La grafia è sfocata, a un tempo invitante e carica di inquietudine. Le lettere della scritta bianca su sfondo nero sono tre: IRA. È il 10 dicembre 2019 e siamo sulle pagine sulle pagine social di IOSONOUNCANE, alias Jacopo Incani, musicista sardo di stanza a Bologna. Sono passati quattro anni dal suo secondo album “DIE” (Trovarobato, 2015), che alla sua pubblicazione ha sparigliato le carte nella musica (cosiddetta) indipendente italiana. Sei giorni dopo la comparsa della scritta, Incani annuncia: «IRA è il mio nuovo disco. Prima dell’uscita e prima che sia ascoltabile altrove, lo suoneremo integralmente in sette concerti.»
La prima data in calendario è il 28 marzo 2020 a Foligno. Poi sappiamo cosa è successo: la pandemia, il lockdown, concerti annullati e rimandati, l’impossibilità di suonare dal vivo. Il tour di IRA, praticamente già sold-out ovunque, viene rimandato inizialmente a dopo l’estate, poi alla primavera del 2021. Incani non resta fermo: a novembre pubblica un doppio singolo, “Novembre” e la cover di Luigi Tenco “Vedrai, vedrai”. L’attesa intorno a IRA è spasmodica, ci si domanda se questa pubblicazione non possa essere un’anticipazione del nuovo LP di IOSONOUNCANE. Spoiler: niente di più lontano dal vero.
A gennaio 2021 viene pubblicato un live con Paolo Angeli fatto a porte chiuse al Teatro San Leonardo di Bologna, ma non c’è traccia di inediti o di anticipazioni di IRA. Ci si chiede se si dovrà aspettare comunque la fine del tour per poterlo ascoltare: da un lato la curiosità è tale che si spera di no, dall’altro si dice che non avrebbe senso pubblicare il disco se il tour era nato con l’intenzione di farlo ascoltare ‘al buio’. Poi, senza preavviso, il 24 febbraio arriva la notizia: «Il 14.05.21 uscirà IRA». Ad accompagnare il messaggio, la copertina del disco: una sagoma nuda, quasi indistinguibile nell’oscurità.
IRA è un disco monumentale. Le stratificazioni sonore che si avvicendano nelle sue quasi due ore di durata sono continui cazzotti allo stomaco, viaggi nelle tenebre di una commistione fra inglese, tedesco, arabo, francese e spagnolo mescolati in un mare di sciabole elettroniche, minimalismo e castelli di voci sciamaniche. A voler tracciare un filo conduttore con “DIE”, salta agli occhi la ricerca di un linguaggio agli antipodi: come osserva Alessandro Besselva Averame nell’intervista rilasciata da Jacopo Incani a Rumore n. 352, se il vocabolario di “DIE” sembrerebbe osservare un «racconto ellittico e in sottrazione», quello di “IRA” parrebbe caratterizzato da una «peculiare glossolalia». Un album, come Incani dice nella stessa intervista, «di paesaggi sconfinati e sconosciuti attraversati da una moltitudine le cui vite e voci si mischiano fino a smarrire i propri contorni».
E infatti IRA parla con suoni ancestrali e moderni, è una savana che copre ogni spettro del registro vocale. Un pastiche di caroselli inquietanti, claustrofobici bordoni, nenie marziali, cavalcate asfittiche e pianoforti struggenti. “hiver”, “nuit”, “prison”, “hajar”, tutte le tracce sono la partitura su cui Jacopo Incani, Simone Cavina, Mariagiulia Degli Amori, Simona Norato, Francesco Bolognini, Amedeo Perri e Serena Locci tessono trame sonore policrome. Ora si sentono echi di John Coltrane. Spuntano i Radiohead diafani del post–“Ok Computer”. Emergono la carica destabilizzante dei Tangerine Dream, le vibrazioni ataviche della musica tradizionale del Maghreb e tanto altro.
Siamo nel 2022 e il tour di “IRA” è partito il 1° aprile. Il disco verrà suonato per intero da tutti e sette i musicisti che lo hanno registrato. Ad aprire i concerti di Jacopo Incani saranno Alek Hidell, Daniela Pes, Kety Fusco e Vieri Cervelli Montel. Fra l’uscita dell’album e oggi ci sono state altre cose: un tour estivo che ha portato Jacopo Incani a suonare un estratto di IRA in formazione ridotta, accompagnato da Bruno Germano e Amedeo Perri; l’annuncio della partecipazione al Primavera Sound 2022; la sonorizzazione dal vivo del film muto “Sacramento” di Alessandro Gagliardo; l’annuncio di un tour europeo; ultima ma non ultima, la fondazione dell’etichetta discografica “Tanca records”, sub-label di Trovarobato, nata con l’idea di «mettere insieme musiciste e musicisti accomunati dalla volontà di portare altrove la canzone, metterla in discussione per aprirsi a nuove forme».