Gina finalmente nuota in mare aperto. È stata liberata già da qualche giorno e in diversi raccontano di averla avvistata durante la loro immersione nella caletta dell’Ossario. Gina è una fra le tante tartarughe marine recuperate e riabilitate dal CRAMA, ognuna con un nome ed una storia. È stata rinvenuta nello scorso dicembre nelle acque di Palau, grazie alla collaborazione col Parco Nazionale dell’Arcipelago di La Maddalena, in difficoltà per la probabile costipazione dovuta all’ingestione di materiale plastico. Portata nel Centro Recupero Tartarughe del Parco Nazionale dell’Asinara ha ricevuto le cure del primo soccorso e il successivo ricovero in una delle vasche di riabilitazione sino a completa remissione.
Sono circa una novantina le tartarughe marine che, sino ad ora, sono state ospitate in quella che un tempo era la casa del farista a Cala Reale, ristrutturata e adattata per accogliere l’Osservatorio del Mare. Tutte Caretta caretta e una Chelonia mydas, entrambe in pericolo a causa dell’impatto della pesca professionale. Il Centro Recupero Animali Marini Asinara si occupa di esse sin dalla sua nascita nel 2006 gestendo per conto del Parco tutto ciò che concerne lo studio, la cura e la sensibilizzazione per la salvaguardia dell’ambiente marino.
Dai numerosi dati di questi anni, si rileva come il 50% dei ricoveri sia dovuto proprio al problema della plastica. Scambiata per cibo e ingerita provoca costipazione intestinale con gravi conseguenze talvolta sino alla morte. Il restante 50% è suddiviso tra ingestione di ami, lesioni delle reti da strascico, fratture al carapace dalle eliche dei natanti e amputazione di un arto per lenze vaganti. Rari i casi di ipotermia e polmoniti. Spesso lo stesso esemplare lotta con più cause contemporanee. Il recupero avviene su segnalazione di pescatori, Capitaneria di Porto e Corpo Forestale o di semplici cittadini che compongono il 340/8161772.
Il Centro è dotato di tutte le strutture per la diagnosi, il ricovero e la cura: una sala raggi, la sala chirurgica, il laboratorio analisi e le numerose vasche per l’ospedalizzazione con un sistema di filtraggio e sterilizzazione dell’acqua di mare. Con le Università di Sassari, Siena, Torino e Pisa, si svolgono studi sulle metodologie anestetiche e sulla genetica dai campioni di sangue. Sono numerosi i volontari e gli studenti che ogni anno trascorrono brevi periodi di stage al seguito degli operatori del CRAMA.
L’associazione si prefigge lo scopo della riduzione delle cause di minaccia delle tartarughe e del loro habitat naturale attraverso educazione e sensibilizzazione ambientale rivolta sia agli operatori della pesca che ad insegnanti e studenti. La collaborazione con l’Area Marina Protetta prevede infatti anche corsi di formazione e di educazione ambientale da effettuare sia a scuola che nelle sale multimediali del Parco, che nelle visite guidate sul campo. L’associazione comprende biologi, naturalisti, veterinari, esperti in educazione ambientale e guide esclusive del Parco in modo da garantire un’offerta globale ai circa 30/40mila visitatori annui. La liberazione degli esemplari recuperati è vissuta come il completamento di un percorso di sensibilizzazione, e si svolge sempre come un evento pubblico, con il coinvolgimento di istituzioni, scolaresche e visitatori.
Ma il Centro non si occupa di sole tartarughe. Collabora con il Parco e l’Università di Cagliari nel Progetto Aragosta rossa, che si pone come obbiettivo la salvaguardia della biodiversità dell’area attraverso la protezione, lo studio e il ripopolamento di questo crostaceo, con il coinvolgimento degli operatori della pesca. Gli esemplari di piccola taglia, non commerciabili, finiti nelle reti vengono consegnati al CRAMA dietro rimborso a prezzo di mercato e, posti in stabulazione per circa tre giorni in acquari specifici, vengono misurati, schedati e catalogati, per poi essere rilasciati dopo la marcatura che li rende individuabili nelle successive ricatture. In questo modo è possibile tracciare le rotte di spostamento dalle aree di rilascio e monitorare i tassi di crescita sia dei singoli esemplari che dell’intera popolazione.
Per conto dell’Area Marina Protetta svolge, inoltre, il monitoraggio sulle reti da pesca effettuando numerosi rilievi in mare con la geolocalizzazione dei segnali in modo da verificarne la conformità e il tipo stesso di pesca. Il regolamento del Parco prevede infatti l’interdizione della pratica della pesca in determinate aree a maggior tutela ambientale (Zona A) pur permettendo la piccola pesca e il pescaturismo in molte altre zone previa autorizzazione.
Durante i rilievi in mare si svolgono le osservazioni sui cetacei sia dentro che fuori all’Area Marina Protetta. L’Asinara è infatti inclusa nella più vasta area protetta denominata Santuario Internazionale dei Mammiferi Marini compresa tra la costa nord della Sardegna, l’Arcipelago Toscano sino alla costa della Provenza. In questa area è cospicua la presenza di varie specie di delfini e di grandi cetacei. Lo studio prevede rilievi visivi effettuati con la foto identificazione dei singoli esemplari tramite la pinna dorsale, ma anche la determinazione delle classi di età e dei comportamenti etologici. Di recente, agli avvistamenti si sono aggiunti anche i rilievi acustici per mezzo dell’idrofono per intercettare la presenza dei cetacei anche in profondità.
Lo studio su cetacei, tartarughe e squali si completa con il rilevamento biometrico degli esemplari spiaggiati lungo tutta la costa Nord Ovest. Purtroppo, il gran numero di individui rinvenuti mette in evidenza la necessità di una maggior attenzione ai problemi di inquinamento e di tutela del mare.