In una realtà contemporanea in cui tutto scorre veloce e incessante c’è sempre meno tempo per abbandonarsi al silenzio, ai ricordi, alla riflessione. Eppure ci sono dei luoghi in quest’Isola che sfuggono alla logica della corsa perenne, del caos, dell’hi-tech come strumento che permea di sé ogni aspetto della quotidianità; luoghi fuori dal tempo, o meglio, luoghi dove il tempo si è proprio fermato. La Sardegna dei paesi fantasma, infatti, rappresenta una parentesi che il passato ha lasciato in eredità al nostro presente, con le sue storie, i suoi significati, le sue leggende.
Il nostro viaggio ha inizio in un piccolo borgo del Meilogu: a Rebeccu. Quella che oggi non è altro che una piccola frazione disabitata (o quasi) del Comune di Bonorva, in età feudale era un importante centro abitato con rilevanti funzioni politiche; a partire dal 1400, tuttavia, carestia e pestilenze hanno flagellato Rebeccu e quello che era un borgo fiorente si è avviato verso un inesorabile declino, fino a contare al giorno d’oggi un solo abitante. Una leggenda – custodita tra le stradine secolari e nelle piccole case che un tempo pullulavano di vita – racconta che in realtà, la rovina di Rebeccu, fu la principessa Donoria. Quest’ultima – accusata di essere una strega e allontanata per questo dal centro abitato – avrebbe lanciato la maledizione delle trenta case: Rebeccu, rea dell’affronto fatto a Donoria, non avrebbe più superato le 30 abitazioni nei secoli a venire; oggi è meta di curiosi – affascinati dalle sue storie e dalla sua struttura medievale – che animano di tanto in tanto le stradine ormai deserte.
Passando dal Meilogu all’Ogliastra, incontriamo le storie di altri due borghi fantasma uniti dal medesimo tragico epilogo; il riferimento è all’ubicazione originaria di Gairo e Osini, Paesi che in seguito alla violenta alluvione del 1951 – e dopo ripetute frane e smottamenti dall’’800 in poi – furono abbandonati per essere ricostruiti altrove. Per quanto riguarda Gairo, non si trovò l’accordo sul luogo del nuovo insediamento e la comunità si frammentò in tre nuovi centri: Gairo Sant’Elena (detta più semplicemente “Gairo”) che si erge al di sopra del centro originario; Gairo Taquisara (o solo “Taquisara”), un grazioso villaggio di 300 abitanti distante pochi chilometri dalla vecchia Gairo; Gairo Cardedu (comunemente “Cardedu”) che è invece costruita sulla piana vicino al mare. Delle vecchie Gairo e Osini rimangono i ruderi delle piccole case – ancora in piedi malgrado gli anni – e un’atmosfera incantata che racconta quella che doveva essere la vita di un borgo sardo degli anni ’50.
L’ultima tappa del nostro viaggio non è un semplice paese fantasma, ma una pagina di storia sarda alquanto significativa. È il 27 maggio 1969 quando, sui muri di Orgosolo, compare un comunicato in cui si invitano pastori e braccianti che lavorano nell’area di Pratobello a sgomberare la zona e portare il bestiame altrove; motivo: Pratobello sarà un poligono da tiro, temporaneo secondo fonti ufficiali, permanente secondo quelle ufficiose. Gli orgolesi non ci stanno e il 9 giugno inizia l’occupazione dei campi che si protrarrà per una settimana; lo Stato, a questo punto, fa un passo indietro e smantella il poligono mentre Pratobello – che era stato dotato di abitazioni, chiesa e persino di un cimitero – viene abbandonato. Oggi, tra i ruderi di quello che avrebbe dovuto essere un villaggio per i militari e le loro famiglie, sono visibili alcune scritte che inneggiano all’indipendenza sarda e persino due murales che ricordano ai visitatori lo spirito con cui “la rivolta di Pratobello” fu portata avanti. Per il resto tutto tace: di vita, questo piccolo borgo disabitato, non ne ha mai conosciuta come testimonia il cimitero che avrebbe dovuto accogliere i corpi dei defunti del luogo e che è rimasto, invece, un mero pezzo di terra recintato. Insomma, un unico episodio – denso di significati e di risvolti, come si è detto – ha poi lasciato spazio ad un silenzio assordante.
La lista dei paesi fantasma della nostra Isola non si esaurisce certo in questi pochi esempi riportati che sono tuttavia sufficienti a suggerire mete alternative di una Sardegna che, oltre le sue magnifiche spiagge e una natura incontaminata, è in grado di offrire al visitatore il piacere di luoghi unici e misteriosi.