Sconosciuti sul web che riescono a impadronirsi delle menti più fragili. Pericolose sfide che coinvolgono giovanissimi e che possono portare a conseguenze estreme. Si tratta di fenomeni reali o di leggende metropolitane?
Napoli, martedì 29 settembre 2020. Poco dopo la mezzanotte, un bambino di 11 anni si è lanciato dal decimo piano del palazzo dove abitava mentre i genitori dormivano. Ad una primissima valutazione dei fatti poteva trattarsi di una caduta accidentale, ma ad escluderla è stato l’agghiacciante messaggio di scuse inviato poco prima alla madre: “Mamma ti amo ma ho un uomo incappucciato davanti, non ho tempo”. Parole che hanno immediatamente fatto scattare le indagini da parte della Procura di Napoli, l’ipotesi più accreditata è quella dell’istigazione al suicidio.
Ma chi è l’uomo incappucciato?
Per capire chi può aver spinto un bambino dalla vita apparentemente tranquilla a compiere un simile gesto sono stati sequestrati i supporti informatici in uso al bambino. Il terribile sospetto è che sia stato contattato da qualcuno su internet che potrebbe averlo manipolato e spinto a seguire una “challenge”, una di quelle sfide online, molto diffuse negli ultimi anni, che spingono i ragazzi a inscenare delle pericolose performance o a compiere atti di autolesionismo.
Si è pensato fin da subito all’ultimo misterioso personaggio apparso sul web, Jonathan Galindo.
Non si tratta di una persona reale ma di una maschera inquietante che vagamente ricorda le sembianze di Pippo, il noto personaggio della Walt Disney amico di Topolino, ideata nel 2010 dall’ignaro make-up artist Samuel Canino e poi approdata nel mondo virtuale, con tantissimi profili su Facebook, Instagram, Twitter e Tik Tok.
Diverse persone che si spacciano per questo spaventoso personaggio, inviano delle richieste di amicizia tramite i vari social network a ragazzini, prevalentemente di età compresa tra gli 11 e il 13 anni, chiedendogli poi attraverso un messaggio: “Vuoi giocare con me?”. Ma il gioco si trasforma molto presto in terrore. Queste identità oscure iniziano a fare un vero e proprio lavaggio del cervello alle loro piccole vittime, li inducono a mantenere il segreto, li spaventano, li convincono a sottoporsi a delle sfide, chiamate appunto “challenge”, prove estreme di coraggio che spesso implicano atti di autolesionismo e, a volte, addirittura il suicidio, proprio come potrebbe essere accaduto al bambino di Napoli.
Jonathan Galindo è il personaggio più discusso in rete in questo momento. Persone con la sua maschera sono state avvistate, a partire dal 2017, in America Latina, negli Stati Uniti, in Spagna dove l’anno scorso tantissimi genitori si sono rivolti alla polizia per le richieste arrivate a molti ragazzini da parte di figuri mascherati, ora ecco il fatto di cronaca avvenuto in Italia. Dopo che c’era già stata una denuncia da parte di una mamma nel mese di luglio, nel nostro Paese il bambino di Napoli morto suicida risulta essere, per ora, l’unica vera vittima accertata, anche se la madre di un amichetto ha dichiarato che altri loro compagni di scuola sarebbero stati contattati da questo personaggio.
Un fenomeno che non può non richiamare alla mente quello, sicuramente più noto, della Blue Whale, che significa balena blu, il perverso gioco online di possessione progressiva, rivolto anche questo agli adolescenti, che prevedeva un decalogo di 50 regole che andavano dall’incidersi la pelle fino a quella di saltare da un edificio alto. C’era stato poi il personaggio di Momo, una scultura che era stata realizzata dall’artista Keisuke Aizawa e che nel 2018 era sbarcata su WhatsApp con dei messaggi a catena e l’avvertimento, per chi avesse spezzato quella catena, che sarebbe stato vittima di una maledizione da parte di Momo.
Tutto questo non può non mettere in evidenza a genitori ed educatori i pericoli che i bambini e i ragazzi possono incontrare in quella dimensione sconfinata e piena di insidie che è internet. L’attenzione e il dialogo sono fondamentali per evitare che gli adolescenti cadano vittime di persone spesso affette da disturbi psichiatrici, o malvagie e manipolatrici, che talvolta si rifugiano sul web perché incapaci di costruire una rete di relazioni reali e trovano più semplice adescare piccole vittime ingenue e indifese per imprigionarli in un mondo oscuro, in un gioco che in realtà non è un gioco.