Tra i tanti bellissimi borghi di cui è ricca la Sardegna, sia in prossimità del mare che nell’entroterra, ne esiste uno più misterioso ed isolato, lontano dagli altri centri urbani e circondato da montagne, boschi e cascate. Proprio nel cuore della Barbagia, infatti, a quasi mille metri di altitudine, si erge, con un paesaggio quasi fiabesco e poco meno di duemila abitanti, il grazioso borgo di Tonara, in provincia di Nuoro.
La storia di Tonara ha origini antichissime, come testimoniato dalla presenza di numerosi siti che rivestono una grande importanza dal punto di vista storico e archeologico. Addirittura, all’epoca prenuragica risalgono infatti la Domus de Janas di Is Forreddos, un sepolcro scavato nella roccia e formato da tre ambienti comunicanti tra loro, e la grotta funeraria di Pitzu e’ Toni scavata invece nel calcare e dove sono stati rinvenuti i reperti più antichi del territorio. Nella formazione rocciosa di Su Nuratze sono poi ancora osservabili le tracce di un villaggio nuragico e degli insediamenti antichissimi di Idda Intr’Errios, Tracullau, Trocheri e Gonnalè, probabilmente i primi costruiti dall’uomo in quel luogo.
Ma è durante il Medioevo che avviene la nascita di Tonara, come risulta dal primo documento ufficiale che vi fa riferimento, l’atto di pace del 1388 tra il re Giovanni II d’Aragona e la giudicessa Eleonora d’Arborea. Tracce risalenti proprio all’epoca medievale, oltre che al Rinascimento, sono ancora presenti in diversi luoghi e monumenti che si possono ammirare passeggiando all’interno del centro abitato. La Chiesa di Sant’Antonio, risalente al XVI secolo e caratterizzata da diversi dipinti murari, la Chiesa di Sant’Anastasia, databile tra la fine del 1200 e l’inizio del 1300 e di cui ci sono ormai solo dei resti perché molti suoi elementi furono utilizzati per la costruzione, nel 1800, della Parrocchia di San Gabriele, il Santo Patrono, e il grande palazzo in stile rurale che ospita la Casa Museo Porru. Le strette viuzze del paesino, caratterizzate da case in pietra con tipici balconi di legno, formavano gli antichi rioni dalla cui fusione è nato l’attuale comune di Tonara, Arasulè, Teliseri, Toneri e, successivamente, Pranu.
Questo affascinante borgo, un po’ sottovalutato e dimenticato probabilmente anche a causa della sua collocazione, ha iniziato a diventare noto come meta turistica solo dopo il secondo dopoguerra e, soprattutto, negli ultimi 20 anni. La sua conformazione si presta ad essere una tappa ambita per gli amanti della natura e per coloro che praticano l’escursionismo, il trekking e l’ecoturismo, grazie alla presenza di tanti percorsi da percorrere a piedi, in mountain bike o a cavallo per scoprire questo magnifico territorio fatto di cascate spettacolari e dall’acqua limpidissima e da fitti boschi da cui si ricava il legno necessario per l’attività artigianale su cui ruota l’economia del paese, e ricchi di alberi da frutto come i castagni e i noccioli. Questi ultimi, in particolare, vengono utilizzati per la preparazione del torrone, il prodotto artigianale che più di tutti ha reso celebre il borgo di Tonara. È proprio qui che, dal lontano 1979, si tiene ogni anno, nel giorno di Pasquetta, la Sagra del torrone sardo, evento che richiama tantissimi visitatori da tutta l’Isola.
Ma se fino agli anni Ottanta il torrone era solo una delle leccornie vendute nel corso delle sagre paesane, oggi, assieme al pandoro e al panettone, è il dolce più apprezzato e conosciuto nel mondo durante il periodo di Natale, immancabile nei cesti regalo e nelle tavole imbandite a festa.
Dolce molto antico e con una ricetta dalle origini incerte, forse arabe o greche, e con un nome derivante dal verbo latino “torrere” che significa abbrustolire, proprio in riferimento alla tostatura della frutta secca che lo compone, del torrone esistono tantissime versioni in virtù della grande varietà di ricette e di ingredienti utilizzati nelle diverse parti d’Italia.
In Sardegna, Tonara è il cuore della produzione e del commercio del torrone nell’Isola. La ricetta del torrone di Tonara, le cui origini risalgono sicuramente al territorio della Barbagia della seconda metà dell’Ottocento, prevede l’utilizzo di 500g di miele e un albume d’uovo che vanno amalgamati con una cottura di circa 4 ore che fa raggiungere al dolce la sua tipica consistenza morbida. All’impasto vanno poi aggiunti 400g di noci, nocciole o mandorle sgusciate e tostate e un’ostia di pasticceria, senza zuccheri aggiunti. Il composto va poi trasferito in una teglia di alluminio e lasciato raffreddare per poterlo infine tagliare a pezzi.
È proprio l’assenza dello zucchero e l’impiego dei mieli più pregiati della Sardegna che differenziano il torrone sardo dagli altri torroni, conferendogli il suo tipico colore bianco avorio e il suo inconfondibile sapore, rendendolo uno dei torroni più buoni e richiesti al mondo.