Intense e variopinte pennellate di colori energici, roccaforte di antiche tradizioni folcloristiche e artigianali, natura, arte, mare e cultura che si fondono in un connubio che toglie il fiato.
Tutto questo è Bosa, splendida cittadina che sorge sulla costa occidentale del centro-nord Sardegna e che ha una storia antica e misteriosa come quasi tutti i centri abitati del Logudoro.
Pare che il suo nome facesse già bella mostra su un’epigrafe dell’epoca fenicia andata perduta (o forse mai esistita) oppure, secondo un’altra versione, l’etimologia sarebbe comunque antichissima e risalente all’età di Tolomeo.
Ma la vera Bosa ha un cuore assolutamente medievale, con il suo borgo feudale e le strade lastricate di ciottoli, con il suo castello Malaspina, le scalinate in trachite e le casette a schiera scavate nella roccia le cui tinte pastello delle facciate sono diventate col tempo il segno di riconoscimento della città su tutte le guide turistiche del mondo.
Il Castello Malaspina, conosciuto anche con il nome del colle su cui si erge, Serravalle, è senza dubbio il monumento più apprezzato e visitato. Fu fatto costruire dai conti di Malaspina, ma la datazione è ancora oggetto di studi sia per i numerosi eventi che vi si sono svolti, sia perché è stato probabilmente costruito in più fasi e più periodi.
Dopo la costruzione del castello, i bosani si trasferirono alle pendici del colle per ricevere la protezione della potente famiglia aristocratica e questo spostamento urbano di massa diede origine allo stupefacente borgo medievale di Sa Costa che conserva il fascino e l’atmosfera del tempo.
Dentro le mura del castello, nell’ampia piazza d’armi, sorge la chiesa di Nostra Signora de sos Regnos Altos, che vanta una serie di affreschi risalenti al 1370.
Nonostante l’intreccio di correnti derivanti da popoli invasori (gli arabi che venivano dal nord Africa e gli Aragonesi dalla Spagna), Bosa è riuscita a mantenere sempre la sua identità e questo fortissimo sentimento di appartenenza si avverte dalle tradizioni che restano immutate.
Cultura e tradizioni. Famosissimi il Karrasegare e la processione di S’Attitidu, spettacolari le maschere tradizionali che si snodano frenetiche tra le strade cittadine e antichissimo il canto corale che risale addirittura al 1400, quando cioè Bosa ottenne il rango di città regia e sede vescovile.
Da non dimenticare il costume tradizionale femminile, tra i più belli dell’isola, che affonda le sue radici nel 1800, quando le nuove tendenze in fatto di moda arrivavano dalla costa a Bosa prima che in altri luoghi.
Il costume tradizionale è composto dalla unnedda, ossia la gonna, generalmente rossa o nera, realizzata con due diversi tipi di lavorazione del tessuto: una liscia e una plissettata con una balza bianca o azzurra in taffetà.
Le donne più ricche usavano la saja, ossia un copricapo di lana molto pregiata e importata, mentre le altre usavano l’orbace, la tipica lana sarda.
Di grande pregio sono i ricami floreali sul grembiule, sulla balza e sul copricapo in tonalità vivaci e preziose.
Il corittu, cioè il giacchino di lana, è spesso decorato con una grande quantità di bottoni d’oro o d’argento, che tintinnano a ogni aggraziato movimento.
Il bustino, di colore azzurro, è realizzato con tessuti damascati o di seta e sono completati da nastri e occhielli.
A completare l’abito bosano è la camija, una camicia di lino o cotone increspata e molto lavorata coperta sulle spalle dal muccaloru, un fazzoletto di colore bianco che dona austerità ed eleganza.
Artigianato e gastronomia. L’identità bosana non si limita però a vivere della preziosa collaborazione di Madre Natura e del fascino che da sempre suscitano le tradizioni.
I talenti di artigiani, orafi e gioiellieri sono il fiore all’occhiello.
Il corallo: già dai primi anni del 1200, grazie alla libertà di pesca, i bosani si sono impegnati nel completo dominio dei loro fondali. Da questa pesca audace si ottengono interi cespugli di splendido corallo che, opportunamente lavorati, divisi e integrati all’arte orafa, riescono a diventare pezzi unici di straordinaria bellezza.
Il filet: come sappiamo, alcune delle attività artigianali più diffuse in Sardegna sono la tessitura e il ricamo. Il filet di Bosa (foto a sinistra) è un merletto di pregiata fattura che deve le sue origini alla modesta opera di tessitura delle reti da pesca.
I primi ricami subirono l’influenza delle corti saracene; successivamente questi elementi si fusero alla tradizione locale e i disegni divennero ancora più preziosi, con motivi geometrici (rombi, onde, spirali e bordure), d’ispirazione vegetale (grappoli d’uva, tralci di vite, melograni o fiori) o animale (pavoncelle, colombi, cervi e cavalli). I monaci bizantini ispirarono i ricami religiosi e la vita di corte invece ispirò il ricamo di stemmi araldici.
Enogastronomia. Tra mare e terra sono sempre nati dei matrimoni felici. La cultura enogastronomica di Bosa è il frutto di questa unione ben riuscita, col suo pregiatissimo vino, la Malvasia, che deve invecchiare almeno venticinque mesi prima di essere gustato lentamente e con solennità e con la famosa zuppa alla bosana (nel cerchio sopra), i cui ingredienti, aragosta, seppie, gamberi e scampi, soddisfano anche i palati più esigenti.
E così, misteriosa, solitaria e sospesa in un’atmosfera quasi eterea, Bosa conquista il cuore di tutti coloro che la visitano e fa sospirare ai ricordi romantici che evoca.