Il 24 luglio è divampato l’inferno di fuoco che ha distrutto più di 25mila ettari di boscaglia, arso vivi animali selvatici e domestici e distrutto tante piccole aziende agricole. Oltre 1.500 persone in Sardegna hanno dovuto abbandonare le proprie abitazioni, in fuga dall’incendio che stava devastando la zona di Montiferru, nell’Oristanese, in un’area compresa tra i paesi di Bonarcado e Santu Lussurgiu.
Volontari, corpo forestale, protezione civile, Croce Rossa, vigili del fuoco, per un totale di circa 7.500 persone, hanno combattuto con tutte le loro forze contro le fiamme. Il rogo, nonostante tutto, è riuscito per giorni ad avere la meglio e a sfuggire al controllo degli operatori, avanzando per chilometri alimentato dal forte vento e dalle alte temperature estive.
Non è la prima volta che la Sardegna viene attaccata violentemente da incendi di questa portata. Dal 1983 ad oggi, il fuoco ha continuato incessantemente a devastare l’Isola. Colpa sì, del cambiamento climatico che sta creando le condizioni ottimali per catastrofi naturali di questo genere, ma anche (e soprattutto) dell’uomo che spesso ne è responsabile in prima persona. Si tratta infatti per la maggior parte di incendi dolosi.
Tra i grandi incendi avvenuti in Sardegna bisogna ricordare quello del 1994. Il 9 agosto di 27 anni fa le fiamme eliminarono la vegetazione di Cuglieri, Seneghe, Scano Montiferro e Bonarcado. La forestale stabilì che l’incendio era stato provocato accidentalmente da alcuni operai stagionali mentre ripulivano l’area nei pressi della “Casa del cacciatore”. Gli operai avevano deciso, imprudentemente, di dare fuoco a un formicaio all’interno di una vecchia sughera. Una piccola scintilla era bastata ad innescare l’incendio che poi si era propagato a nord sul versante montuoso.
Anche in quell’occasione, le fiamme erano state favorite dall’intenso vento e si erano spente solo dopo sette giorni in prossimità del Rifugio montano della Madonnina, a Cuglieri. Il bilancio fu drammatico. Le fiamme erano riuscite a percorrere migliaia di ettari ed erano riuscite a distruggere alcune delle zone naturali più belle del Montiferru.
La storia della nostra Isola tristemente ci ricorda anche l’incendio del 1983. Il 28 luglio di quell’anno avvenne quello conosciuto come “l’incendio di Curraggia”, dall’omonima collina collocata a sud-ovest della città di Tempio Pausania e nei comuni di Bortigiadas e Aggius. In quella circostanza, le fiamme partirono dal mare e avanzarono lungo i boschi, le strade e gli arbusti in direzione del centro abitato, fino ad arrivare alle campagne di Bortigiadas e Aggius, per poi propagarsi sulla collina di Curraggia. Un totale di 18mila ettari di terreno lambiti dalle fiamme e devastati.
A causa della mancanza di altri mezzi, l’allarme venne dato attraverso il suono delle campane delle chiese. Tra i volontari che prestarono il loro servizio combattendo contro le fiamme, pochissimi erano dotati dell’equipaggiamento adatto. Molti cercavano di bloccare le fiamme in ciabatte e vestiti estivi, rischiando la vita.
Numerosi furono i soccorritori arrivati da tutta la Sardegna, tra i quali uomini del corpo forestale, vigili del fuoco e compagnie antincendio municipali. Il bilancio fu molto più drammatico rispetto ai due incendi più recenti. Nel corso dell’incendio di Curraggia, infatti, diversi uomini vennero improvvisamente accerchiati dalle fiamme e uccisi. In 9 persero la vita e 15 rimasero feriti.
In ricordo di questo tragico evento, nel 2007 l’Unione Europea ha indetto per il 28 luglio la “Giornata europea di sensibilizzazione contro gli incendi boschivi”. Il 24 luglio dello stesso anno, il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha conferito la medaglia d’oro al valor civile alla memoria alle nove vittime di Curraggia. Due anni dopo la medaglia è stata consegnata anche a sei degli uomini rimasti feriti. Nel 2009 è invece stata riconosciuta la medaglia d’argento al valor civile alla città di Tempio Pausania.
In questi giorni però, proprio a ridosso della giornata di sensibilizzazione contro gli incendi, la storia si è ripetuta ancora una volta. In Sardegna, nel 1983, le risorse a disposizione per fermare un incendio erano minime: non erano ancora operativi i canadair, non c’erano i telefonini e le comunicazioni erano molto più difficili e lente, non esistevano i GPS e i piani di Protezione Civile. Oggi invece i mezzi per tenere sotto controllo un rogo ci sono. Un’adeguata cura dei territori, la potatura dei cespugli e la ripulitura delle strisce frangi-fiamma avrebbero sicuramente delineato una situazione meno devastante.