Racconti e leggende, si sa, nascondono quasi sempre un fondo di verità, legato a eventi accaduti nella notte dei tempi e tramandati di generazione in generazione.
Anche la Sardegna, terra affascinante e misteriosa, conserva un ricco patrimonio di tradizioni e storie. Alcune di esse sono positive, cariche di insegnamenti morali; altre assumono sfumature cupe e inquietanti, popolandosi di streghe, mostri e fantasmi, utilizzate spesso in passato come monito per la popolazione o come strumento per educare i più piccoli, intimorendoli e rendendoli più obbedienti.
Al centro di una delle storie di paura più angoscianti e suggestive, perfetta per essere raccontata nelle notti buie e tempestose, capace di creare un’atmosfera sinistra e far venire la pelle d’oca, si trovano i comuni di Arbus e Guspini, nel Sud Sardegna.
Un prete, una luce in lontananza, un sentiero sinistro e un misterioso tesoro sono gli ingredienti che compongono questa lugubre vicenda, in netto contrasto con lo scenario storico, culturale e ambientale che caratterizza il Medio Campidano.
Dopo aver attraversato il centro storico di Guspini e proseguendo verso ovest, si può imboccare una strada che conduce al Passo Genna e Frongia, il quale collega il paese con quello di Arbus. Questo cammino impervio, costeggiato da massi granitici, regala una vista mozzafiato sulla pianura del Campidano e, in lontananza, sulle cime del Gennargentu. Il sentiero, ripido e isolato, è noto con il nome di “Su Mori de Luziferu” (Il Sentiero del Diavolo). Non è conosciuto solo per essere stato percorso, tra Ottocento e Novecento, dai minatori diretti ai cantieri di Ingurtosu – una frazione di Arbus che, insieme a Montevecchio, ospitava una delle miniere più grandi della Sardegna, oggi ridotta a villaggio fantasma -, ma anche perché custodisce una leggenda macabra.
Lungo questa scorciatoia che unisce i due comuni, si trova un’antica sorgente d’acqua, “Sa Mitza de Luziferu” (La Sorgente del Diavolo), che si diceva possedesse proprietà miracolose e fosse capace di guarire persino gli ammalati.
Questa fonte è una delle poche della zona che ancora offre ristoro agli appassionati di natura e jogging che passano di lì, ma molti consigliano di evitarla in determinate ore del giorno. Al calar del sole, si narra che quel luogo diventi maledetto quanto il nome che porta. C’è chi racconta, infatti, che si corra il rischio di imbattersi in unfantasma. Si tratterebbe dello spettro di un prete senza testa che tiene un lume tra le mani, la cui luce appare e scompare.
Si dice che, nel lontano passato, un sacerdote, di cui non si conosce il nome, contrariamente al suo ruolo, si divertiva ad insultare e maltrattare chi presentava difetti fisici. Inoltre, essendo una persona molto avida, cercava in tutti i modi di estorcere denaro ai fedeli, soprattutto a quelli afflitti da malattie. Con il tempo, questo prete disonesto accumulò un’ingente ricchezza e, per metterla al sicuro, decise di seppellirla vicino a una fontana, non lontano dall’abitato di Arbus, proprio lungo la strada che porta a Guspini. Questa fonte è quella di “Luziferu”.
I misfatti del parroco si diffusero in tutto il paese e qualcuno provò a fermarlo. Un giovane del posto, figlio di un minatore mutilato da un incidente in miniera, scoprì che anche suo padre era stato raggirato dal prete, così decise di vendicarsi. Seguendolo, il ragazzo notò che ogni notte, dopo aver estorto denaro ai malcapitati, il sacerdote si incamminava lungo il Sentiero del Diavolo portando con sé i soldi appena rubati. A causa del buio, però, non riuscì a seguirlo fino alla fine del suo percorso, perciò decise di aspettarlo all’ingresso del paese e lo vide tornare senza denaro. Avuta così conferma che il monaco nascondesse i suoi tesori proprio lungo quel cammino, lo smascherò e lo consegnò alla pubblica piazza.
La folla, furibonda, gridava al religioso di rivelare dove avesse nascosto il malloppo. Tuttavia, nonostante crudeli torture, il prete non disse mai dove aveva occultato il suo bottino. Alla fine, fu decapitato.
Da allora, molti provarono a cercare il tesoro, compreso il giovane che aveva contribuito a porre fine alle malefatte del parroco, ma invano.
Si dice che, dalla sua morte, “su predi sconcau” (il prete senza testa), con un lumicino rosso tra le mani, percorra ogni notte, con passo etereo e silenzioso, il Sentiero del Diavolo fino alla fonte, per assicurarsi che il suo tesoro rimanga inviolato per tutta l’eternità.
Numerosi appassionati di leggende e fantasmi, o semplici curiosi e temerari, ancora oggi si avventurano in quei luoghi, sfidando il buio e la paura, nella speranza di scorgere, da lontano, una luce rossa che brilla nella notte o, peggio ancora, di incrociare lo spettro del sacerdote intento a sorvegliare la sua ricchezza. Se qualcuno ci sia mai riuscito, non è dato sapere. La leggenda del prete senza testa, così come il destino del suo tesoro nascosto, restano avvolti nel mistero.