Il mondo del cinema italiano ha recentemente dovuto dire addio ad un’altra grande diva dei suoi anni d’oro, Monica Vitti.
Interprete, doppiatrice e attrice dal talento inarrivabile, icona di bellezza, eleganza ed umorismo, Maria Luisa Ceciarelli, in arte Monica Vitti, nacque a Roma nel 1931. Nel 1953, dopo essersi diplomata all’Accademia nazionale d’arte drammatica, cominciò la sua carriera artistica partecipando a diverse opere drammatiche in vari palcoscenici italiani e debuttando dapprima come attrice sul grande schermo, nel ruolo di Adriana Lecouvreur per Guido Salvini, e poi come doppiatrice di vari film del grande Federico Fellini e de “Il grido”, pellicola di Michelangelo Antonioni, considerato uno dei più grandi registi italiani di tutti i tempi, con cui iniziò una relazione lavorativa e sentimentale.
Antonioni trovò in Monica Vitti la sua musa, dando vita con lei alla cosiddetta trilogia dell’incomunicabilità composta dai film “L’avventura”, “La notte” e “L’Eclisse”, che li portò a calcare assieme il red carpet della Mostra del Cinema di Venezia. Ma fu nel 1964 con “Deserto rosso”, il primo film a colori di Michelangelo Antonioni, in cui interpretò Giuliana, una donna che raccontava l’inquietudine della società del tempo, che Monica Vitti entrò nel firmamento della storia del cinema. L’opera valse ad Antonioni un Leone d’oro.
La storia con il regista, tra alti e bassi, durò circa 10 anni. I due, costantemente assediati dalle attenzioni del pubblico e della stampa, vivevano nella Capitale, in due appartamenti disposti uno sopra l’altro, anche se collegati da una botola e una scala a chiocciola, in modo da mantenere ciascuno la propria indipendenza.
Ad un certo punto il destino, prima lavorativo e poi più intimo dei due, li condusse in Sardegna. All’inizio degli anni Sessanta, infatti, il regista e l’attrice giunsero nell’Isola per girare alcune scene di “Deserto rosso”, ambientato per lo più a Ravenna, spinti dalla ricerca di un paesaggio idilliaco in cui la realtà potesse essere proiettata in un mondo fantastico. Per queste scene fu scelta la Costa Paradiso, in Gallura, nella parte nord-occidentale della Sardegna, in particolare la Spiaggia Rosa dell’Isola di Budelli.
A quei tempi l’isoletta era di proprietà di Pierino Tozzi, un imprenditore edile con il sogno di dar vita ad un paradiso naturale semplice e riservato, diverso dalla mondanità tipica della Costa Smeralda. Per realizzarlo scelse la zona di “S’ara niedda”, una terra di nessuno, abbandonata e dalla natura impervia, un luogo paradisiaco caratterizzato dal contrasto tra le rocce di granito e il mare color smeraldo, e la ribattezzò Costa Paradiso. Questo luogo colpì a tal punto Monica Vitti e Michelangelo Antonioni che decisero di farvi costruire una residenza lontana dai riflettori dove trascorrere le loro vacanze estive. Il progetto fu affidato all’architetto Dante Bini, uno dei più grandi del Novecento, che Monica Vitti aveva conosciuto nel 1968 a Cortina d’Ampezzo. In quell’occasione l’attrice rimase colpita dal singolare progetto illustratole dall’architetto di voler realizzare una particolare costruzione a forma di cupola attraverso un’unica colata di cemento, gonfiata e sollevata grazie ad una camera d’aria. Quando poi la Vitti riferì questa idea geniale ad Antonioni, lui contattò subito Bini per realizzare una casa per loro con quella tecnica.
Questa villa, chiamata proprio “La Cupola” per via della sua particolare forma, era composta da un soggiorno che si collegava attraverso una scala di rocce di granito alle 5 stanze e ai 4 bagni. Fu abitata dalla coppia a partire dal 1971 e qui invitarono alcune delle più importanti personalità di quei tempi come Tonino Guerra, Sergio Vacchi e il regista sovietico Andrej Tarkovskij.
La costruzione fu definita anche “Binishell” proprio per la tecnica particolare e all’avanguardia, a ridotto impatto ambientale, utilizzata per la sua realizzazione. Tuttora al mondo esistono circa 1500 edifici progettati con questo stile architettonico.
Purtroppo la residenza fu abbandonata dopo la fine della storia tra le due celebrità. Monica Vitti si legò a Carlo Di Palma, il direttore artistico della fotografia che collaborò proprio alla realizzazione del film Deserto rosso, divenendo poi la protagonista delle sue opere. Dopo di lui, nel 1985, conobbe l’uomo che le rimase accanto per il resto della vita, il regista Roberto Russo, che sposò nel 2002, dopo 17 anni di fidanzamento. Poco prima l’attrice si era ritirata dalle scene a causa di una malattia degenerativa che progressivamente le fece perdere i ricordi e che l’ha portata a spegnersi all’età di 90 anni, il 2 febbraio 2022.
Un destino finora non troppo fortunato ha avuto anche la sua Cupola del cuore in Sardegna. Attualmente la costruzione, pur avendo dei nuovi proprietari, versa in stato di abbandono ma è meta di molti visitatori che giungono fino alla Costa Paradiso per poterla ammirare almeno dall’esterno. Dal 2015 è oggetto di tutela da parte del Ministero dei Beni Culturali, in quanto bene di interesse storico culturale. Nel 2020 è stata candidata a “I Luoghi del Cuore” del FAI ed è stata oggetto di una petizione lanciata dall’associazione De Rebus Sardois con lo scopo di recuperarla e valorizzarla.
In occasione della quattordicesima Biennale di Architettura di Venezia del 2014, l’architetto olandese Rem Koolhaas ha definito La Cupola “una delle architetture migliori degli ultimi cento anni”, a riprova di come quest’opera non possa essere dimenticata e abbandonata, esattamente come nessuno potrà mai scordare i successi di Monica Vitti e la sua favola con Michelangelo Antonioni.