Chi meglio delle cineprese e dei loro maestri (davanti e dietro l’obiettivo) hanno saputo raccontare l’Italia e i cambiamenti che, dal secondo dopoguerra ad oggi, l’hanno attraversata e accompagnata negli anni? Ecco perché abbiamo pensato di ripercorrere, come sempre in base tre, alcuni tra i lavori più significativi degli ultimi decenni. Sarà un viaggio in tutta la penisola attraverso personaggi e luoghi che ne hanno fatto la storia mediatica, culturale e politica e che, ancora oggi, esercitano un’influenza dalla quale sembra impossibile affrancarsi.
Cominciamo proprio dagli anni ruggenti del Bel Paese, quelli di una ripresa economica tanto sognata quanto dirompente che, nel 1960, contribuisce a dare alla luce La Dolce Vita, il capolavoro di Federico Fellini diventato pietra miliare della storia del cinema mondiale. Ambientato nella Roma bene, senza però disdegnare occhiate ad ambienti meno altolocati, racconta la storia di un paparazzo che, spinto un po’ dal lavoro e un po’ dai suoi amori più o meno forti e proibiti, attraversa lo star-system della capitale fatto di ricchi, intellettuali, ballerine e prostitute. In tre ore di durata, il film è capace di rendere – e al contempo anticipare – le inquietudini dell’uomo medio destinate a esplodere, da lì a qualche decennio, nelle tragedie dei nostri giorni. La paura e la precarietà dell’esistenza sono raccontate per simboli, con il volto di Marcello Mastroianni e l’iconica scena nella Fontana di Trevi in compagnia di Anita Ekberg, diventati parte dell’immaginario collettivo.
Per altri versi anche un’altra figura è entrata nell’immaginario collettivo italiano: lo sfigato, vessato e bistrattato ragionier Ugo Fantozzi. Intanto precisiamo che Paolo Villaggio è stato autore dei libri, prima che interprete del film. E, se la capitale fa da sfondo alle pellicole, è l’operosa Genova a ospitare il nostro sulla carta stampata. L’Italia industrializzata degli anni Settanta genera quindi benessere e mostri, questa volta di comicità. Villaggio voleva soprattutto fare satira su una società tanto consumistica quanto meccanica nelle sue azioni, a scapito di coloro che, deboli di carattere e di economia, accettavano di farsi ingurgitare dalla bestia di turno: ora l’azienda, ora il direttore, ora i colleghi, ora la famiglia, ora chiunque altro del proprio entourage. Quella di Fantozzi è diventata una vera e propria saga che, nel corso di svariate pellicole, ha visto il personaggio impegnato nelle più improbabili avventure “all’italiana”, con l’indimenticabile auto Bianchina, la figlia bruttissima e le piste da sci di Courmayeur, dove il ragioniere tenta un’avventura con la signora Silvani – suo sogno proibito – purtroppo con i soliti, disastrosi risultati.
E arriviamo al 2008, anno nel quale il regista napoletano Paolo Sorrentino dà alle sale Il Divo – La spettacolare vita di Giulio Andreotti. Il film racconta, in chiave romanzata, la storia politica di un personaggio di spicco come fu Andreotti e della corte che intorno a lui gravitava nell’Italia della cosiddetta Prima Repubblica. Un film forte sotto alcuni aspetti ma estremamente godibile che vede “il Divo” affrontare alcune situazioni note a livello mediatico e altre ricostruite sulla base di inchieste e congetture che hanno realmente interessato Andreotti.