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Uno studio internazionale sul DNA dei popoli preistorici europei riscrive la storia dei nostri antenati

Nel team di ricerca anche il dottor Vitale Sparacello, dell’Università di Cagliari. I risultati pubblicati dalla rivista “Nature”

di Redazione
8 Marzo 2023
in Italia & Mondo
🕓 4 MINUTI DI LETTURA
44 3
Ricostruzione di un cacciatore-raccoglitore del periodo gravettiano ispirata ai ritrovamenti archeologici del sito delle Arene Candide. Immagine Tom Bjoerklund

Ricostruzione di un cacciatore-raccoglitore del periodo gravettiano ispirata ai ritrovamenti nel sito delle Arene Candide. Immagine Tom Bjoerklund

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Un team internazionale, formato da ben 125 scienziati di diversi Paesi, ha recentemente condotto una ricerca sui genomi di 356 cacciatori-raccoglitori preistorici, vissuti in un arco di tempo compreso tra 35 mila e 5 mila anni fa. Nel gruppo di scienziati anche il ricercatore di dell’Università di Cagliari Vitale Sparacello.

L’analisi genomica è stata condotta su vasta scala: il più grande set di genomi di cacciatori-raccoglitori europei preistorici vissuti tra 35mila e 5mila anni fa che sia mai stato generato. Le differenze genetiche che lo studio ha evidenziato dicono due cose estremamente importanti.

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La prima: le popolazioni che si stabilirono nell’attuale Europa tra 32mila e 24mila anni fa, seppure legate da una cultura archeologica comune, differenziavano geneticamente tra chi viveva nella parte occidentale e sudoccidentale e chi viveva nelle zone centrali e meridionali.

La seconda: queste popolazioni scomparvero dopo l’ultima era glaciale (tra 25mila e 19mila anni fa) per lasciare il posto a nuove popolazioni, provenienti presumibilmente dai Balcani, che si diffusero poi verso sud fino alla Sicilia. Il primo autore della ricerca, Cosimo Posth, dell’Università di Tübingen (Germania), afferma: “Con questi risultati possiamo per la prima volta supportare direttamente l’ipotesi che l’Europa sudoccidentale abbia offerto condizioni più favorevoli durante l’Ultimo Massivo Glaciale affinché popoli di cacciatori-raccoglitori trovassero rifugio qui”.

I genomi analizzati – così si legge nell’articolo su Nature – mostrano anche che i discendenti di questi abitanti epigravettiani della penisola italiana si diffusero in tutta Europa circa 14.000 anni fa, sostituendo le popolazioni associate alla cultura magdaleniana. Il rimpiazzamento potrebbe essere stato causato, in parte, dai cambiamenti climatici che hanno costretto le persone a migrare. I risultati mostrano inoltre che non ci fu alcuno scambio genetico tra popolazioni contemporanee di cacciatori-raccoglitori delle due diverse aree per più di 6mila anni. Le interazioni tra popoli dell’Europa centrale e orientale possono essere rilevate solo a partire da 8.000 anni fa.

Vitale Sparacello, 44 anni, è un antropologo specializzato in bioarcheologia. Ricercatore in forza al dipartimento di Scienze della vita e dell’ambiente (Disva, diretto da Enzo Tramontano) da marzo 2021, nella sezione Neuroscienze e Antropologia (di cui è responsabile Elisabetta Marini). Nel curriculum 15 anni di ricerche nel campo dell’antropologia dello scheletro (Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia) e studi sulla paleobiologia e sul comportamento funerario delle popolazioni che sono vissute nella Caverna delle Arene Candide (Liguria occidentale) e nei siti limitrofi dal Paleolitico superiore al Neolitico.

Il suo contributo alla ricerca ha permesso di contestualizzare il dato genetico all’interno delle dinamiche bioculturali degli ultimi cacciatori-raccoglitori delle ere glaciali. Un lavoro svolto in collaborazione con la collega dell’Università di Pisa Elisabetta Starnini.

“La rilevanza della ricerca è dovuta a diversi fattori, – racconta Sparacello – innanzitutto è lo studio più completo sulla composizione genetica dei cacciatori-raccoglitori preistorici europei, in un arco di tempo che va da 35.000 a 5.000 anni fa. Si tratta delle popolazioni che vivevano nel continente prima dell’arrivo degli agricoltori, in Italia circa 8.000 anni fa”.

Lo studio ha scoperto che, nonostante tra 32.000 e 24.000 anni fa il complesso tecno-culturale denominato Gravettiano fosse diffuso in tutta Europa, vi era una significativa diversità genetica tra le popolazioni che vivevano nell’odierna Francia e penisola iberica e quelle che vivevano in Italia e centro Europa. “Successivamente, durante l’Ultimo Massimo Glaciale, tra 25.000 e 19.000 anni fa, sappiamo che i territori del nord e centro Europa diventarono inabitabili per via dell’espansione della calotta polare artica. Le popolazioni di cacciatori-raccoglitori continuarono a vivere in aree che chiamiamo “rifugi” nel sud Europa: la penisola iberica, quella italiana, e i Balcani. Abbiamo sempre pensato che, durante la de-glaciazione, queste tre popolazioni si fossero poi espanse nel continente europeo.

Abbiamo però scoperto che in Italia, dopo l’Ultimo Massimo Glaciale, vi fu l’insediamento di un pool genetico presumibilmente proveniente dai Balcani, che sostituì quello dei “rifugiati” Gravettiani, che, a tutti gli effetti, si estinsero. Stranamente, questa sostituzione non è ravvisabile nel record archeologico, in quanto la cultura successiva al Gravettiano in Italia viene chiamata Epigravettiana, proprio a testimonianza di una continuità col passato. Il pool genetico degli Epigravettiani, a partire da circa 14.000 anni fa, si è diffuso in tutta Europa sostituendo a sua volta quello delle popolazioni magdaleniane, che avevano invece una diretta continuità con i Gravettiani dell’Europa sud occidentale.

Lo studio, quindi, illustra una complessa storia di diversità, espansioni e sostituzioni delle popolazioni di cacciatori dell’ultima Era Glaciale, di cui non avremmo traccia senza questo tipo di studi sul DNA antico. Particolarmente interessanti sono le evidenze di cambiamenti genetici e addirittura sostituzioni, in contesti in cui il dato culturale indica invece una continuità nelle produzioni tecnologiche, artistiche e nei comportamenti funerari. Ci fa riflettere, credo, sul potere della cultura di perpetuare l’identità dei gruppi umani a dispetto dei cambiamenti genetici”.

Lo studio proseguirà con l’approfondimento di varie sequenze genomiche complete, possibili grazie all’eccezionale grado di preservazione di alcuni reperti.

Tags: DNAscienzaUniversità di Cagliari
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