Una fiaba moderna, sospesa tra la poesia e la commedia, prende vita tra gli incantevoli paesaggi della Sardegna in “Il sogno dei pastori”, il lungometraggio d’esordio nel cinema di finzione del regista cagliaritano Tomaso Mannoni. Dopo una carriera come documentarista e una nomination ai Nastri d’Argento per il suo documentario “The Wash”, Mannoni approda finalmente alla fiction con una storia che intreccia la realtà rurale sarda con tocchi di ironia e onirismo.
Prodotto e distribuito da Ombre Rosse e Blue Film, e sostenuto da Rai Cinema e dalla Sardegna Film Commission, il film arriva nelle sale dopo aver debuttato al Riff – Rome Independent Film Festival, partecipato al festival “La valigia dell’attore” di La Maddalena e ottenuto una selezione ufficiale al festival di Richmond.
“Il sogno dei pastori” è ambientato in una Sardegna contemporanea, ma permeata da atmosfere rurali d’altri tempi, dove la crisi del comparto agropastorale fa da sfondo alle vicende. La storia si svolge in un mondo in cui i pastori, strozzati dai bassi prezzi del latte e colpiti dalle conseguenze dell’epidemia della lingua blu, si aggrappano a soluzioni fantasiose, alimentate dai meccanismi dei social media, per cercare una via d’uscita. Mannoni, con uno sguardo ironico e pungente, mette in scena un gioco di rifrazioni tra gli stereotipi sardi e quelli dei “continentali”, con uno stile che unisce elementi di realismo e di finzione.
Il film ruota attorno a tre personaggi chiave: Ignazio, interpretato da Alessandro Gazale, è un pastore sardo duro e puro, ormai disilluso dalle lotte quotidiane; Andrea, interpretato da Fabio Fulco, è un turista continentale scaltro e truffaldino, capace di guadagnare facilmente; e Antonietta, portata sullo schermo da Astrid Meloni, è una figura femminile passionale e pragmatica, nel mezzo delle tensioni tra i due protagonisti maschili. In questo triangolo si sviluppa un intreccio narrativo che combina la serietà del dramma con la leggerezza della commedia classica.
Mannoni sottolinea che, pur avendo radici documentaristiche, questa volta ha scelto di lasciare sullo sfondo l’aspetto realistico per concentrarsi su una dimensione onirica e narrativa. “Nel film ci sono due secoli di lotte,” spiega il regista. “C’è l’attualità di uno scontro continuo con la burocrazia e la politica, la rabbia del latte versato. Ma questa volta, l’aspetto documentaristico rimane in secondo piano, lasciando spazio all’ironia e alla commedia.”
Il film si sviluppa come una classica commedia degli equivoci, dove personaggi mossi da interessi opposti si incontrano in un paesino sardo, in un bar, in un presente sospeso tra sogno e realtà. In questo spazio immobile, la magia della commedia diventa lo strumento per affrontare le urgenze del presente e trovare un modo per guarire le ferite di un’economia malata. “Della commedia classica,” aggiunge Mannoni, “il film ha la semplicità delle situazioni, l’ironia costante e la tecnica dell’imbroglio che capovolge l’apparente impossibile.”
Il risultato è un sogno a occhi aperti, supportato dalle straordinarie interpretazioni degli attori, ma anche dall’incanto dei paesaggi sardi e dalla ricchezza emozionale delle musiche di Mauro Palmas. La fotografia curata da Matteo De Angelis e la scenografia di Marianna Sciveres contribuiscono a creare un’atmosfera che cattura l’essenza della Sardegna, rendendo il film non solo una storia universale, ma anche un omaggio visivo e sonoro alla sua terra.