“Siete tutti invitati all’evento mondano dell’anno”: recita così il trailer di Assassinio sul Nilo, il film diretto da Kenneth Branagh che uscirà nelle sale cinematografiche il 10 febbraio, e immediatamente connota con un alone glamour questo adattamento del romanzo omonimo di Agatha Christie, pubblicato nel 1937. Il regista, dopo il successo di “Assassinio sull’Orient Express” del 2017, torna a vestire i panni del detective belga Hercule Poirot, affiancato da un cast composto da rinomate star del cinema, come Gal Gadot, Annette Bening, Armie Hammer, Letitia Wright e Sophie Okonedo, e stelle emergenti quali Emma Mackey; la formula ricalca i famosi adattamenti del 1974 (Assassinio sull’Orient Express per la regia di Sidney Lumet) e del 1978 (Assassinio sul Nilo diretto da John Guillermin), in cui Hercule Poirot è stato interpretato rispettivamente da Albert Finney e Peter Ustinov, mentre tra i cooprotagonisti hanno figurato attori del calibro di Sean Connery, Lauren Bacall, David Niven, Bette Davis e Angela Lansbury, solo per citare alcuni nomi.
Kenneth Branagh, dunque, già avvezzo a lavorare con cast “stellari” (si pensi a Hamlet del 1996) rende omaggio alle pellicole del passato, scegliendo un gruppo di attori e attrici di sicuro appeal per un pubblico eterogeneo, amante del cinema così come dei prodotti seriali. Dopo il viaggio nelle meravigliose carrozze art déco dell’Orient Express, dunque, e dopo quasi due anni di rinvii causati dalla pandemia, un altro grande classico della letteratura di genere giallo, girato su pellicola di formato 65 mm, “va in scena”: l’espressione non è casuale, perché la struttura del romanzo parla il linguaggio del teatro e Branagh, interprete e regista shakespeariano, ne amplifica la forza con i “potenti mezzi” del cinema a sua disposizione: la produzione, in cui è coinvolto anche il regista Ridley Scott, ha disposto infatti per il film un cospicuo budget di 120 milioni di sterline.
La messa in scena appare, fin dai trailer che sono stati diffusi, sontuosa: teatro principale dell’azione è lo sfarzoso battello Karnak, su cui l’ereditiera Linnet Ridgeway (Gal Gadot) e Simon Doyle (Armie Hammer) festeggiano la luna di miele. Ad accompagnarli nella crociera sul Nilo, alcuni passeggeri non del tutto disinteressati alla loro ricchezza e felicità, prima fra tutti Jacqueline de Bellefort (Emma Mackey), ex fidanzata di Simon e migliore amica di Linnet, la quale, sentendosi minacciata per via del cospicuo patrimonio familiare, chiede a Hercule Poirot di vegliare sulla sua incolumità.
La premessa è canonica, per il genere: un gruppo ristretto di persone, desiderose di non rivelare troppi dettagli del proprio passato, si trova in viaggio, costretta a condividere uno spazio limitato che, ben presto, si trasforma in un palcoscenico in cui interpretare un ruolo e, allo stesso tempo, in una prigione, in cui tutti sono intrappolati fino allo svelamento della verità. Esiste, dunque, una interessante sovrapposizione tra il detective Poirot, che indaga sulle vite dei suoi compagni di viaggio e potenziali assassini, e il regista Branagh, che dirige attori e attrici: non a caso nella prima locandina del film, il cast, svelato proprio attraverso questa immagine, appare disposto in una struttura piramidale, al cui vertice non può che svettare colui che dirige l’indagine così come il film.
Il viaggio lungo il Nilo si prospetta come un sogno patinato, costellato di tutte le tappe meravigliose che solo l’Egitto può regalare; tuttavia, nella sceneggiatura di Michael Green, questo topos narrativo assume un significato più profondo, intimo, quello di un percorso in cui i personaggi sono chiamati a confrontarsi con i propri sentimenti e ossessioni, trovandosi faccia a faccia con il lato più oscuro della propria anima. “È un film estremamente cupo e molto inquietante (…) perché ha a che fare con l’amore, il possesso, la lussuria e la gelosia, importanti emozioni primarie che si intromettono tra le persone”, così ha dichiarato il regista in una puntata del podcast The Fourth Wall, sottolineando come il viaggio rappresenti anche per Poirot un’occasione per approfondire il proprio rapporto con i sentimenti, considerati come pericolosi per il potere che deriva dal loro controllo. Fra gli aspetti più innovativi di questi adattamenti cinematografici, infatti, c’è la volontà di rappresentare il travaglio interiore del protagonista, la cui lucida razionalità si scontra con le sfilacciature dell’animo umano; le capacità deduttive di Poirot, così come la sua dirittura morale, sono indiscutibili e, tuttavia, costantemente messe alla prova, al limite tra l’agire secondo giustizia e secondo ciò che è giusto.




Il trailer mostra una palette di colori caldi, dal rosa al sabbia, che ben si adatta all’ambientazione del film, i cui scenari monumentali – come il complesso di Giza – sono colti dalle scenografie di Jim Clay e dalla fotografia di Haris Zambarloukos; in una manciata di secondi è evidente il richiamo costante alla figura della piramide: disposti sulla prua del Karnak, i personaggi sembrano fendere le acque del Nilo in una inquietante composizione pittorica. La sinossi ufficiale del film, con una punta di ironia, parla dei protagonisti come di “un gruppo cosmopolita di viaggiatori vestiti impeccabilmente”: l’eleganza della moda anni ’30 spicca nei costumi di Paco Delgado, che contribuiscono in maniera determinante a connotare i personaggi: mentre Linnet veste bianco e argento, Jacqueline sfoggia un rosso dirompente. Allo stesso modo, lusso e ricchezza vengono macchiati dal delitto, così come i violini della colonna sonora di Patrick Doyle vengono squarciati dal brano Policy of Truth dei Depeche Mode, a suggerire che, quando si racconta una storia d’amore e morte, di passione e vendetta, si attinge a emozioni ancestrali, che emergono nelle dissonanze, nelle terre di confine.
Quale che sia il risultato al botteghino, il film promette di mescolare, come è proprio della cifra stilistica del regista, raffinati tocchi autoriali e accattivanti elementi di cultura popolare, con l’intento di mantenere intatto il fascino di un personaggio iconico come Hercule Poirot, rendendolo al contempo interessante per il pubblico degli anni Duemila. Non a caso Kenneth Branagh ha ventilato l’ipotesi di proseguire la saga tratta dai romanzi di Agatha Christie, per interpretare ancora una volta il detective con i baffi più vintage e “pop” visti al cinema negli ultimi anni.