Oggi, 2 aprile, si accendono su uno dei disturbi più studiati al mondo ma del quale ancora non si conoscono le cause. Come ogni anno in tutto il territorio nazionale e anche in Sardegna, in occasione della Giornata Mondiale della Consapevolezza dell’Autismo, sono tante le iniziative organizzate dalle istituzioni e dalle associazioni per sensibilizzare e informare su un disturbo che, secondo le ultime rilevazioni, colpisce nel nord Sardegna 1 bambino ogni 54.
La Neuropsichiatria infantile dell’Aou di Sassari ha organizzato per martedì 4 aprile, con il patrocinio dell’Università di Sassari, un convegno dal titolo “Autismo in rete. Uno sguardo al futuro attraverso la terapia mediata genitoriale” e si svolgerà, a partire dalle ore 15, nell’aula A del Complesso biomedico in viale San Pietro.
Durante l’iniziativa si analizzeranno i primi risultati del progetto di ricerca “Autismo in ReTE”, nato un anno e mezzo fa da una collaborazione tra la Clinica di Neuropsichiatria infantile, l’Istituto ReTe e l’Ospedale Pediatrico Bambin Gesù di Roma. Protagonisti saranno oltre gli operatori, le famiglie dei piccoli pazienti. Parteciperanno anche diversi studiosi del disturbo dello spettro autistico che in questi anni hanno aperto nuove vie nella ricerca e nelle terapie, come Giovanni Valeri, responsabile dell’unità operativa per i disturbi dello spettro autistico del Bambin Gesù.
Un progetto pilota che ha tra gli obiettivi quello di ridurre le liste d’attesa attraverso un trattamento economicamente sostenibile. Al momento attuale sono 25 le famiglie coinvolte della provincia di Sassari e di Olbia e hanno bambini di età compresa tra i 2 e i 10 anni con diagnosi di autismo.
I genitori sono coloro che trascorrono la maggior parte del tempo con il paziente e inizialmente «a seguito di dimostrazione dell’operatore e poi autonomamente, diventano i primi terapeuti del proprio figlio. In sintesi, consiste in questo la terapia mediata genitoriale», sottolinea Alessandra Carta neuropsichiatra infantile dell’Aou di Sassari.
«Più che di autismo, è più appropriato parlare di autismi e infatti si parla di disturbo dello spettro autistico perchè si indica l’esistenza di più manifestazioni cliniche dell’autismo. La nostra struttura segue circa 500 pazienti tra i 18 mesi e i 18 anni che hanno una diagnosi di solo autismo e diagnosi in comorbilità», ha spiegato il professor Stefano Sotgiu, direttore della Neuropsichiatria infantile dell’Aou di Sassari.
Il disturbo dello spettro autistico è un disturbo del neurosviluppo che insorge in età evolutiva e le caratteristiche persistono per tutta la vita. Spesso si manifesta prevalentemente con «un deficit di comunicazione ed interazione sociale, la presenza di comportamenti ripetitivi e di interessi ristretti che compromettono il funzionamento sociale nella vita quotidiana», ha proseguito la dottoressa Carta.
Grazie ai passi avanti fattidalla ricerca«sappiamo che la predisposizione genetica sulla quale si instaura un fattore ambientale, può dare origine a delle variazioni del neurosviluppo», ha dichiarato la giovane ricercatrice sassarese.
I numeri sono in crescita e, in particolare, nel nord Sardegna «i dati della CDC’s Autism and developmental disabilities monitoring (Addm) network stimano la prevalenza del disturbo negli Stati Uniti attorno a 1 su 54, in Italia siamo intorno a 1 su 84. – Ha sottolineato ancora la dottoressa Carta – Purtroppo i dati relativi al Nord Sardegna sono in linea con i dati statunitensi, cioè un bambino ogni 54».
Il progetto di ricerca nasce proprio dalla necessità di migliorare «la crescente richiesta di presa in carico che abbiamo registrato negli ultimi 10 anni nel Nord Sardegna. Una domanda elevata che purtroppo non è al momento sostenuta da un’adeguata possibilità di presa in carico del paziente ai fini riabilitativi precoci», ha spiegato Alessandra Carta.
«I piccoli pazienti coinvolti nel progetto stanno portando avanti un ciclo di riabilitazione attraverso la terapia mediata genitoriale. Tutti gli utenti che hanno beneficiato del trattamento riabilitativo riferiscono una riduzione dei comportamenti oppositivi soprattutto in contesto domestico», ha concluso il professor Sotgiu.