Là dove non si sente il profumo del mare ma i raggi del sole illuminano tutto ciò che di colorato si trova intorno, in quell’entroterra sardo che ancora conserva una bellezza incontaminata e custodisce la storia antica dell’Isola, spicca un piccolo comune, di appena 4.000 abitanti, che rappresenta uno dei gioielli più preziosi della Sardegna: Orgosolo.
Situato nel cuore della Barbagia di Ollolai, in provincia di Nuoro, Orgosolo, il cui nome deriva dal greco orgàs, che significa “terreno fertile e ricco di acque”, si trova a 620 metri sul livello del mare, ai piedi dell’imponente altopiano calcareo del Supramonte, uno dei monti più maestosi dell’Isola. Un territorio fatto di alti dirupi, grotte e canyons, le famose gole scavate dal lungo fiume Cedrino e dal rio Flumineddu, tra le quali la Gola di Gorropu, e per questo tra le mete predilette dagli amanti del trekking.
Questo paesaggio così aspro e impervio racchiude però un borgo suggestivo, ricco di case colorate, tradizioni, cultura e storia.
I primi insediamenti qui risalgono alla preistoria, come testimoniato dai numerosi siti archeologici presenti: dolmen, menhir, nuraghi, tra i quali spicca il Nuraghe Mereu che da un’altura domina il territorio circostante, e le Domus de Janas, le cosiddette “case delle fate”, tombe preistoriche risalenti al periodo neolitico e rese qui ancora più particolari dal fatto di essere state scavate nella dura roccia granitica.
Le conquiste dei romani, dei cartaginesi e degli aragonesi, durante le quali il centro abitato iniziò ad assumere delle sembianze un po’ più simili a quelle attuali, portarono la popolazione locale ad intraprendere una resistenza contro i dominatori, sfociata poi nelle prime azioni di quello che è stato definito il banditismo, diventato nel corso dei secoli il tratto distintivo di queste zone interne dell’isola, descritte spesso come pericolose e invalicabili.
Dopo le battaglie contro i conquistatori, all’inizio del Novecento il fenomeno del banditismo ha assunto dapprima la forma di una vera e propria faida tra famiglie per questioni di territorio, tanto da essere noto anche come disamistade, che significa vendetta, e, successivamente, della lotta tra le forze dell’ordine e i latitanti dell’epoca. L’esponente principale è senza ombra di dubbio l’ex primula rossa del Supramonte Graziano Mesina, originario proprio di Orgosolo, protagonista di rocambolesche evasioni dal carcere e autore di vari reati, tra cui diversi sequestri di persona. Questa zona così ostica della Barbagia, infatti, è stata scelta spesso come nascondiglio per rapimenti ai danni di imprenditori e personaggi facoltosi.






Ma oggi Orgosolo è famosa soprattutto per i suoi incredibili murales, veri protagonisti di questa località unica e divenuti la forma di comunicazione più utilizzata dagli abitanti del luogo. Si tratta di dipinti a cielo aperto che caratterizzano e colorano non solo le abitazioni, ma anche rocce e pareti naturali, talmente realistici quasi da spingere le persone a toccarli per accertarsi che siano effettivamente degli affreschi.
Trattandosi di un’arte di strada, i materiali utilizzati dai muralisti per la loro realizzazione sono molto semplici, per lo più vernici ad acqua estremamente deteriorabili. Di conseguenza, mentre i murales più importanti vengono rinnovati di anno in anno, gli altri piano piano scompaiono per via degli agenti atmosferici, restando affidati solo alla memoria di chi ha potuto ammirarli e lasciando il posto ad altri più attuali e significativi.
Passeggiando per le vie del paese se ne possono osservare tantissimi. Il primo fu realizzato nel 1969 in occasione di una pacifica protesta dei pastori per l’occupazione del territorio da parte dell’Esercito italiano, passata alla storia come la rivolta di Pratobello. Tanti altri raccontano poi di politica, di eventi fondamentali come la Seconda Guerra Mondiale e le stragi di Stato, raffigurano personaggi storici come Antonio Gramsci e Giuseppe Garibaldi, ma, soprattutto, parlano di vita quotidiana, denunciando la povertà, il lavoro in miniera, il desiderio di emancipazione e di giustizia.
Non mancano, infine, i murales che mettono in luce le tradizioni sarde, tuttora fortemente presenti nella zona.
Orgosolo rappresenta, infatti, una delle mete predilette del turismo culturale. Qui in varie occasioni è possibile ancora ammirare i costumi tradizionali, tra i più belli dell’isola, coloratissimi e arricchiti da Su Lionzu, il fazzoletto posto sul capo delle donne prodotto esclusivamente ad Orgosolo con una stoffa pregiata ricavata dall’allevamento di una particolare specie di baco da seta, a cui è dedicato il Laboratorio “Tramas de Sedas” di Maria Corda. Rappresenta poi un vero piacere per il palato assaggiare gli eccezionali prodotti locali, come le carni, i formaggi, i vini, i dolci, ma soprattutto il pane, celebrato anche nel Museo del pane carasau, sito nel centro del paese. Il tutto mentre magari riecheggia nell’aria il tipico “canto a tenore”, il canto corale sardo originario del mondo agro-pastorale, inserito nel 2005 dall’Unesco tra i Patrimoni orali e immateriali dell’umanità proprio per la sua unicità e di cui Orgosolo rappresenta la patria.
Quasi come se si stesse sfogliando un giornale, questo territorio permette dunque di leggere le tante sfaccettature della Sardegna e avvertire come ancora oggi, incredibilmente, riesca a preservare la sua naturale magia.

