Meno di mille abitanti e una superficie di circa 43 kmq. Un piccolo paesino come in Sardegna ce ne sono tanti (purtroppo colpiti dalla piaga dello spopolamento), ma ricco di fascino e storia, oltre che attrattive valorizzabili e spendibili turisticamente e culturalmente. Si trova al chilometro 187 della Statale 131, ai piedi del versante occidentale del Monte Sant’Antonio. Che veniate da nord o da sud, se dalla vostra auto avvistate il Monte Santo – un rilievo tronco conico dalla cima spianata – allora ci siete quasi: state per entrare a Siligo, patria di artisti e uomini dalle importanti carriere che tra poco andremo a conoscere uno per uno.
Intanto cominciamo con le chiese rurali, ottima meta se decidete di trascorrere qualche ora in aperta campagna con una bella tovaglia da picnic al seguito. La chiesa di Sant’Antonio, per esempio, i cui ruderi sono ancora presenti sulla cima dell’omonimo monte, offre la scusa per un’escursione su quello che è un ottimo sito archeologico a cielo aperto: sono visibili i resti di un santuario nuragico con le rovine di un tempio a pozzo, il nuraghe Cherchizza, e quanto è arrivato fino a noi di alcuni edifici costruiti intorno all’anno mille. Ancora, la chiesa intitolata a Sant’Elia e Sant’Enoch in cima al Monte Santo è ricca di storia e suggestione a cominciare dai due santi che, anche nella Bibbia, sono tra i più avvolti da un’aura di mistero. La festa sulla cima del monte si svolge il lunedì di Pasquetta.
Abbiamo parlato prima di archeologia. In effetti sono tanti, nel territorio di Siligo, i siti che si prestano a una visita da parte degli appassionati. Segnaliamo il nuraghe di s’Iscala Ruja, quello più complesso di Santu Oltolu e il nuraghe Conzattu: ci fermiamo qui perché, tra quelli meglio conservati e quelli ormai decaduti, arriviamo a 25 strutture. Ma anche il medioevo ha lasciato tracce considerevoli come rovine di castelli e villaggi di cui oggi poco rimane e, in alcuni casi, all’interno di proprietà private.
Entrando in paese e salendo lungo la via principale, ci si imbatte subito in uno fra i personaggi illustri legati a Siligo: Francesco Cossiga. Proprio il Presidente Emerito della Repubblica Italiana qui è vissuto negli anni della sua infanzia e ha dato avvio a quell’attività politica che lo avrebbe portato, qualche decennio dopo, nella sale del Quirinale. A Cossiga, nel 2012, è stata intitolata appunto la via principale, ex corso Vittorio Emanuele II, non senza suscitare qualche polemica tra chi non ne stimava particolarmente la figura politica.
![Una veduta di Siligo](https://www.shmag.it/wp-content/uploads/2024/05/Veduta-di-Siligo.jpg)
![Abito tradizionale femminile di Siligo. 📷 Gianni Careddu](https://www.shmag.it/wp-content/uploads/2024/05/Abito-tradizionale-femminile-di-Siligo.-Foto-Gianni-Careddu.jpg)
![Monte Santo, Siligo. 📷 Gianni Careddu](https://www.shmag.it/wp-content/uploads/2024/05/Monte-Santo-Siligo.-Foto-Gianni-Careddu.jpg)
Proseguendo nella via, sulla destra si trova piazza Maria Carta, con il monumento e il murale dedicati alla figura della famosa cantante silighese, classe 1934, eletta Miss Sardegna all’età di 23 anni. Partita in seguito per Roma, fece strada nel mondo della musica grazie alla sua bellissima voce che l’ha resa immortale con opere come “Non potho reposare” e dischi come “Nuovo Maggio”, e “Vi canto una storia assai vera”. Sua è anche la voce della colonna sonora nella miniserie in sette puntate “Mosè”, orchestrata da Ennio Morricone. La statua di Maria Carta, ubicata dove si trovava la casa dell’artista, guarda oggi verso l’orizzonte, proprio come faceva la cantante quando viveva a Siligo sognando il suo futuro.
Siamo in chiusura ma prima di lasciare questo grazioso paesino del Meilogu dobbiamo ricordare Gavino Ledda e il suo celebre libro autobiografico “Padre Padrone. L’educazione di un pastore”. Nel libro, l’autore racconta la sua infanzia trascorsa in solitudine come guardia del gregge di famiglia e i continui scontri con il padre per le visioni di vita radicalmente diverse che avevano i due. Edito per la prima volta nel 1975, il libro si è rivelato subito un successo internazionale, tradotto in 40 lingue e trasformato anche in un film dai fratelli Paolo e Vittorio Taviani. Gavino Ledda è autore anche di altre opere letterarie, oltre che regista del film “Ybris” (1984), trasposizione del suo romanzo “Lingua di falce” (1977).