Julian Assange, giornalista, programmatore, attivista e hacker, ha assunto un’ampia notorietà internazionale per il suo ruolo di cofondatore di WikiLeaks e per aver rivelato informazioni segrete statunitensi riguardanti crimini di guerra. Da ormai circa 12 anni è al centro di alcune vicende giudiziarie. Ma chi è e cosa è accaduto dal 2010 ad oggi?
Assange nasce il 3 luglio 1971 a Townsville, in Australia. Nel corso degli anni Ottanta si appassiona all’informatica e diventa tra i primi attivisti digitali cyberpunk ad utilizzare il web come uno strumento per fini libertari e di informazione sociale. Negli stessi anni, entra a far parte del gruppo di hacker chiamato “International Subversives” (Sovversivi Internazionali). Lungo gli anni Novanta, invece, comincia a lavorare come sviluppatore di software e programmatore.
Nel 2006, insieme ad altri soci, fonda l’organizzazione internazionale WikiLeaks (dall’inglese “leak”, “perdita”, “fuga” di notizie) su ispirazione dell’enciclopedia online Wikipedia. Il sito si occupa di fornire rivelazioni e informazioni fino a quel momento non conosciute ed è curato da attivisti, giornalisti e scienziati, ma chiunque è invitato a inviare materiale che possa portare alla luce i comportamenti illeciti dei governi. WikiLeaks, ad esempio, pubblica materiali sull’equipaggiamento militare nella guerra in Afghanistan, rivelazioni sulla corruzione in Kenya, la gestione del campo di prigionia di Guantanamo e tanti altri. L’organizzazione dichiara di verificare sempre l’autenticità delle notizie prima di pubblicare i materiali e di salvaguardare l’anonimato dei suoi informatori.
La piattaforma arriva ad avere gli occhi di tutto il mondo puntati addosso nel 2010 quando fa trapelare alcune notizie fornite dalla ex militare transgender Chelsea Manning, che aveva sottratto diversi documenti riservati durante il suo servizio di analista di intelligence in Iraq. Tra questi c’erano i diari della guerra in Afghanistan e in Iraq e il “CableGate” (diffusione di 251.287 documenti contenenti informazioni inviate da 274 ambasciate americane ad ambasciate o funzionari di governi stranieri). Dopo le fughe di notizie del 2010, il governo degli Stati Uniti avvia un’indagine su WikiLeaks e Julian Assange comincia ad essere considerato un nemico pubblico.
Il giornalista riceve il primo mandato di arresto dal tribunale di Stoccolma a novembre del 2010 per un’accusa di stupro, molestie e coercizione illegale. Assange nega l’imputazione e sostiene che si tratti di un pretesto per estradarlo negli Stati Uniti a causa della pubblicazione dei documenti segreti. Il reato che gli viene contestato è quello di aver avuto rapporti sessuali non protetti, anche se consenzienti, con due donne e di essersi poi rifiutato di effettuare un controllo medico sulle malattie sessualmente trasmissibili, comportamento che è considerato crimine in Svezia.
Per sottrarsi all’estradizione, nel 2012 infrange la libertà su cauzione e cerca rifugio dentro l’ambasciata dell’Ecuador a Londra, dove riesce ad ottenere asilo politico. Assange rimane nell’ambasciata per quasi sette anni e nel 2017 i magistrati svedesi sono costretti ad archiviare le accuse di reati sessuali perché l’imputato non può essere processato nell’immediato.
Il fondatore di WikiLeaks, inoltre, viene accusato dagli Stati Uniti di violazione dell’“Espionage Act” (legge statunitense che punisce lo spionaggio) per aver diffuso documenti secretati riguardanti le azioni militari in Afghanistan e Iraq, rischiando una condanna fino a 175 anni di reclusione. Le imputazioni non finiscono qui perché nel 2019 viene accusato anche di essere coinvolto nello scandalo “Russiagate”, avvenuto durante la campagna elettorale per le presidenziali statunitensi del 2016.
Nel 2020 inizia il processo per l’estradizione di Assange negli Stati Uniti e, nel corso della procedura giudiziaria, cresce la mobilitazione internazionale a favore del giornalista. Folle di manifestanti e decine di ONG ne richiedono la liberazione immediata sia perché i diversi tentativi degli Stati Uniti di incarcerare Assange sono visti come una violazione del diritto alla libertà di espressione, sia per la paura che se fosse stato estradato avrebbe potuto subire delle gravi violazioni dei diritti umani, come la tortura e l’isolamento.
Nel 2019, a causa di alcune controversie con i nuovi rappresentanti dell’autorità dell’Ecuador, gli viene revocato l’asilo politico e l’11 aprile gli agenti della polizia entrano nell’ambasciata, lo prelevano con la forza e lo conducono in carcere a Londra. L’anno successivo inizia il processo per l’estradizione negli Stati Uniti e la giudice Vanessa Baraitser acconsente a concedere più tempo alla difesa per preparare la documentazione a favore del loro assistito. Il 4 gennaio 2021 arriva il verdetto: a causa delle sue precarie condizioni mentali certificate da diversi medici, Assange rimane nel Regno Unito perché se estradato negli USA avrebbe potuto suicidarsi.
A marzo 2022 la Corte Suprema del Regno Unito ha respinto il ricorso degli avvocati del fondatore di WikiLeaks, ma l’ultima parola sull’estradizione spetta al ministro dell’interno inglese. Julian Assange attende ancora oggi di capire se sarà estradato negli Stati Uniti, dove rischia l’ergastolo e la pena di morte.