Parole luminose si accendono nel buio per delineare un flusso di pensieri, sensazioni, stati d’animo in continuo divenire. Sono le “Biografie minime” di Marco Ceraglia, installazione dal sapore DaDa, irriverente, giocosa, lieve e allo stesso tempo capace di scavare nel profondo, che il fotografo e artista visuale sassarese porta a Cagliari, ospite di Sardegna Ricerche, nella Ex Manifattura Tabacchi di viale Regina Margherita 33, da venerdì 19 (inaugurazione alle h.18) fino a lunedì 29 aprile. La progettazione dell’originale allestimento è a cura di Luigi Manca.
Allontanandosi in questa occasione dal suo mezzo espressivo d’elezione, la fotografia, Marco Ceraglia – che percorre oramai da diversi lustri nuove strade espressive – si permette di sperimentare con materiali e forme tridimensionali che si stagliano nello spazio in tutta la loro fisica evidenza. Nascono così gli elementi dell’installazione “Biografie Minime”, illuminati dall’interno e sulla cui superficie in acciaio sono state incise con un taglio al plasma brevi frasi, domande, riflessioni, che lette in un ordine più o meno casuale si ricompongono in un estemporaneo dialogo interiore, come delle piccole biografie appunto.
Se nei suoi progetti più famosi – come “Il ritratto di gruppo più grande del mondo”, che riuniva in un’unica gigantografia tutti gli abitanti del paese di Banari – Ceraglia si apriva a una dimensione collettiva, questa volta si concentra, tra scavo psicologico e sarcastica levità, sul proprio privato, che non è poi così lontano, in fondo, da quello di ognuno di noi.
Nella penombra della sala all’interno della Ex Manifattura Tabacchi si accende l’ironia di domande come “Se lo scrivo sull’acciaio sono meno fragile?”, o considerazioni del calibro “A tutti piace dare ordini, a me piace disubbidire”, e ancora “Prima di dire no assicurati di sapere a cosa”.
«Le mie Biografie Minime sono un tentativo di portare all’esterno stati d’animo, pensieri, dubbi e malumori, in un tentativo di allontanarli per poterli comprendere; per poter bloccare l’azione corrosiva di cui li sento responsabili rispetto al mio io» spiega Marco Ceraglia. «Mi riconosco in vari passaggi del movimento DaDa, per questo mi ritrovo a dare questa forma semantica al mio progetto, un po’ per dissacrare un po’ per alleggerire e allontanare concetti per i quali “c’è poco da ridere”. La rivoluzione tecnologica e l’avvento della rivoluzione digitale, il defilarsi della politica, lo strapotere dei meccanismi social, il nichilismo imperante e le questioni gender sono alcuni degli argomenti e gli ambienti che devo frequentare e da cui traggo le riflessioni che portano alle mie Biografie Minime».
Come scrive Antonello Carboni nel testo di accompagnamento alla mostra: «Le parole cambiano, noi nel tempo e loro con noi. L’inconscio dell’autore emerge e si sprigiona con tutta la sua forza creativa, diventa gesto, si fa scrittura di forme variabili in una composizione armonica che va oltre il senso razionale dell’oggetto. Sonda nuovi perimetri conoscitivi. Assistiamo ad un viaggio in cui siamo liberi di abitare il testo e non riconoscerci più oppure nasconderci ancora una volta dietro la maschera di quel linguaggio ermetico al quale assegniamo il valore del nostro Esserci».
Marco Ceraglia è fotografo, artista visuale, e docente. Nella sua ricerca e produzione si riferisce in maniera significativa alla pratica dei poeti visivi, è interessato al segno e alla sua capacità di portare significato, influenzato da artisti come Irma BlanK, Emilio Isgrò, Giovanni Anselmo, P. Fischli e D. Weiss. Per i suoi lavori utilizza ferro acciaio legno e altri materiali poveri. Ha ottenuto diversi riconoscimenti anche internazionali, sue opere sono presenti in collezioni pubbliche e private.