Nel nord ovest della Sardegna, una volta lasciata la statale 131, lo sguardo di chiunque percorra la strada che da Sassari porta verso Olbia non può che essere catturato dalla visione della chiesa medievale più spettacolare e maestosa di tutta l’Isola: la Basilica della Santissima Trinità di Saccargia, un capolavoro di architettura romanico-pisana.
Questo monumento unico, lungo quasi 30 metri, largo 7 e alto 14, si erge in una verde vallata situata nelle campagne del comune di Codrongianos, un paese del Logudoro di circa 1300 abitanti arroccato a 300 metri sul livello del mare e noto, oltre che per custodire i resti di circa 60 nuraghi risalenti all’età del Bronzo, proprio per la presenza della basilica, distante pochi km dal centro abitato.
Costruito sulle rovine di un antico monastero, le origini del santuario si perdono tra leggende e culti ancestrali. In molti ritengono che il nome Saccargia derivi dell’espressione in lingua sarda logudorese s’acca argia che significa “vacca pezzata”. Si racconta, infatti, che anticamente una vacca con il pelo maculato si recasse ogni giorno davanti al monastero per offrire il latte ai frati e si inginocchiasse poi sul dorso, in segno di preghiera. Teoria che sembra in parte avvalorata dalla presenza, nel portico di fronte alla facciata della chiesa, di un capitello in cui sono scolpiti proprio dei bovini. Tuttavia, essendo l’area considerata da sempre sacra, secondo una tradizione popolare, confermata da documenti in lingua latina, il nome Saccargia sarebbe, più semplicemente, un’evoluzione del nome medievale Sacraria.
Il primo dato storico certo risale al 1116, anno che un importante documento, il “Condaghe di Saccargia”, cita come quello di consacrazione della basilica. Il testo narra che il giudice Costantino I di Torres e sua moglie Marcusa, nella speranza di avere un erede, si recarono in pellegrinaggio verso la Basilica di San Gavino, a Porto Torres, dove furono ospitati dai monaci. Qui, dopo aver fatto un voto alla Madonna – o aver avuto, secondo alcuni, addirittura una sacra apparizione -, decisero di far edificare la chiesa e, quando nacque il figlio, Gonario II, per sdebitarsi la donarono ai monaci camaldolesi dell’Ordine di San Benedetto.
Trascorsi due secoli in cui il monastero rivestì un ruolo di primaria importanza, nel corso del 1300, a seguito della campagna di conquista aragonese della Sardegna, i camaldolesi furono cacciati dall’Isola. Dopo un lungo periodo di decadenza, il titolo priorale della chiesa e del monastero è oggi detenuto dall’arcivescovo di Sassari.
La Santissima Trinità di Saccargia venne costruita in due fasi. Nel corso della prima vennero edificate le strutture fondamentali, come il transetto e il tetto ligneo che copre l’aula, proprio per consentirne la consacrazione in breve tempo; nella seconda fase, invece, furono eseguiti lavori di ampliamento da parte di architetti e maestri pisani databili tra il 1118 e il 1120, in particolare l’innalzamento delle pareti, la costruzione dell’altissimo campanile, l’allungamento dell’aula e una nuova facciata fatta di cantonetti bianchi e neri che non seguono uno schema fisso, conferendo alla struttura uno straordinario gioco di bicromie, caratteristica tra le più affascinanti dello stile romanico.
Il portico sulla facciata, invece, attribuito a maestranze lucchesi, fu aggiunto probabilmente in seguito, a chiesa già ultimata. Infine, un ulteriore e più recente restauro fu poi eseguito, a fine Ottocento, dall’architetto Dionigi Scano e riguardò prevalentemente la facciata, il portico e la torre campanaria.
Della parte esterna della Basilica di Saccargia, dopo aver camminato per un breve pendio, a colpire immediatamente sono l’altissimo campanile, affiancato dal corpo della chiesa, e il portico con volta a crociera che protegge l’ingresso principale.
L’interno, a croce commissa e caratterizzato da un’unica navata, è abbastanza spoglio, a catturare l’attenzione è però, nell’abside centrale, uno stupendo ciclo di affreschi del XII secolo, attribuito ad un ignoto artista proveniente dall’Italia centrale, che rappresenta l’unico esempio di pittura murale romanica ancora integralmente conservata in Sardegna. L’opera, suddivisa in riquadri, ritrae numerose scene evangeliche: un Cristo in mandorla con angeli, arcangeli e Serafini, la Madonna che prega con i Santi e altre scene della vita di Gesù, in particolare l’Ultima Cena, il bacio di Giuda, la crocifissione e la sepoltura. Degni di nota sono anche una bellissima statua in legno raffigurante la Madonna, del Quattrocento, e il Retablo minore di Saccargia, un dipinto su tavola realizzato dal Maestro di Castelsardo sul finire del Quattrocento e costituito da sei elementi: in alto al centro ci sono la Santissima Trinità, la Madonna col Bambino e due figure inginocchiate in preghiera, a sinistra l’Arcangelo Gabriele e a destra la Vergine Annunciata; in basso a sinistra San Giovanni Battista e a destra San Pietro Apostolo.
Proprio per l’evidente valore artistico, oltre che per l’enorme importanza storica e religiosa, la chiesa è meta, ogni anno, di moltissimi turisti, soprattutto la domenica successiva alla Pentecoste quando si celebra la festa della Santissima Trinità di Saccargia. Per l’occasione, i riti religiosi vengono accompagnati da spettacoli, balli, gare poetiche e musica folk.
Tra i più importanti simboli dell’Isola, la basilica, così come altre mete turistiche e importanti monumenti sardi, è stata riprodotta anche in miniatura, con i mitici LEGO,ed esposta nel Museo del Mattoncino KaralisBrick, unico nel suo genere in Sardegna ed inaugurato nel 2023 a Cagliari, in viale Trento, negli spazi di Palazzo Merello.