di mantenere l’integrità genetica della razza, una trentina di asinelli albini può essere ammirata anche nella foresta demaniale di Porto Conte, poco lontana dal comune di Alghero. Alcune decine di individui sono inoltre custodite presso il Parco Museo S’Abba Frisca di Dorgali, nella foresta di Burgos e, grazie a un progetto avviato negli anni Ottanta in collaborazione con l’Università di Perugia, anche nel parco divertimenti perugino “Città della Domenica”.
Ma la maggior parte degli esemplari si possono osservare all’Asinara, di cui costituiscono il simbolo, oltre che un’attrazione turistica. Qui, i circa 90 asinelli bianchi presenti, suddivisi in piccoli nuclei familiari, trascorrono le loro giornate liberi e felici, dimostrando una notevole capacità di sopravvivenza. Pur avendo a disposizione tutto il territorio del Parco Nazionale, prediligono le zone di Trabuccato, Santa Maria, Fornelli e Cala d’Oliva, dove occupano cespugli, pascoli e rocce, nutrendosi di erbe e arbusti della macchia mediterranea.
L’Ente Parco svolge un ruolo fondamentale nella conservazione di questo tesoro naturale, monitorando la popolazione e salvaguardando il loro ambiente. Proteggere gli asini albini significa non solo preservare la loro unicità genetica, ma anche custodire la memoria di un’isola che, attraverso di loro, continua a raccontare la sua storia millenaria.