Raccontare il tempo, che scorre attraverso uno spazio circoscritto definito da una cornice-inquadratura: è questa la sfida insita in “Here”, il nuovo film di Robert Zemeckis in uscita oggi nelle sale italiane; la pellicola, che propone un intreccio narrativo tanto complesso quanto affascinante, è tratta da una pietra miliare della storia del fumetto contemporaneo americano, “Here – Qui” di Richard McGuire, uscito nella prima versione di 6 tavole nel 1989 sulla rivista “RAW” e nella versione estesa -oltre 300 tavole- per l’editore Pantheon nel 2014 (in Italia nel 2015, per Rizzoli Lizard).
Per l’adattamento cinematografico di quest’opera, che mette in discussione la linearità del tempo nella narrazione, aprendo una finestra “fissa” che fotografa uno stesso luogo, e chi lo attraversa, in epoche differenti, Zemeckis si affida allo sceneggiatore Eric Roth, già collaboratore del regista in “Forrest Gump”; a completare la reunion ci sono anche gli attori protagonisti della pellicola, Tom Hanks e Robin Wright, e il compositore che ne ha curato la colonna sonora, Alan Silvestri.
Non stupisce che, proprio per “Here”, Zemeckis e Roth siano tornati a collaborare: si potrebbe dire che “è una questione di tempo”, perché così come in “Forrest Gump” il protagonista attraversa un’ampia porzione di storia americana evidenziandone, con la sua goffaggine, i momenti salienti e le contraddizioni, in “Here” è la camera -la vignetta, nel fumetto- puntata su uno stesso luogo ad assolvere questa funzione, come testimone immutabile del cambiamento, della storia che rincorre se stessa, proprio “qui”, e contribuisce dunque a mutare lo spazio in cui si compie.
E sono numerose, non a caso, le “storie” che si intersecano nel luogo scelto per l’osservazione del fluire del tempo, che si trasforma in una sovrapposizione di scenari: dai dinosauri spazzati via dall’Era Glaciale alle tribù degli indiani Lenape; dalla dimora di William Franklin, figlio del celebre Benjamin -scienziato e padre fondatore degli Stati Uniti d’America-, alla casa in cui si alternano le vicissitudini delle famiglie Harter e Beekman, per arrivare alla linea narrativa che racconta di Al Young (Paul Bettany), reduce della Seconda Guerra Mondiale, e di sua moglie Pauline (Kelly Reilly). Gli Young hanno tre figli e proprio su uno di questi, Richard (Tom Hanks), e su sua moglie Margaret (Robin Wright) si concentra il film, in parte autobiografico per il “Richard” autore del fumetto.
La copiosa filmografia di Zemeckis si distingue, fin dagli esordi, per l’utilizzo di innovazioni tecnologiche rivoluzionarie, con effetti speciali che hanno meritato il Premio Oscar di categoria (“La morte ti fa bella” e il pluripremiato “Forrest Gump”); in “Here”, in particolare, Hanks e Wright sono stati sottoposti a un imponente de-aging, tecnica di ringiovanimento che ha consentito loro di prestare il volto ai personaggi anche da giovanissimi. Non è certo la prima volta che il de-aging viene utilizzato al cinema, ma come risulta evidente anche dal trailer, la CGI (Computer Generated Imagery) risulta particolarmente invasiva e se, da una parte, la sensazione di trovarsi davanti a dei “quadri in movimento” richiama la peculiare impostazione grafica del fumetto, dall’altra rischia di appesantire il fluire della narrazione cinematografica o, al contrario, di renderla troppo caotica, perché se un lettore ha il privilegio di indugiare su una pagina disegnata e scritta per tutto il tempo necessario a decifrarla, lo stesso non si può dire di uno spettatore in sala.
Senza dubbio, il tentativo di adattare per il cinema un’opera tanto particolare, ispirata nel 1989 alla GUI (Graphical User Interface) Xerox, che influenzò Apple, Windows e IBM, esige uno scotto da pagare: fumetto e cinema sono linguaggi simili, ma forse è proprio la variabile “tempo” -quello in cui vivono i lettori/spettatori- a renderne differente la fruibilità. Resta da scoprire se la contaminazione tra il linguaggio della narrazione per immagini, pur messo in discussione da McGuire, e quello cinematografico, spinto da Zemeckis ai confini della CGI, abbia lasciato respiro alla storia e al suo impatto emotivo o li abbia invece soffocati, con i suoi costrutti pur accattivanti.