La storia dell’illustratore e fumettista Daniele Serra ricalca nelle sue tappe il mito del “self-made man”, un individuo capace di costruire la propria carriera e i propri successi con la sola forza di talento e determinazione, sempre accompagnati da un pizzico di fatalità: il percorso di questo artista originario di Cagliari, che da disegnatore autodidatta è arrivato a vincere il British Fantasy Award nel 2012, 2017 e 2021 ed è stato finalista al World Fantasy Award nel 2021, rappresenta forse un’eccezione, in cui di certo molti aspiranti fumettisti e illustratori potranno trovare una fonte d’ispirazione.
Poco più che ventenne, infatti, Serra comincia a lavorare come grafico pubblicitario, ma questo impiego non gli impedisce di trascorrere gran parte delle sue nottate a realizzare i fumetti e le illustrazioni che andranno a comporre il suo portfolio; i lavori vengono spediti in tutti il mondo, dall’Europa agli Stati Uniti, alla ricerca di un editore. La svolta arriva con la vittoria del concorso internazionale bandito dalla DC Comics per la realizzazione di unagraphic novel: questo primo successo convince Serra a lasciare, dopo 8 anni, il suo lavoro a tempo indeterminato come grafico pubblicitario e tentare la carriera di illustratore e fumettista, iniziando un percorso di maturazione dello stile che si rivela complesso e, allo stesso tempo, stimolante; da autodidatta, infatti, ha un approccio molto istintivo alle tecniche di esecuzione, si cimenta con i colori ad olio, che abbandona per le lunghe tempistiche di realizzazione, e approda infine all’acquerello, il medium con cui raggiunge la maturazione finale del segno. Sperimentazione con carta, colori, pennelli e ricerca continua, dunque, costituiscono un binomio centrale nell’attività dell’artista, che dimostra fin dai suoi primi lavori un orientamento punk, di controcultura, poco commerciale e decisamente improntato alle atmosfere dark e horror.
Gli artisti che maggiormente ispirano la sua produzione artistica sono numerosi, da H. R. Giger, il creatore di “Alien”, agli artisti fiamminghi H. Bosch e P. Bruegel; per quanto riguarda il fumetto, Corrado Roi su Dylan Dog e Nicola Mari su Nathan Never, quindi la corrente pittorica americana del fumetto, da George Pratt a Bill Sienkiewicz, fino a Dave McKean.
L’amore per le visioni perturbanti, tuttavia, nasce con la scoperta di Giotto, avvenuta in giovanissima età: un libro dedicato alla Cappella degli Scrovegni a Padova, con il Giudizio Universale e l’Inferno, in particolare, segna l’immaginario del futuro artista che, partendo da piccoli editori underground, arriva collaborare con grandi case editrici internazionali e scrittori del calibro di Clive Barker e Joe R. Lansdale. La mostra personale, inaugurata alla CArt Gallery di Roma lo scorso 22 ottobre, vede in esposizione le 94 tavole originali del fumetto “The Gentleman’s Hotel” scritto proprio da Lansdale e sceneggiato da Luca Crovi, appena uscito per la Bonelli Editore; in esposizione fino al 15 novembre anche le illustrazioni realizzate per le copertine di alcuni famosi romanzi, come “Tommyknockers” di Stephen King.
Abbiamo rivolto a Daniele Serra alcune domande, che delineano il suo percorso artistico e lavorativo, con un occhio ai progetti futuri.
Come hai cominciato a lavorare per il mercato estero? Quali sono stati i passi fondamentali in questo senso?
È stato semplice e complicato allo stesso tempo. Avevo un database che conteneva i contatti di case editrici in tutto il mondo, ho preparato un portfolio con 10-15 delle mie illustrazioni migliori e l’ho spedito: dopo milioni di risposte negative sono arrivati i primi riscontri positivi, da editori americani e inglesi. L’inizio per un illustratore è sempre complicato, se non hai un curriculum devi trovare un editore che ti dia fiducia, che si innamori del tuo segno. Non è un percorso semplice, questa fase per me è durata 3-4 anni, durante i quali la situazione lavorativa non era stabile, è stato un periodo concitato, che però mi ha permesso di conoscere tante persone e di mettermi alla prova. Adesso la situazione è cambiata, perché fortunatamente gli editori mi conoscono e a poco a poco sono arrivato a togliermi delle belle soddisfazioni.
Il tuo rapporto con l’horror: hai illustrato le copertine di alcuni titoli e autori famosissimi, iconici. Hai un feeling particolare con questo genere?
Si, decisamente. È una questione di sensibilità, di emozioni che provo con quel tipo di atmosfere e di visioni, ma soprattutto è una questione culturale, di approccio alla vita: ci sono persone che apprezzano un albero in fiore, ricco di colori, e persone che preferiscono un albero secco e contorto, perché c’è bellezza anche lì, c’è un vissuto; ci sono, insomma, varie sensibilità, che meritano rispetto. Il mio rapporto con l’horror è stato sempre stretto, non solo per quanto riguarda la pittura, ma anche la musica e il cinema, tutto ciò che è fantastico, weird, sinistro, mi attira, amo anche lo splatter e il gore, dal cinema espressionista tedesco degli Anni Venti fino ad arrivare a Roman Polański di “Rosemary’s Baby” e al folk horror più attuale; mi piace scoprire le nuove tendenze, ma ho i miei punti di riferimento, sono amante del body horror, quindi David Cronenberg e Clive Barker, ma anche della letteratura gotica, da Horace Walpole a Ann Radcliffe.
Su cosa stai lavorando attualmente? Quali saranno le prossime pubblicazioni?
Sto lavorando su un fumetto, una miniserie di 96 tavole per gli Stati Uniti, tratta dal libro di Joe R. Lansdale e di sua figlia Kasey Lansdale “Non aprite quella morta”, pubblicato in Italia da Einaudi. Ho vari libri illustrati in uscita in Germania e in Inghilterra, varie copertine in giro per il mondo… e poi ci sono dei progetti belli, importanti, di cui però non posso ancora svelare i dettagli, perché per ora sono in standby, ma se andassero avanti potrebbero impegnarmi per alcuni anni.
Daniele Serra sarà ospite della manifestazione “MediatiKa – Karalis incontra i nuovi media” il 19 novembre a Cagliari, a partire dalle ore 18 nella sede del Centro Internazionale del Fumetto – Polo bibliotecario di via Falzarego 35, con un incontro dal titolo “Rappresentare la paura”.