Il Carnevale Antico di Siniscola prende vita il 16 gennaio, in coincidenza con l’accensione dei falò di Sant’Antonio, un evento che segna l’inizio de Su Carrasecàre in molti comuni sardi. A Siniscola, il giorno si apre con la prima uscita dell’anno delle maschere tradizionali locali, un rito che si ripete da secoli e che affonda le radici nei culti antichi. L’uscita delle maschere, “Sa prima essita”, avviene alle ore 19 in Piazza Sant’Antonio, dove le tradizionali figure (Sas Carotzas) sfilano per le vie del paese.
Le maschere di Siniscola sono simboli di antiche tradizioni e credenze: S’Orcu ‘e Montiarvu, Su Guardianu ‘e S’Orcu, Su Tintinnatu, Su Voe Jacu e Sa Partorja rappresentano il cuore di un Carnevale che racconta il ciclo della vita, della morte e della rinascita della natura. Ogni figura ha un ruolo ben preciso, legato a un significato profondo che risale ai culti pre-cristiani.
La figura centrale di questo Carnevale è S’Orcu ‘e Montiarvu, un uomo trasformato in bestia che, secondo la tradizione, si nasconde sotto la cima del Mont’Albo, nell’area conosciuta come Sa Prejone ‘e s’Orcu (la prigione dell’orco). L’orco, simbolo della natura selvaggia, viene catturato e legato il 16 gennaio, per essere portato nel paese e imprigionato fino al Martedì Grasso, quando viene ucciso e il suo sangue sparso sulla terra, come simbolo di fertilità e rinascita per il raccolto.
A dominare questa figura è Su Guardianu ‘e S’Orcu, che rappresenta l’uomo che tenta di domare la bestia con la frusta e la corda. La figura del guardiano è simbolo di lotta, ma anche di lutto, poiché in passato i vedovi si vestivano in modo simile, con il volto annerito dalla fuliggine, per esprimere il dolore per la morte della donna, simbolo della fertilità familiare.
Un’altra figura centrale è Su Tintinnatu, con i suoi sonagli e il volto annerito dal sughero bruciato, incarna un’anima selvaggia che scuote la terra dal torpore invernale. I frustini, i forconi e i bastoni, decorati con teste di muflone o capra, sono strumenti per invocare il risveglio della natura.
Queste maschere sono strettamente legate ai riti di passaggio che simboleggiano la morte e la rinascita della natura. Il Carnevale Siniscolese è una rappresentazione simbolica di come, nel corso dei secoli, le comunità sarde abbiano cercato di ingraziarsi le forze della natura attraverso il sacrificio simbolico. Il sacrificio di S’Orcu rimanda al mito di Dioniso, dio della natura e della fertilità, i cui riti dionisiaci erano praticati in tutta l’area mediterranea.
Nel contesto del Carnevale, la morte di S’Orcu rappresenta la fine della stagione invernale e la promessa di una nuova vita, un nuovo raccolto che seguirà il sacrificio. Le figure come Su Tintinnatu e Su Voe Jacu evocano il passaggio di questa morte a una nuova vita, simboleggiando il ritorno della primavera.
Su Voe Jacu rappresenta un uomo che soccombe alle tentazioni e si trasforma in un bue. Questa maschera, accompagnata dai rumori di catene e dal muggito del bue, percorre le strade del paese annunciando la morte, in particolare quella imminente, e rappresenta la chiusura del Carnevale.
Infine, c’è Sa Partorja, una figura che simboleggia la rinascita. Un uomo mascherato da vedova, con la faccia annerita e una pancia finta, impersona la fertilità che ritorna dopo la morte di S’Orcu, e va di casa in casa a chiedere pane e vino.
Con l’avvento del cristianesimo, molte di queste tradizioni furono riadattate. Il sacrificio dell’animale e le figure più cruente furono progressivamente messe da parte, ma la struttura simbolica del Carnevale, che ruota attorno alla morte e alla rinascita, è rimasta immutata. Alcune delle maschere più crude, vennero ripensate o eliminate, ma la parte più simbolica e ritenuta accettabile dalla Chiesa, come Su Tintinnatu e Sa Partorja, continuò a far parte della celebrazione.