La leggenda la colloca nel regno delle ninfe, il nome la rimanda ai tempi della Colonia Penale, la particolarità della sua natura l’ha resa prima Riserva Demaniale e adesso Parco: Prigionette, area di grande interesse naturalistico – parte centrale del promontorio di Capo Caccia – rientra nel più vasto territorio del Parco Naturale Regionale di Porto Conte. Nota da tempi storici per l’interesse venatorio, grazie all’abbondanza di selvaggina autoctona come pernici, lepri e conigli, e all’introduzione di daini e cinghiali, è stata affidata dagli anni alla tutela dell’Ente Foreste della Sardegna che tutt’ora si adopera per la sua salvaguardia, anche attraverso la ricostituzione degli ambienti naturali. Particolarmente importanti sono, infatti, gli interventi di diradamento della pineta – frutto di rimboschimenti passati rivelatisi errati – e di ripristino della macchia mediterranea.
Prigionette è visitabile a piedi, in bicicletta o con la propria auto: percorrendo un lungo sterrato si possono ammirare le varie formazioni vegetali ed incontrare alcune delle specie animali presenti.
La flora è di tipo mediterraneo con gli elementi tipici del clima caldo arido. In origine era sicuramente una querceta, della quale rimane una piccola traccia alle pendici del Monte Timidone, circondata da macchia mediterranea a ginepro, come testimoniano alcuni esemplari secolari nelle zone più impervie e l’uso del suo legno per le travi di sostegno nei vecchi tetti.
Costeggiando il Monte Timidone è facile scorgere tra i lecci diversi esemplari di daino, presente in circa 450 unità – una delle poche popolazioni libere dell’intera Sardegna – altri esemplari si trovano in recinti di ripopolamento. Durante le sere di ottobre possiamo sentirli al bramito, tipico verso del corteggiamento, che emettono i maschi adulti sfoggiando fieri il loro palco palmato, e tra i cespugli di erica, corbezzolo e fillirea, intravedere le femmine in sparuti branchi con i piccoli dell’anno.
Nelle fasce tagliafuoco dell’impianto artificiale di conifere, invece, pascolano tranquilli i cavallini della giara, introdotti dal corpo forestale insieme agli asini bianchi dell’Asinara e agli ormai rari asini grigi. Sono frutto di intervento umano anche le presenze di mufloni e capre. Non è difficile scorgere i cinghiali, troviamo diverse tracce della loro presenza, ma è sicuramente indimenticabile la visione di una volpe che attraversa trafelata questo piccolo spazio aperto.
Nella zona a ridosso della scogliera di Cala della Barca, dove è più evidente il fenomeno carsico, vivono arbusti bassi dalle forme rotondeggianti che si sono adattati alle difficili condizioni: esiguo strato di terra rossa, forte vento e salinità accentuata. Siamo nella gariga, dove troviamo le entità endemiche più rilevanti – anche a carattere mondiale – quali l’antichissima Centaurea horrida (fiordaliso spinoso) in associazione con l’Astragalo di Terracciano, e numerose piccole specie che trovano rifugio nei tafoni o tra le spaccature delle rocce, come lo Statice delle ninfe. L’elicriso inebria l’aria col suo intenso profumo facendo a gara con la ginestra e il rosmarino della vicina zona di macchia che si presenta in diversi stadi di evoluzione. Tra i cespugli di lentisco, olivastro, cisto marino ed euforbia arborea, che dona colori spettacolari dal verde, al giallo, al rosso sangue, fa capolino la palma nana, caratteristica sia per abbondanza che per la presenza di esemplari arborescenti ormai rari.
La bianca scogliera a picco sul mare fa da cornice all’Isola Piana in un turbinio di sfumature di verde e di azzurro. L’area marina è di fondamentale importanza per l’avifauna come gli uccelli delle tempeste e le berte – maggiore e minore – specie pelagiche che frequentano la costa solo per la riproduzione. Nelle notti senza luna, è suggestivo ascoltare il richiamo col quale ritrovano il compagno in cova nelle cavità nascoste. Nella falesia nidifica anche una delle due coppie stanziali di grifone, ultimo dei grandi avvoltoi presente in Sardegna, reintrodotto di recente nell’ambito del progetto europeo Life di ripopolamento, che interessa l’area sino al bosano, con un totale di circa cinquanta coppie presenti.
Prigionette si afferma come una delle maggiori aree per importanza naturalistica del Mediterraneo, sia per la conservazione della biodiversità, che per la ricchezza di specie animali e vegetali.