Sfiorata dal mar di Sardegna ad ovest e dal mar di Corsica a nord, l’Asinara (SS) costituisce la terza isola più grande del territorio regionale dopo Sant’Antioco (SU) e San Pietro (SU). Con un incantevole paesaggio, il suo nome deriverebbe dalla presenza dell’asinello bianco, esemplare unico nel suo genere ed ospitato nel confine ben protetto del Parco Nazionale dell’Asinara, corrispondente all’intera superficie dell’isola. In armonia con una ricca biodiversità, la sfaccettata macchia mediterranea convive anche con un passato storico mai dimenticato e che prende forma in diverse testimonianze architettoniche, come per esempio l’ossario austro-ungarico.
Sebbene l’ossario austro-ungarico sia stato costruito negli anni ‘30 del ‘900, la sua funzione risulta strettamente correlata alle tragiche pagine della Prima Guerra Mondiale. La cosiddetta “Grande guerra” arrivò a toccare il Regno d’Italia solo nel maggio 1915, quando il governo dichiarò guerra all’Austria-Ungheria entrando ufficialmente nel conflitto che vedeva contrapposti Impero austro-ungarico e Serbia con rispettive alleanze. Dopo anni di scontri con notevoli costi umani – tra tutte la battaglia di Verdun del 1916 tra francesi e tedeschi, considerata la più cruenta della storia – nel 1918 la guerra giunse al capolinea con la cosiddetta “offensiva dei cento giorni”, portando alla sconfitta dell’Austria-Ungheria e degli imperi alleati.
Gli immani sacrifici coinvolsero inevitabilmente anche la Sardegna, a sua volta finita nel vortice bellico assieme allo Stato italiano. Con grande coraggio e dispendio di vite l’isola non solo si adoperò attivamente al fronte, ma fu anche teatro della sorte di migliaia di prigionieri austro-ungarici, che nel 1915 approdarono sull’isola dell’Asinara. La decisione di tale azione derivò a seguito della necessità di un luogo in cui ospitare temporaneamente i soldati austro-ungarici prima di trasferirli in campi di prigionia peninsulari. Stazione sanitaria fin dal 1885, l’Asinara risultò congeniale allo scopo in quanto ritenuta adatta alla gestione di limitati gruppi di reclusi.
Convinzione poi smentita dai fatti, giacché in realtà l’isola si trovò fin da subito in difficoltà nell’organizzare la continua affluenza di prigionieri. Difatti l’area adibita a campo di accoglienza poteva ospitare un massimo di 1000 unità per volta, motivo per cui le piccole imbarcazioni su cui giungevano i soldati erano costrette a sostare per giorni nelle acque dell’Asinara. La disagevole situazione iniziò gradualmente a pesare non solo sul governo italiano, – responsabile della custodia dei detenuti – ma anche sui prigionieri stessi, già abbastanza stremati ed indeboliti. Molti di loro morirono prima di mettere piede sull’isola, mentre i sopravvissuti vennero decimati dal freddo, dalla fame e dalla sete nel giro di poche settimane.



Nota anche come “Isola del Diavolo” per le infernali condizioni vissute dai prigionieri fin dal 1885, l’Asinara fu quindi testimone della sofferenza e di numerose dipartite che ebbero degno riconoscimento solo 16 anni dopo. Il 12 giugno 1931 fu infatti istituita la “legge sulla sepoltura dei caduti in Guerra”, che avrebbe garantito perpetua sepoltura ai combattenti periti in guerra col trasporto dei resti da fosse comuni a luoghi deputati. Per volontà del governo austriaco nel 1936 l’Asinara divenne sede di un grande ossario, in cui avrebbero trovato riposo le ossa di oltre 7000 militari austro-ungarici esumati da molteplici cimiteri.
Ubicato ad est del monte Ruda, l’ossario austro-ungarico dell’Asinara si presenta tutt’oggi con la sua originaria conformazione basata su un’architettura austera ed essenziale. Raggiungibile da un sentiero che conduce alla collinetta su cui sorge, l’edificio trasmette già esternamente il suo intento grazie alla croce granitica sulla facciata recante la scritta “PAX – OSSARIO A.U” (letteralmente “Pace – Ossario austro-ungarico”). Accedendo all’interno, un unico ambiente accoglie circa 20 vetrate contenenti le ossa e culmina con un piccolo altare sul fondo. Infine, ad amplificare ulteriormente la solennità del luogo vi sono anche tre ceramiche realizzate dalla Fabbrica Francesco Avallone di Vietri sul Mare, aventi come protagonisti San Giuseppe, Santo Stefano e la Madonna.
L’ossario austro-ungarico si trova in località Campu Perdu presso l’isola dell’Asinara. Visitabile gratuitamente tutti i giorni, attualmente è fruibile solo dall’esterno, dove tramite il cancello d’ingresso è possibile osservare le teche che custodiscono i resti.