Lungo tutta la sua storia, la Sardegna è stata la patria – e continua tutt’oggi ad esserlo – di una serie di figure femminili, le quali, con grande forza e caparbietà, sono riuscite ad andare contro e ad abbattere, almeno in parte, stereotipi legati al genere. Tra queste, vi fu anche Adelasia Cocco, oggi principalmente ricordata per essere stata la prima donna ad esercitare l’attività di medico condotto in Italia tra gli anni ‘10 e ‘20 del ‘900.
Adelasia Cocco nacque a Sassari nel 1885: suo padre, Salvatore Cocco Solinas, era un intellettuale progressista, poeta e collaboratore del giornale “Sassari” e della “Rivista delle tradizioni popolari italiane”; inoltre, era amico di Grazia Deledda e Angelo De Gubernatis. Da sempre interessata ed affascinata dal mondo legato alla professione medica, nel 1907 Adelasia si iscrisse presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Pisa. Al tempo, ella era l’unica studentessa in tutto l’Ateneo, poiché, nella stragrande maggioranza dei casi, le donne dovevano avere il matrimonio e la maternità come unico scopo della vita; nei primi anni del ‘900, le donne iscritte all’Università erano circa 250 e la percentuale di analfabeti di genere femminile risultava superiore rispetto a quelli del mondo maschile.
Nel 1910, Adelasia tornò a Sassari e completò gli studi presso l’Università del posto, laureandosi 3 anni dopo con una tesi inerente “Il potere autolitico del siero di sangue come contributo alle reazioni immunitarie”, seguita dal relatore Luigi Zoja (1866-1959), direttore dell’Istituto di patologia e clinica medica presso l’Ateneo sassarese; un grandissimo merito al tempo, dal momento che prima di lei, l’unica altra donna ad aver conseguito il titolo fu Paola Satta a Cagliari, nel 1902.
Dopo aver preso la laurea, la giovane decise di voler intraprendere la carriera di medico condotto, figura sanitaria non dipendente dal comune, – essa venne successivamente sostituita ai sensi della legge numero 833, del 23 dicembre 1978, dal medico di famiglia – che aveva il compito, da una parte, di assistere gratuitamente le persone meno abbienti e, dall’altra, di prestare servizio agli altri cittadini dietro compenso basato su tariffario.
Nel 1914, Adelasia decise quindi di fare domanda e chiedere la condotta medica in Barbagia: inizialmente, ci furono varie resistenze nei confronti della sua richiesta da parte dei consiglieri comunali della provincia di Nuoro, in quanto, stando alle parole del Prefetto, tale istanza appariva “sconveniente e spudorata, perché è una donna!”. Tuttavia, in un secondo tempo, dal momento che non vi era alcuna legge che vietasse tale procedimento, nello stesso anno le venne assegnato un posto nel rione di Seuna (NU). Ivi, riuscì a conquistare la fiducia e la simpatia dei suoi nuovi pazienti, ma decise di non fermarsi qui: nel 1915, prese in cura 400 persone del paese di Lollove (NU), in seguito alla scomparsa del loro medico curante, il dottor Andrea Romagna, rimasto ucciso in un agguato. Pian piano, diventò una figura di riferimento sempre più importante nel panorama barbaricino, anche a rischio della propria incolumità, essendo il territorio costellato di banditi e pericolose faide. Nel 1919, per cercare di scongiurare tali difficoltà, prese la patente, per potersi muovere liberamente senza la continua presenza della scorta: fu la prima donna in Sardegna a conseguire la licenza di guida.
Amica del poeta Sebastiano Satta e del pittore Antonio Ballero, ella fu anche il medico curante di personalità di spicco del nuorese, quali per esempio l’intellettuale Attilio Deffenu. Nel 1928, venne nominata Ufficiale Sanitario del comune di Nuoro, dando inizio ad una costante attività di rieducazione sanitaria e di prevenzione: attraverso l’impartizione di nozioni di base a gruppi di donne, contribuì a farle entrare in contatto direttamente con il mondo della sanità e ad incentivare l’attenzione verso la loro istruzione. Nel 1935, divenne direttrice dell’Istituto provinciale di Igiene e Profilassi: importanti furono anche i suoi studi nel campo della microbiologia a Roma, nella fattispecie rabbia, enteriti e malaria. Interrotta la pratica della professione a metà degli anni ‘50, morì a Nuoro nel 1983, all’età di 98 anni.
Figura dall’instancabile volontà e determinazione, dimostrata durante tutta la propria esistenza – ebbe finanche un ruolo attivo all’interno dell’Associazione Italiana delle Dottoresse in Medicina e Chirurgia, oggi nota come Associazione Italiana Donne Medico (AIDM) – l’esempio di Adelasia Cocco esercitò una forte influenza anche dopo la sua dipartita: nel 1983, anno della morte, le donne iscritte presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Sassari furono 1000, contro circa 900 studenti maschi.