È il 1988 quando Tim Burton dirige “Beetlejuice”, il suo secondo lungometraggio dopo “Pee-wee’s Big Adventure”; il film rappresenta, di fatto, la prima collaborazione con Michael Keaton, che l’anno successivo veste per il regista i panni di Batman, in una delle versioni del supereroe più amate dal pubblico.
L’interpretazione di Beetlejuice, spirito grottesco e sboccato che si diletta nel suo particolare mestiere di bio-esorcista, è quanto di più lontano possa esserci dal cupo e tormentato Bruce Wayne: istrionico e giullaresco, Beetlejuice aiuta i fantasmi a liberarsi degli umani, vivi e piuttosto molesti, che osano comprare le case dei defunti per abitarci, ma i suoi fini non sono del tutto onesti, perché lo spirito anela soprattutto alla libertà, in parte negata a causa dei suoi trascorsi turbolenti. Per evocare Beetlejuice, infatti, occorre pronunciare per tre volte il suo nome, così come per porre un freno alle sue esuberanti e talvolta rischiose iniziative: inutile dire che, dopo aver conquistato la libertà con metodi truffaldini, Beetlejuice è tutt’altro che disposto a farsi da parte.
A 36 anni dal primo film, in cui il bio-esorcista viene in soccorso degli innamoratissimi e appena defunti coniugi Barbara e Adam Maitland (Geena Davis e Alec Baldwin), incapaci di liberarsi della famiglia Deetz che ha occupato la loro casa, il secondo capitolo, “Beetlejuice Beetlejuice”, è stato scelto per l’apertura dell’81ª Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, per arrivare poi nelle sale a partire dal 5 settembre; nel cast, oltre a Michael Keaton, tornano Winona Ryder nel ruolo di Lydia Deetz e Catherine O’Hara in quello di sua madre adottiva Delia Deetz.
A distanza di tanti anni, le due donne si ritrovano nella casa infestata di Winter River, in cui i Deetz si erano trasferiti quando Lydia era un’adolescente tetra e incompresa, per celebrare il funerale del capofamiglia Charles (Jeffrey Jones); ora Lydia ha una figlia di nome Astrid (Jenna Ortega), con cui vive un rapporto conflittuale, ben presto messo ulteriormente alla prova dalla scoperta della dimensione soprannaturale che incombe sulla casa, oltre che sulla famiglia Deetz. Astrid apre infatti un portale che la intrappola nel mondo dei morti e per ritrovarla Lydia è costretta a chiedere aiuto proprio a Beetlejuice, con cui stringe un patto dai termini incerti.
Tra i nuovi personaggi, suscitano particolare curiosità Wolf Jackson (Willem Dafoe), detective dell’oltretomba, e Delores (Monica Bellucci) in passato legata a Beetlejuice da un forte sentimento d’amore, ormai tradito.
Il trailer di questo sequel, scoppiettante come il suo protagonista, basta da solo a dimostrare quanto il comparto degli effetti visivi si sia evoluto rispetto al primo film, che pure si è aggiudicato un Oscar per il Miglior Trucco nel 1989; la realizzazione “artigianale” di alcune scene della pellicola del 1988 rimanda, in particolare, a Georges Méliès e alle origini del cinema, così come la sceneggiatura, firmata a suo tempo da Michael McDowell e Warren Skaaren, omaggia i racconti ottocenteschi di fantasmi e case infestate, contaminandoli con l’estetica degli anni ‘80.
Il secondo “Beetlejuice” vede invece alla sceneggiatura lo stesso team di scrittori che ha affiancato Burton nella serie “Mercoledì”, ovvero Alfred Gough, Miles Millar e Seth Grahame-Smith, a cui è spettato il non facile compito di proiettare il bio-esorcista interpretato da Keaton nel mondo contemporaneo, pur senza tradirne l’anima giocosa e irriverente, tratto distintivo, peraltro, di molte commedie di argomento soprannaturale uscite negli stessi anni del primo “Beetlejuice”, come “Ghostbusters” o “High Spirits – Fantasmi da legare”.
Realizzare un sequel che non deluda le aspettative del pubblico, soprattutto quando si parla di un cult movie che ha attraversato l’immaginario di generazioni diverse, non è semplice; Beetlejuice, in particolare, è uno dei personaggi più politicamente scorretti -e spassosi- dell’universo di Tim Burton e non a caso il progetto del secondo capitolo è maturato lentamente nel tempo: la svolta si è avuta quando Michael Keaton ha confermato di essere disponibile a riprendere il ruolo del bio-esorcista, convincendo lo stesso Tim Burton a tornare alla regia di un lungometraggio dopo il risultato non troppo soddisfacente del live action del classico animato Disney “Dumbo”.
C’è da scommettere che il dispettoso Beetlejuice sia capace di portare un po’ di sano scompiglio sia nel mondo dei vivi che in quello dei morti, anche a distanza di tanti anni dalla sua prima avventura: l’attrice Catherine O’Hara ha già svelato che nel film ci sarà un omaggio ad una delle scene più divertenti del primo capitolo, sulle note della canzone “Day-O (Banana Boat Song)” cantata da Harry Belafonte.