È fuor di dubbio che in Sardegna regni un intenso fermento culturale e artistico, specie per quanto riguarda l’arte pittorica contemporanea. Tra i suoi esponenti spicca Gavino Ganau, tempiese di origine ma residente a Sassari. Il suo interesse per l’arte visiva nasce quando è studente della facoltà di Agraria; quasi per gioco inizia a dipingere e a studiare con sistematicità la storia dell’arte, in un percorso totalmente autodidatta e improntato alla sperimentazione.
La sua prima mostra, “Exit”, tenutasi a Bologna nel 1998, è stata curata da Edoardo Di Mauro ed incentrata sull’esplorazione delle modalità creative nell’arte visiva di fine anni Novanta. Negli anni successivi Ganau ha realizzato diverse opere, ottenendo importanti segnalazioni dalla stampa italiana: si parla di lui sulla rivista “ARTE Mondadori” e sull’inserto del Corriere della Sera “Sette”.
Le sue (prime) opere si confrontano con i linguaggi tipici della comunicazione moderna e con le icone popolari contemporanee; Ganau attinge a piene mani dalle immagini pubblicitarie, accostandogli delle brevi frasi a cui attribuisce significati ben precisi: «Innanzitutto c’è la valenza estetica della scritta, del carattere tipografico, del suo mettersi in relazione con l’immagine – spiega –. Questo rapporto, connesso con la grafica pubblicitaria ha, in realtà, origine nella poesia visiva, un movimento artistico che si sviluppa a partire dagli anni Sessanta nell’ambito delle neoavanguardie. Oltre al fattore estetico, hanno lo scopo di potenziare l’evocatività dell’opera ritratta».
Didascalie apparentemente fuorvianti e sganciate dall’immagine, che lanciano messaggi chiari e a volte inquietanti, ribaltando lo scopo della comunicazione pubblicitaria, solitamente ammiccante e leggera, come nel caso di Possession del 2018, in cui è ritratta una ragazza durante un’esposizione, la quale osserva un’opera che recita “I shop therefore I am” (compro quindi sono).
Messaggi con valenza sociale e politica che prendono corpo grazie anche a influenze provenienti dal mondo della fotografia e del cinema, in un interscambio costante tra queste forme d’arte e tra le tecniche che le contraddistinguono. Un’influenza che non è nuova, poiché molti artisti visivi trovano nel cinema un punto di partenza per la loro ricerca. «Molti registi costruiscono i loro film per inquadrature pittoriche. Personalmente – afferma – ho sempre sfruttato la perfetta calibrazione di certe immagini filmiche. I set cinematografici sono un ottimo punto di partenza per tentare un racconto pittorico della realtà partendo dal massimo della finzione».
Dalle tecniche fotografiche, Ganau ha per lungo tempo attinto, creando opere in chiaro scuro e dai forti contrasti, sfruttando il dinamismo e il potere della luce, proprio come avviene con l’uso della fotocamera. Dal realismo che ne consegue ha poi preso le distanze, andando avanti con le sue sperimentazioni. Oggi l’artista segue una direzione più vicina all’illustrazione e a un gesto pittorico più libero e creativo, utilizzando maggiormente il colore. Sono davvero tantissime le sfumature delle sue opere, le diverse influenze dalle quali ha tratto ispirazione; le varie ricerche hanno fatto sì che la sua produzione rispecchi due decenni di studio e di significati complessi.
Molto intriganti le opere dal respiro internazionale, anche se spesso raccontano la quotidianità della vita di provincia, in un cerchio dal sapore universale, come spiega: «Si può raccontare il sentimento comune usando lo scenario del piccolo paese sardo o della grande metropoli. La scelta è legata anche alle mie frequentazioni filmiche, musicali e letterarie che non hanno nessuna limitazione territoriale. Molto raramente ho usato l’iconografia della nostra isola, ricontestualizzandola fortemente poiché non voglio alimentare un certo tipo di folklorismo già molto presente. Amo la Sardegna, la sua cultura, le sue tradizioni, i suoi artisti ma vorrei produrre stimoli visivi a partire anche da altri contesti o, meglio, da contesti più vicini al mio sentire».
Tra le ultime serie realizzate, troviamo quella dei Birdtree. Uccellini che nascono quasi per caso, da un progetto a quattro mani che Ganau inizia con sua figlia Alice. «Ho pensato alla pittura calligrafica giapponese – spiega l’artista tempiese –, ad Ann Craven, pittrice americana che realizza delle curiose opere di grandi dimensioni a tema ornitologico (e non solo), e a tutta una serie di riferimenti iconografici e cromatici». Il risultato è una serie di piccole opere che hanno alla base un’idea di natura idealizzata che riporta a qualcosa di arcaico, semplice ed evocativo allo stesso tempo.
Figure di donne intente nelle contemplazione di messaggi propagandistici, trasfigurazione di icone pop e spot pubblicitari, squarci di ordinaria vita lavorativa, persone comuni in spazi metropolitani, ritratti che riflettono l’intensità di dubbi esistenziali e, a un tratto, una serie dedicata agli uccellini, completamente slegata dal resto: quella di Ganau è una produzione variegata, nella quale ci si addentra magicamente, dove i significati si intersecano con i significanti in un mondo così ricco nel quale è impossibile non riconoscersi.
Di recente, alcune sue opere possono essere ammirate anche nelle vetrine delle librerie, essendo state scelte per illustrare copertine dell’autore tempiese Francesco Cossu e di “La morte si nasconde negli orologi”, edito dalla Max88. Dietro a queste collaborazioni ci sono rapporti di amicizia e stima: «Con Francesco abbiamo sempre pensato alle copertine come un qualcosa di organico a ciò che aveva scritto, in diversi casi l’opera è stata realizzata appositamente dopo un confronto tematico. Ci conosciamo dai tempi dell’università, abbiamo anche convissuto da studenti. Anche per il romanzo di Emiliano Deiana ho realizzato la copertina appositamente per il libro, sono stato contattato dall’editore Massimo Dessena e abbiamo discusso su una potenziale direzione dell’immagine, gli ho sottoposto dei progetti e siamo arrivati a un’idea funzionale all’opera. È encomiabile l’intenzione di Massimo di far realizzare le copertine ad autori locali, una bella operazione di fusione tra arti».