Nella storia del più recente adattamento cinematografico del romanzo “Dune”, primo libro del ciclo firmato da Frank Herbert e pubblicato per la prima volta in due parti sulla rivista “Analog” tra il 1963 e il 1965, il regista Denis Villeneuve ha già scritto il capitolo più importante nel 2021: l’inizio della saga, infatti, è stato decisivo non solo per porre solide basi alla rielaborazione di una narrazione letteraria che ha lasciato il segno nell’immaginario di generazioni di lettori, ma anche per confermare l’impegno delle case di produzione -Warner Bros. e Legendary Pictures- a finanziare il progetto di Villeneuve, pensato come una trilogia.
Il primo romanzo della saga, infatti, è suddiviso in tre parti (“Il pianeta delle dune”, “Muad’dib” e “Il profeta”), a cui il regista, con la collaborazione degli sceneggiatori Jon Spaihts e Eric Roth, ha sempre immaginato di dare la giusta dignità, pur con gli aggiustamenti inevitabili nel passaggio dal linguaggio della letteratura a quello del cinema.
L’impresa è riuscita: nonostante sia stato accusato da una parte della critica di peccare di un senso di incompiutezza e di eccessiva lentezza, il film è stato un successo, corollato nel 2022 dalla vittoria di 6 Premi Oscar -tra cui Miglior scenografia, fotografia e colonna sonora al compositore Hans Zimmer-, e dalla conferma che la seconda parte del progetto sarebbe stata realizzata.
“Dune – Parte Due”, che racconta gli eventi narrati tra il capitolo centrale del romanzo, “Muad’dib”, e quello finale, “Il profeta”, esce in Italia il 28 febbraio; la première mondiale si è svolta a Londra appena due settimane fa e, oltre al glamour della passerella, ha riservato al pubblico anche qualche sorpresa, come la presenza di Anya Taylor-Joy, confermata dunque nel ruolo di Alia Atreides, sorella minore di Paul.
I fili della narrazione si riannodano laddove il primo film si è interrotto: dopo la morte del duca Leto Atreides (Oscar Isaac), a cui la casata Harkonnen ha usurpato il controllo dell’attività di estrazione e commercio della spezia -il melange- sul pianeta Arrakis, l’erede degli Atreides, il giovane Paul (Timothée Chalamet), prepara la sua vendetta; fuggito nel deserto di Arrakis con la madre, Lady Jessica (Rebecca Ferguson), appartenente alla sorellanza delle Bene Gesserit, Paul intraprende un arduo percorso di autodeterminazione unendosi ai Fremen, i nativi del pianeta che sopravvivono nei sietch, rifugi protetti nel deserto, e legandosi a Chani (Zendaya), Fremen della quale ha avuto numerose, inquietanti visioni.
Lo scontro con il barone Vladimir Harkonnen (Stellan Skarsgård) e i suoi nipoti Glossu Rabban, “la Bestia”, (Dave Bautista) e Feyd-Rautha (Austin Butler) incombe, così come si svelano i piani dell’imperatore Shaddam IV della casa Corrino (Christopher Walken), che ha alimentato lo scontro tra le famiglie Atreides e Harkonnen per consolidare la propria leadership, e il ruolo di sua figlia Irulan (Florence Pugh).
Del resto, il controllo di Arrakis e la raccolta del melange rappresentano il fondamento stesso dell’Impero: sostanza di origine biologica, residuato del ciclo vitale dei giganteschi Vermi delle Sabbie, la spezia è, a tutti gli effetti, una droga, che provoca una forte dipendenza e il cui segno visibile di assuefazione è la pigmentazione blu dell’occhio. L’assunzione determina dei benefici, a cominciare dal conferire una vita lunghissima, capacità di preveggenza e una percezione potenziata che consente ai piloti spaziali di viaggiare a velocità superiori a quella della luce, tali da renderla la sostanza più preziosa dell’universo, raccolta manualmente solo dai Fremen; i nativi di Arrakis, che padroneggiano i segreti della vita nel deserto e sono capaci di convivere con le temibili tempeste di sabbia di Coriolis e con i letali Vermi delle Sabbie, rappresentano la comunità in cui Paul, anche grazie al consiglio di Stilgar (Javier Bardem) e del ritrovato mentore Gurney Halleck (Josh Brolin), matura e riconosce il proprio percorso, suggerito dalle frequenti visioni.
Si trasformerà dunque in “Mahdi”, il messia profetizzato dai Fremen, nel “Kwisatz Haderach” atteso dalla sorellanza Bene Gesserit, per cui suo madre Lady Jessica lo ha addestrato fin dalla più tenera età? Paul, la cui esistenza sembra segnata da un ineluttabile destino, racchiude dentro il proprio animo anche il seme del cambiamento, la forza per riscrivere la propria storia, diventandone il padrone.
L’immaginario creato da Frank Herbert ha profondamente influenzato le narrazioni di fantascienza successive e ha affascinato il cinema fin dagli anni ‘70, quando il regista cileno Alejandro Jodorowsky si è adoperato per girare un adattamento dell’opera coinvolgendo il fumettista Moebius, che ha disegnato uno stupendo storyboard, e i Pink Floyd per la colonna sonora. Il film non viene realizzato e, in seguito, i diritti vengono acquisiti da Dino De Laurentis: nel 1984 esce infine “Dune”, diretto da David Lynch, che condensa in poco più di due ore l’intero romanzo; in gran parte criticato, ma comunque amato dai cultori per la sua estetica, il film rappresenta l’unico precedente cinematografico con cui Villeneuve si è dovuto confrontare.
Di certo, in questa seconda parte, il racconto di formazione di Paul Atreides si compie, lasciando tuttavia aperta la possibilità di un terzo capitolo, in cui i ruoli di Irulan Corrino e Alia Atreides, in particolare, potrebbero essere approfonditi; Denis Villeneuve è comunque coinvolto come produttore nella serie “Dune: Prophecy”, ambientata in ere precedenti rispetto al film e in uscita per l’autunno del 2024. L’universo di “Dune”, dunque, si espande ancora, al ritmo delle più moderne e spettacolari narrazioni di fantascienza di cui è stato ispiratore.