È il 9 marzo del 2022 e sul web una notizia rimbalza nelle homepage dei portali d’informazione di tutto il mondo, corredata da una fotografia che proviene direttamente dalle profondità del mare di Weddell, nell’Antartide.
Lo scatto ritrae la poppa di una nave, decorata con una stella di bronzo che brilla sotto una parola, realizzata anch’essa in lettere bronzee: Endurance, così recita la scritta, ovvero “resistenza, perseveranza”. Per tanti, avidi lettori di resoconti di viaggio, affascinati dell’epopea degli esploratori che tra Ottocento e Novecento, in particolare, hanno rischiato la vita pur di calpestare per primi le poche terre ancora inviolate dall’uomo, è bastato il balugino di quella stella per capire la portata della notizia.
L’Endurance, affondata il 21 novembre del 1915 e indissolubilmente legata al nome del comandante Ernest Shackleton, è stata ritrovata dopo aver riposato per oltre 100 anni sul fondale di un mare ancora oggi irto di pericoli; la goletta a tre alberi, salpata nel 1914 dalla Georgia del Sud con il beneplacito di Winston Churchill, fa parte della Spedizione Imperiale Transantartica promossa dalla Gran Bretagna e ha l’obbiettivo di raggiungere l’Antartide: una volta sbarcati, i 28 uomini dell’equipaggio attraverseranno il continente via terra, da costa a costa e da mare a mare, per la prima volta nella storia dell’umanità.
Sfortunatamente, il pack -l’insidiosa distesa di ghiaccio sulla superficie del mare polare- intrappola la nave e pian piano ne comprime lo spesso scafo in legno di quercia, fino a farla affondare: la missione è fallita, ma l’epopea vissuta nei mesi successivi dall’equipaggio dell’Endurance per avere salva la vita è diventata leggenda.
Il relitto, testimonianza di uno dei fallimenti più eroici nella storia delle esplorazioni polari, è in ottime condizioni grazie alle basse temperature dell’acqua e National Geographic annuncia la realizzazione di un documentario che ripercorra le tappe fondamentali del ritrovamento, portato a compimento dalla missione Endurance22 con il sostegno del Falkland Maritime Heritage Trust: oggi, a oltre due anni di distanza dall’impresa, il docufilm è finalmente disponibile su Disney Plus.
“Endurance“ vede alla regia Chai Vasarhelyi e Jimmy Chin, già Premio Oscar per il Miglior Documentario con “Free Solo”, e Natalie Hewit, autrice del toccante reportage “Surviving Covid”; i tre registi intessono una narrazione che, come in un gioco di specchi, intreccia l’epopea di Shackleton a quella dell’equipaggio della nave rompighiaccio Agulhas II, impegnato in una corsa contro il tempo per localizzare il relitto della goletta.
Le insidie del mare di Weddell, infatti, non risparmiano le avanzate tecnologie a disposizione degli studiosi e dei tecnici coinvolti nella missione Endurance22 e li costringono a fare i conti con la prospettiva del fallimento: per Mensun Bound, direttore delle ricerche, John Shears, capo spedizione, e Nico Vincent, ingegnere responsabile dell’AUV – Autonomous Underwater Vehicle, il veicolo subacqueo preposto a esplorare il fondale marino alla ricerca del relitto, non si tratta del primo tentativo di trovare l’Endurance, già nel 2019, infatti, i tre hanno collaborato a una missione sul mare di Weddell, conclusasi con una cocente delusione e la perdita dell’AUV nelle profondità dei mari antartici.
Del resto, anche per Shackleton, quella del 1914 non è la prima missione al Polo Sud: ha già fatto parte della spedizione Discovery di Robert Falcon Scott e ha guidato egli stesso quella denominata Nimrod, che ha stabilito un nuovo record di avvicinamento all’Antartide, battuto nel 1911 dall’esploratore norvegese Roald Amudsen, primo uomo nella storia a toccare il continente antartico.
Nel docufilm, il racconto delle spedizioni dell’Endurance e dell’Agulhas rappresenta un esempio di perseveranza e forza di volontà: entrambi gli equipaggi coltivano quel genere di folle speranza che, forse per disperazione, non si affievolisce nemmeno davanti agli ostacoli più insormontabili. Tra fotografie e filmati d’epoca, realizzati dal fotografo di bordo Frank Hurley, e accurate e evocative ricostruzioni in studio, la vicenda dell’Endurance accompagna i progressi e i passi falsi dei ricercatori dell’Agulhas: così, sembra quasi che, mentre nell’aprile del 1916 Shackleton parte su una scialuppa in direzione della Georgia del Sud con cinque uomini, nel 2022 l’Anghulas decida di ampliare il suo raggio di ricerca prima che il pack si trasformi definitivamente in una trappola; mentre Shackleton, miracolosamente sopravvissuto alla traversata, intraprende una marcia forzata verso la stazione baleniera di Stromness per chiedere soccorso, l’ingegnere Nico Vincent debba invece ammettere che una prima, promettente traccia del relitto rilevata dall’AUV si sia rivelata una falsa pista.
Nel docufilm, il viaggio dei due equipaggi si sovrappone dunque in un crescendo di emozioni contrastanti, che non manca di avvincere gli spettatori indipendentemente dal fatto di conoscere l’esito di entrambe le spedizioni; per chi, magari giovanissimo, si è imbattuto nella lettura dei diari di viaggio di Shackleton, il docufilm “Endurance” rappresenta di certo l’emozionante chiusura di un cerchio, ma forse il vero merito del lavoro di Vasarhelyi, Chin e Hewit risiede nella capacità di raccontare, attraverso una storia di vera bellezza e coraggio, una delle qualità più preziose custodite dagli esseri umani, che si tratti di esploratori di inizio Novecento o di scienziati degli anni Duemila, ovvero quella di coltivare un sogno e di perseguirlo, nonostante le avversità più crudeli e inattese.
Se la visione del docufilm non vi sembra tuttavia sufficiente a celebrare degnamente il ritrovamento dell’Endurance, ecco una notizia che potrà ispirarvi, giusto in tempo per le festività natalizie: la mitica azienda danese LEGO ha realizzato un meraviglioso set di mattoncini che riproduce la goletta con dovizia di particolari. Quale miglior modo di ripercorrere l’impresa, che dedicarsi alla costruzione della solida “tre alberi” su cui si sono proiettati tanti sogni e speranze?