L’universo narrativo di uno dei più grandi scrittori di genere horror -e non solo- della nostra epoca torna ad affacciarsi al cinema con “Firestarter”, film diretto da Keith Thomas e tratto dall’omonimo romanzo di Stephen King del 1980, tradotto in Italia con il titolo “L’incendiaria”.
La storia della giovane protagonista Charlene “Charlie” McGee (Ryan Kiera Armstrong) possiede tutte le caratteristiche del coming-of-age di una supereroina, che convive a fatica con i suoi superpoteri e, soprattutto, deve imparare a controllarli: impresa non semplice per una undicenne le cui emozioni, rabbia e insicurezza in particolare, evocano come per un’oscura magia il fuoco, strumento che Charlie utilizza per punire o eliminare più o meno volontariamente chiunque sia considerato una minaccia per lei e per i suoi genitori. Beninteso, di “magico” nelle facoltà della protagonista non c’è niente, perché Charlie ha ereditato i poteri da suo padre Andy (Zac Efron) e da sua madre Vicky (Sydney Lemmon), che ai tempi dell’università si sono sottoposti alla sperimentazione della droga sintetica Lot-6, sostanza che risveglia in loro delle capacità paranormali -telepatia per Andy e telecinesi per Vicky- a prezzo però di grandi sofferenze. I poteri di Charlie, invece, fluiscono potenti, come un’incontrollabile forza della natura, sommando alle speciali facoltà dei genitori la pirocinesi. Una simile attitudine, controllata con difficoltà e già causa di numerosi incidenti, provoca l’interesse di una misteriosa organizzazione governativa, la DSI, e del capitano Jane Hollister (Gloria Reuben), decisa a trovare Charlie e a sottoporla a ulteriori esperimenti finalizzati a sfruttarne le capacità; nonostante il dottor Joseph Wanless (Kurtwood Smith), creatore del siero Lot-6, la metta in guardia circa il potere di Charlie e lasci intendere che sarebbe meglio eliminarla, il capitano Hollister organizza una caccia spietata alla bambina, con la collaborazione di John Rainbird (Michael Greyeyes), anch’egli dotato di poteri paranormali in seguito all’utilizzo del siero.
Il film, dunque, racconta la fuga di Charlie, costellata di tappe necessarie a prendere coscienza delle proprie capacità; l’orrore, in questa storia, risiede soprattutto nella paura, nell’angoscia che la protagonista prova quando capisce di non riuscire a controllare le emozioni che la sconvolgono e, quindi, le loro conseguenze. La “diversità” di Charlie, ciò che in definitiva la rende speciale, si trova al confine tra dono e condanna: la piccola, terrificante supereroina che evoca il fuoco, quindi, nel corso del film deve compiere una scelta e, in definitiva, decidere chi voglia davvero essere. Sono soprattutto i consigli di suo padre Andy a guidarla, in un rapporto tenero, esclusivo ma non privo di difficoltà, come possono esserlo i rapporti padre/figlia: all’esigenza del controllo tuttavia, giustificata in parte dalla volontà di proteggere Charlie, si sostituisce pian piano negli insegnamenti paterni l’accettazione, la consapevolezza di sé e delle emozioni provate come chiave per non subire la propria condizione speciale.
Proprio in questo messaggio risiede l’aspetto più interessante della storia; del resto nella sua vasta produzione letteraria Stephen King ha spesso raccontato di bambine/i e adolescenti dotati di doni straordinari, alle prese con la sfida forse più spaventosa: crescere in un mondo attraversato dall’orrore, travestito in forme sempre diverse. Molte di queste storie, si pensi a “It” o “Carrie”, sono diventate film e serie televisive, con risultati che difficilmente hanno soddisfatto lo scrittore -notoriamente molto critico- e, talvolta, hanno deluso i lettori dei libri; il patrimonio di opere di King, comunque, continua a essere un bacino notevole a cui attingere, se si pensa che quello di “Firestarter” ora in sala è il secondo adattamento cinematografico del romanzo, che già nel 1984 è stato trasposto in un film, prodotto dalla Dino De Laurentis Company e intitolato in Italia “Fenomeni paranormali incontrollabili”, con una giovanissima Drew Barrymore nel ruolo di Charlie, David Keith in quello di suo padre Andye Martin Sheen in quello del capitano Hollister.
Rispetto a questa pellicola tipicamente anni ’80, ci si aspetterebbe dal recente remake una confezione più sofisticata e spettacolare, arricchita da moderni effetti speciali; le scelte stilistiche però, nella scenografia e nel montaggio così come negli effetti visivi, rispecchiano il carattere low budget della casa di produzione, la Blumhouse, fondata nel 2000 e divenuta famosa soprattutto per una serie di film horror di grande successo realizzati appunto a basso budget, come i diversi capitoli delle saghe “Paranormal Activity”, “Insidious”, “The Purge – Il giorno del giudizio”, ma anche il pluripremiato “Get Out – Scappa”.
Più che distinguersi dalla precedente versione, dunque, questo “Firestarter” pare volerla omaggiare, intenzione confermata dalla scelta di affidare la colonna sonora nientemeno che al famoso regista John Carpenter (“Halloween”, “La cosa”, “Christine – La macchina infernale”, sempre tratto da King), anche musicista e compositore: nel 1984, infatti, Carpenter aveva ottenuto la regia di “Firestarter”, poi revocatagli dalla produzione a causa degli scarsi risultati al botteghino de “La cosa”, col tempo divenuto invece un cult.
Una “confezione” vintage, dunque, per un film con una protagonista speciale: a Charlie, infatti, si sono ispirati i creatori di una serie amatissima dal pubblico come “Stranger Things”, per tratteggiare il personaggio di Undici/Eleven; se siete alla ricerca della storia di una bambina coraggiosa, che -fenomeni paranormali a parte- compie il suo percorso per trasformarsi in una giovane donna, dunque, questo “Firestarter” non vi deluderà.
Resta da vedere cosa ne penserà Stephen King!