Voglio fare il regista ma non conosco le persone giuste, e poi vivo in Sardegna, dove non succede mai niente. Quante volte lo abbiamo pensato?
Se abitassi altrove avrei più strade, più opportunità. Lapalissiano! Se avessi le ali, volerei.
Ma se fosse invece solo una scusa? Se la nostra riuscita fosse legata più alla volontà, che alle possibilità? D’altronde i professionisti ultra-titolati sono davvero tanti – qui e altrove – e perciò come trovare il proprio posto e il proprio stile senza perdere fiducia in quello che si fa?
Per fortuna sono domande che Domenico Montixi si è posto per non più di cinque minuti, perché ha sempre considerato la regia come la sua direzione di appartenenza. Quindi, seppur tardi, il suo talento ha trovato lo spazio per germogliare. Ha assorbito, sfrondato, rielaborato, innestato, ogni prodotto filmico passasse sui canali in chiaro dagli anni ‘80 fino ai primi Duemila, intrecciandolo con la cultura alta del cinema d’essai.
Chiamate la nostra come vi pare: Generazione Y, Generazione MTV, Echo Boomers o Xennials… qui in Italia sarà sempre Generazione Notte Horror. E Domenico, classe 1980, non può essere da meno. Durante le notti insonni davanti allo schermo ha scelto con cura i fili per intessere lo sfondo delle sue idee e oggi, ormai professionista, ci stupisce così: “Army of Darkness di Raimi (L’armata delle tenebre, 1992) mi si è così fortemente ancorato al cervello perché nell’arco di un’ora e mezza contiene molto di quello che mi piacerebbe raccontare: l’horror, la commedia romantica, lo slapstick, l’epica, il cappa e spada, lo stop motion alla Harryhausen, un protagonista che è tutto e il contrario di tutto. Io amo le contaminazioni e i pastiche di generi, e in quest’ottica lo trovo il film perfetto.”
Con un gusto così variegato, dopo una parentesi ai DAMS di Firenze e Pisa, divide il suo lavoro tra corti e videoclip musicali per i quali – collaborazioni permettendo – considera la fase di scrittura un processo abbastanza solitario: parte dal nocciolo di un’idea, o dall’ispirazione mossa da una location, e poi li traduce in un flash atemporale visivo, in una DeLorean filmica che ti riporta indietro all’atmosfera vintage 70’s/80’s. L’obiettivo ricorrente è quello di raccontare una storia, cercando di far combaciare la visione iniziale con i mezzi a disposizione e il tetto del budget. E come sanno bene quelli del settore, spesso in fase di lavorazione ci si trova a dover ridimensionare le aspettative. Ma questo per Montixi è tutt’altro che frustrante: vede questo “autolimitarsi” come un trampolino per la fantasia attraverso cui improvvisare dei brillanti cerotti tecnici per aggirare gli ostacoli (escamotage che lo diverte non poco).
Il cinema horror d’autore è ciò che l’ha maggiormente influenzato: dall’apocalittico filone zombie figlio di Romero, al già citato Raimi, all’esoterico gotico italiano, ma risultano nette anche le contaminazioni da gongfu movie, i colpi di scena alla Rambo, i campi lunghi e i particolari strettissimi del western.
Il lavoro in cui tutti questi tasselli, queste “lamine di stile” forgiano una luccicante armatura filmica piacevolmente profanata da un dosato dripping pulp, è il sorprendente “No Redemption with… Don Mitraglia”, corto girato come finto trailer, ampiamente esaltato dal pubblico e degno di menzione speciale al Corti Vivi Film Fest 2014 di Soliera (MO), in cui seguiamo la risalita del semplice prete di campagna da umile vessato a bionico vendicatore, fino a veder letteralmente saltare in aria lo scranno papale. Qui lo stile personale di Domenico si esprime al meglio, ma non è da meno nelle collaborazioni con musicisti e altri videomaker (tutto visionabile sul canale YT Akentia Produktions).
Di fatto non intende darsi tregua. Ha appena ultimato le riprese di un misterioso video su cui non si sbilancia: per tenerci buoni assicura suggestioni alla Mario Bava ’60-’70 con certe derive psichedeliche e rimandi al periodo erotico di Jesús Franco, sintomo che la sua cultura filmica si dispiega anche verso autori tutt’altro che scontati.
Tutte le sue attenzioni ora sono per la post-produzione di un attesissimo corto horror che inframezzerà il documentario di Eugenio Ercolani sugli zombie movie italiani anni settanta. Girato rigorosamente in stile, dà l’idea di essere un perduto film dell’epoca, e si alternerà a numerose interviste di professionisti del genere, da registi a esperti effettisti. Nella crew Roberto Achenza (fotografia), Matteo Ferreccio (post-produzione video) “dalle mani d’oro e un’apprezzabile pignoleria”, e Federico “Flai” Lai per la colonna sonora originale, che – ci assicura Montixi – è strepitosa.
Muovendoci tra le storie che racconta è venuto naturale chiedergli cosa creda renda valido un lavoro: “Al di là di tutta una serie di cose ovvie, ti direi la volontà, la forza, la passione nel raccontare qualcosa, in modo che non sembri solo un esercizio di stile. Io penso che devi essere un minimo sincero: se non te ne frega niente di quello di cui racconti, si vede, e le cose senza cuore, sono le cose più orribili che si possano mai produrre con una telecamera.”