Una novità, nel panorama sassarese del XVII secolo, in relazione all’applicazione degli stilemi e dei temi tardo-rinascimentali: edificata nel primo decennio del ‘600, la Fontana del Rosello – o di Rosello – è una fonte situata nella valle omonima e collocata ai piedi del quartiere di Monte Rosello. Si tratta di un’architettura storica della città di Sassari considerata un simbolo unico nel suo genere, tanto da essere stata scelta, nel 1975, come fontana ornamentale più conosciuta per la realizzazione della serie “Fontane d’Italia”, collana di 21 francobolli che Eros Donnini realizzò per conto di Poste Italiane, con lo scopo di rappresentare le regioni d’Italia e celebrare il patrimonio culturale di ciascuna di esse.
Come già accennato, la sistemazione odierna del monumento risale a lavori di costruzione effettuati in età moderna; tuttavia, la storia parte da molto più lontano. Infatti, precedentemente, al posto della fontana era presente la fonte di Gurusellu, che, con le sue acque, alimentava l’acquedotto della colonia Turris Libisonis – conosciuta oggi come Porto Torres – fondata da Giulio Cesare nel 46 a.C. Anche in età medievale, la fonte idrica continuò ad avere una grande importanza per gli approvvigionamenti, in particolare dei viaggiatori che oltrepassavano la Porta Gurusele, situata nella zona; nonostante non si sappia nulla circa la sua struttura in questo periodo, è emerso che l’acqua sgorgasse attraverso 12 cannelle di bronzo con sembianze leonine.
La fontana iniziò ad avere la conformazione con la quale è conosciuta oggi tra il 1603 e il 1606: grazie ad una tassazione pubblica di 1000 scudi, vennero avviati i lavori di sistemazione da parte di maestranze liguri, le quali erano solite, in quegli anni, partecipare alla realizzazione di manufatti in terra sarda. In seguito a questa operazione di ammodernamento, la fonte cominciò ad essere utilizzata non più solo da coloro che viaggiavano: infatti, divenne luogo prediletto per le massaie – che se ne servivano per fare il bucato – e gli acquaioli, i quali caricavano sui propri somari i barili pieni da portare in città; verso la fine del XIX secolo, gli asini da trasporto arrivarono ad essere circa 300.
Nel complesso, l’architettura si presenta in maniera abbastanza austera ed è costituita da due corpi a cassone sovrapposti. Entrambi evidenziano motivi geometrici in marmo grigio su paramento bianco; lungo tre dei lati del parallelepipedo inferiore, corre un’iscrizione che attesta il compimento dei lavori di trasformazione sotto il sovrano Filippo III, mentre il quarto è decorato con un motivo a fogliame. Il corpo superiore, più rientrato, è sovrastato da due archi fasciati – andati perduti e ricostruiti nel 1843 – che terminano, alle estremità, con delle volute; su un plinto posto all’apice, nel punto in cui le due arcate si incrociano, è collocata una copia dall’originale della statua equestre del martire turritano San Gavino, considerato tradizionalmente il protettore di Sassari e Porto Torres. Oltre ciò, i due cassoni sono coronati da piccole torri marmoree quadrangolari: negli spigoli di quello più grande, spiccano 4 torrette merlate simboleggianti la città di Sassari, assieme ad altre due di forma cilindrica con lo stemma della Corona aragonese. Lungo il lato sud del monumento, al di sopra dell’iscrizione, è presente un’altra statua raffigurante una divinità fluviale in posizione supina e con lo sguardo rivolto all’osservatore, che richiama le posture tipiche delle riunioni simposiache.
L’acqua fuoriesce sia attraverso 8 teste di leone, sistemate alla base del monumento, – 1 su ognuno dei lati minori e 3 su ogni lato più lungo – sia dalle bocche di 4 delfini scolpiti negli angoli: in tutto, costituiscono 12 bocche – o cantaros –e indicano allegoricamente, assieme alle statue delle stagioni, il fluire del tempo.
Ciascuna delle 4 sculture simboleggianti le stagioni è collocata sopra le effigi dei cetacei: l’Inverno è rappresentato da un anziano dormiente, la Primavera da una fanciulla che tiene tra le mani una ghirlanda di fiori, l’Estate ha le sembianze di una donna che porta un fascio di spighe, mentre l’Autunno richiama un giovane Ercole con indosso la pelle di leone e una corona di pampini. Durante i moti antifeudali del 1795, 3 di esse vennero distrutte e sostituite da copie nel 1828; l’unico esemplare originale sopravvissuto, l’Estate, venne trasferito presso il Palazzo Ducale di Sassari, dove tutt’oggi si trova.
La fontana del Rosello è aperta gratuitamente al pubblico dal martedì al sabato dalle 10 alle 19 e la domenica dalle 10 alle 14; chiusa il lunedì e i festivi. Il luogo, gestito dalla rete culturale Thàmus, è accessibile anche attraverso visita guidata a pagamento: per ulteriori informazioni, è possibile consultare la sezione dedicata sul sito del Comune di Sassari.