Niente affascina di più di ciò che è ignoto. Uno dei grandi misteri su cui, dalla notte dei tempi, l’uomo si è sempre interrogato riguarda il cosmo e l’esistenza o meno di forme di vita intelligente su altri pianeti.
In tempi in cui non esistevano le sofisticate apparecchiature moderne di osservazione e rilevazione di cui siamo in possesso oggi, erano gli astri ad essere presi come punti di riferimento per stabilire la posizione della superficie terrestre – basti pensare alla Stella Polare che, per antonomasia, indica sempre dove si trova il nord -.
Tuttavia, l’osservazione ad occhio nudo di certo non bastava per avere informazioni sicure sulla direzione da prendere né tantomeno per fare studi di tipo astronomico, ecco perché, via via, sono stati ideati strumenti sempre più all’avanguardia per scrutare il cielo in modo scientifico.
Uno degli strumenti più antichi era l’astrolabio, messo a punto dagli Arabi per localizzare o calcolare la posizione del Sole o delle stelle. Ci fu poi il sestante, molto utile durante la navigazione ed usato ancora oggi per calcolare l’altezza di un astro. Il sestante contiene un piccolo cannocchiale, utilizzato inizialmente per osservare oggetti distanti, che venne via via adattato all’uso astronomico fino a diventare l’attuale telescopio grazie al quale è possibile captare la luce che proviene dai corpi celesti, sia che essi brillino di luce propria, dunque le stelle, che di luce riflessa, ossia pianeti e satelliti.
Esistono due tipi di telescopi: i telescopi ottici, in grado di cogliere le radiazioni luminose nel campo del visibile, e i radiotelescopi, i quali, grazie alla presenza di una parabola con un principio di funzionamento analogo a quello delle parabole televisive satellitari, captano le onde radio provenienti da stelle, nubi e galassie. Le onde radio non sono altro che un particolare tipo di luce non visibile perché caratterizzata da una lunghezza d’onda più grande rispetto a quella visibile.
Attualmente, il più grande radiotelescopio esistente al mondo, con un diametro di ben cinquecento metri, è il Radiotelescopio FAST (Five hundred meter Aperture Spherical Telescope), nel sud-ovest della Cina, ma uno dei tecnologicamente più avanzati e tra i tre più grandi d’Europa, con i suoi 64 metri di diametro, si trova in Sardegna.
L’Isola si pone infatti in primo piano nel cercare di rispondere alla domanda su cosa si celi nell’infinitamente grande grazie al Sardinia Radio Telescope (SRT) situato a San Basilio, un piccolo comune della provincia del Sud Sardegna ad appena 35 km da Cagliari.
Progettato tra gli anni Novanta e Duemila e terzo in ordine di tempo in Italia dopo i radiotelescopi di Medicina, in provincia di Bologna, e di Noto, in provincia di Siracusa, questo gioiello tecnologico, inaugurato poi nel 2013, non è stato collocato in quelle zone dell’entroterra sardo per puro caso. Il sito sorge precisamente in località Pranu Sanguini, una delle aree dell’Isola con minor densità abitativa, fattore davvero importante per garantire il cosiddetto “silenzio radio”, ossia minori interferenze per le rilevazioni radio dell’antenna parabolica.
L’intera struttura, gestita dall’Osservatorio Astronomico di Cagliari (INAF-OAC), è attiva soprattutto nel campo della ricerca scientifica, con varie attività che vanno dalla fisica solare fino alla fisica delle galassie, o degli ammassi di galassie, passando per l’osservazione di oggetti celesti come pulsar, formazioni stellari, nebulose planetarie e buchi neri.
Attraverso la collaborazione con l’Agenzia Spaziale Italiana si occupa, inoltre, anche di scienze spaziali, in particolare dello studio dei sistemi planetari, compresi quelli di recente scoperta, della ricerca di pianeti simili alla Terra, i cosiddetti esopianeti, e del monitoraggio delle missioni di esplorazione spaziale e dei satelliti artificiali, soprattutto delle sonde interplanetarie che sono state inviate nel nostro Sistema Solare per trasmettere i dati rilevati nello spazio.
Tali attività di ricerca hanno suscitato l’interesse dell’ESA (l’Agenzia Spaziale Europea) e della NASA, tanto che l’antenna di San Basilio è stata inserita, in modalità SDSA (Sardinia Deep Space Antenna), nella rete internazionale di radiotelescopi Deep Space Network che supporta missioni interplanetarie e di esplorazione del Sistema Solare e dell’Universo, debuttando nella fase finale della missione Cassini – Huygens, la sonda che ha compiuto una missione ventennale dedicata allo studio del sistema di Saturno, prima di schiantarsi contro l’atmosfera del pianeta.
Dal 2019 al 2023 il Sardinia Radio Telescope ha fatto parte di un progetto PON (Programma Operativo Nazionale) dedicato all’incremento delle sue potenzialità osservative, sia come tipologia di frequenze osservative – che vanno da 300 MegaHertz fino a 110 GigaHertz e quindi l’intervallo probabilmente più ampio di tutte le antenne europee -, sia come modalità osservative. Questo consentirà agli astronomi di osservare fenomeni celesti prima non esplorabili. Da segnalare, infine, la sua partecipazione anche al progetto SETI (Search for extra-terrestrial intelligence), che cerca di captare e decifrare eventuali segnali radio riconducibili a ipotetiche civiltà extraterrestri.
Questa piccola “Silicon Valley” sarda può essere ammirata da vicino dal pubblico e dalle scolaresche con visite guidate e gratuite; non è previsto, tuttavia, l’ingresso all’interno del radiotelescopio o il suo utilizzo per effettuare osservazioni.
Per prenotare è necessario compilare il formulario disponibile al link https://tinyurl.com/2jbfwb2a.