Riflettori puntati sul giornalista e cronista sportivo Federico Buffa che rievoca tra parole, suoni e visioni lo storico incontro tra Gigi Riva e Fabrizio De André, nell’atmosfera della fine degli Anni Sessanta, nel suo nuovo spettacolo “Amici Fragili” in anteprima nazionale oggi (martedì 30 novembre) alle 21 al Teatro Verdi di Sassari e in prima nazionale mercoledì 1° dicembre alle 20:30 al Teatro Massimo di Cagliari (dove sarà in cartellone fino a domenica 5 dicembre, tutti i giorni da mercoledì a sabato alle 20:30 e la domenica alle 19) per la Stagione di Prosa 2021-2022 organizzata dal CeDAC / Circuito Multidisciplinare dello Spettacolo dal Vivo in Sardegna. Una pièce originale – scritta dallo stesso Federico Buffa insieme a Marco Caronna (che firma la regia) e impreziosita da “No potho reposare” nella versione di Paolo Fresu (produzione IMARTS / International Music and Arts) – per ritrovare insieme, in una lunga notte punteggiata di silenzi, di riflessioni, forse di intime confessioni, due dei protagonisti della cultura e dell’immaginario del Novecento: il leggendario “Rombo di Tuono”, straordinario talento del pallone, autore di goals memorabili e icona di un calcio ispirato ad alti ideali sportivi e alla fedeltà a una squadra, lontano dai clamori mediatici dialoga con il cantautore genovese, che con le sue poesie in musica ha saputo dare voce agli ultimi e ai più deboli.
Sul palco – insieme a Federico Buffa – i musicisti Alessandro Nidi (pianoforte e tastiere) e Marco Caronna (chitarre, voci, percussioni) disegnano la colonna sonora di un viaggio nella memoria, con il racconto appassionato e coinvolgente di una conversazione privata tra due uomini – ciascuno a suo modo – formidabili, quasi due eroi moderni non solo per le loro capacità e la loro bravura fuori dal comune, nei rispettivi ambiti, ma anche per la coerenza e l’impegno, il rigore e i saldi principi etici. Il mito di Gigi Riva – attaccante di vaglia, campione d’Europa nel 1968 e vicecampione del mondo nel 1970 con la nazionale italiana, uno dei giocatori più forti di sempre – si arricchisce di nuovi dettagli e si intreccia, in una densa narrazione, con la parabola artistica di Fabrizio De André: in una sera di settembre del 1969, a Genova, al termine di una partita del Cagliari, che proprio in quel campionato avrebbe conquistato lo scudetto, i due si incontrano, parlano (presumibilmente) di musica e di calcio, affrontando tra lunghi silenzi temi universali e fondamentali, come quelli suggeriti dalla “Preghiera in Gennaio” che tanto aveva colpito il calciatore, ispirata a una poesia di Francis Jammes e dedicata a Luigi Tenco.
“Amici Fragili” – un titolo che rimanda a un altro famosissimo e emblematico brano di Fabrizio De André – è un duplice omaggio a due figure iconiche del ventesimo secolo: due “ribelli”, due spiriti liberi, schivi e lontanissimi per carattere e vocazione dai meccanismi dello star system, anche se inevitabilmente “condannati” al successo, accomunati dall’amore per la Sardegna e dall’affetto e il rispetto – ricambiati – per la sua gente orgogliosa e fiera. Nella notte dell’incontro – quel 14 settembre a Genova – Gigi Riva dopo aver portato la squadra nella prima serie e aver garantito la salvezza nella successiva stagione, con alle spalle un campionato concluso al secondo posto, si accingeva a condurre il Cagliari verso lo scudetto in una gloriosa stagione in cui si sarebbe confermato capocannoniere, tra il trionfo degli azzurri agli Europei e l’atteso Mondiale del Messico. Il bomber rossoblù arrivato nell’Isola quasi controvoglia, ceduto dal Legnano, dove si era già messo in luce rivelando doti non comuni, avrebbe poi trovato in questa terra remota e selvaggia la sua seconda patria, tanto da rifiutarsi di lasciare la “sua” squadra anche davanti alle offerte milionarie dei dirigenti delle più importanti avversarie del Nord, tra cui quella stratosferica e leggendaria di Gianni Agnelli, patron della Juventus. Un semidio abilissimo a far atterrare la palla in rete con tiri memorabili e insieme un vero signore anche fuori del campo, gentile e alla mano, disposto a scambiare due parole o un sorriso con i suoi innumerevoli ammiratori, Gigi Riva ha ottenuto la stima di un intero popolo, che ha riconosciuto in lui il simbolo e l’incarnazione dei più alti ideali dello sport.
Fabrizio De André in quel settembre era già nel pieno di una intensa carriera come cantautore, dopo l’uscita de “La canzone di Marinella”, “La canzone dell’amore perduto” e “Amore che vieni, amore che vai”, il primo 33 giri “Tutto Fabrizio De André”, e ancora “Vol.1”, “Tutti morimmo a stento”, “Volume III” e “Nuvole barocche”, ormai conosciuto e apprezzato come artista colto e raffinato, capace di condensare e trasfigurare nelle sue canzoni i vari aspetti della vita e tutte le umane passioni, sposando la crudezza e l’ironia al lirismo della poesia. Nella sua scrittura emerge la ricca ispirazione e la capacità di spaziare tra differenti registri e stili, attingendo a fonti di epoche diverse per poi fornire una sua personale interpretazione, dove emerge accanto ai toni amari e grotteschi un’acuta sensibilità verso gli emarginati e gli sfortunati, le anime perdute e le vittime delle ingiustizie, fino a comporre un vivido e spietato affresco della società. Nella sua musica affiorano le inquietudini di un’epoca di grandi contrasti ideologici e politici, l’indignazione e la rabbia per il tradimento dei principi e delle promesse, gli inganni della storia, descritte con la lucidità e il disincanto dell’artista, oltre alla consapevolezza delle debolezze, delle contraddizioni, dei privilegi e degli abusi, e a una autentica sete di giustizia e verità, insieme con il gusto anarchico della rivolta contro qualsiasi potere o autorità e la difesa della propria e altrui irrinunciabile libertà.
In “Amici Fragili” Federico Buffa ripercorre i momenti salienti di quell’incontro “storico” – ma in un certo senso fuori dal tempo e dalle convenzioni – tra due “sardi” d’elezione, Gigi Riva e Fabrizio De André: due maestri, ciascuno nel suo campo, di vita e arte, che hanno saputo con la loro presenza illuminare un’epoca di grandi mutamenti e indicare il cammino alle generazioni future, sottraendosi alle lusinghe del successo, mostrandosi anche nella propria terrena fragilità, senza ipocrisie e svelando la propria profonda umanità.