Viviamo nell’era della smartphone mania. Oggi i telefoni cellulari sono parte integrante della nostra vita quotidiana, al punto da essere percepiti da molti quasi come un’estensione del proprio corpo. Ci garantiscono di essere sempre interconnessi, sono stati la nostra finestra sul mondo durante i lunghi mesi di lockdown e restrizioni imposti a causa della pandemia di coronavirus, sono di supporto e ci consentono di svolgere qualsiasi attività grazie all’utilizzo di tantissime applicazioni intuitive e scaricabili gratuitamente da questi stessi dispositivi.
Eppure, non ci sono solo benefici. Oltre ai dati preoccupanti sullo sviluppo sempre più frequente di vere e proprie forme di dipendenza da smartphone, è anche la nostra privacy ad essere messa fortemente a rischio. Il cellulare, infatti, potrebbe ascoltarci.
Tanti di noi, ultimamente, avranno notato come basti pronunciare alcune parole sui nostri gusti, progetti, viaggi o semplici desideri per vedere poi arrivare sui nostri cellulari le relative pubblicità. Coincidenza? A quanto pare no.
A più riprese nel corso degli ultimi anni si è paventata l’idea che lo smartphone ascolti le conversazioni degli utenti per recepire informazioni, ma puntualmente sono sempre arrivate le smentite. In particolare, nel novembre del 2017, la trasmissione americana Reply All affrontò la questione di un possibile spionaggio da parte di Facebook a danno dei propri utenti, raccogliendo le testimonianze degli ascoltatori, ma fu proprio il vice presidente per la pubblicità del famoso social network, Rob Goldman, a replicare ufficialmente su Twitter dichiarando: “Sono responsabile della divisione pubblicitaria di Facebook. Non usiamo e non abbiamo mai usato il microfono degli utenti per la pubblicità. Semplicemente non è vero.”
Tuttavia, proprio in Italia, il dibattito è riemerso in queste settimane a seguito di un servizio mandato in onda in due puntate, a partire dal 27 settembre, dalla trasmissione di Canale 5 Striscia la Notizia. L’inviato, Marco Camisani Calzolari, aveva invitato i telespettatori a realizzare con lui un esperimento sociale per capire se i cellulari ci ascoltano. Dopo avergli chiesto di alzare il volume della tv e di avvicinargli il telefonino nel momento in cui lui pronunciava la frase “mi serve un’auto nuova, una macchina per viaggiare con la famiglia, che bello sarebbe avere un’auto nuova”, migliaia di telespettatori avevano poi informato il programma che l’esperimento, purtroppo, aveva dato esito positivo. Durante il servizio era intervenuto anche Guido Scorza, componente del Garante per la protezione dei dati personali, per affermare che, attraverso i microfoni degli smartphone, è tecnicamente possibile recepire le informazioni degli utenti.
📷 Gerd Altmann | Pixabay
Le modalità attraverso cui questa attività di spionaggio avviene sono state analizzate dagli esperti, i quali hanno individuato due possibili sistemi di ascolto. In primo luogo, applicazioni come Google assistant, Alexa, Siri e Cortana, che molti possiedono nei loro smartphone, hanno specificamente la funzione di tenere sempre acceso il microfono del cellulare per intercettare i comandi vocali. In secondo luogo, diverse altre applicazioni che si scaricano abitualmente sugli smartphone, tra le autorizzazioni di accesso che richiedono al momento del download, inseriscono anche l’utilizzazione del microfono, autorizzazione che molto spesso viene data senza avere la piena consapevolezza delle implicazioni e delle conseguenze che da ciò potrebbero derivare. In questo modo infatti i microfoni degli smartphone restano sempre accesi per carpire i nostri dati, i quali vengono poi rivenduti a società e usati illecitamente per fare proposte commerciali.
Su questo fenomeno sempre più diffuso, che era già all’attenzione dei suoi uffici, il Garante per la privacy, a seguito dell’inchiesta mandata in onda dal tg satirico di Canale 5, ha deciso di avviare un’indagine, in collaborazione con il Nucleo speciale privacy e frodi tecnologiche della Guardia di Finanza. L’obiettivo dell’istruttoria è quello di individuare esattamente quali sono le applicazioni che, attraverso un uso improprio del microfono del cellulare, captano i dati personali per servirsene poi per scopi pubblicitari, verificare che l’informativa resa agli utenti sia chiara e trasparente e che il loro consenso sia stato acquisito in modo corretto.
Intanto Striscia la Notizia ha deciso di fare un passo in più per collaborare col Garante per la privacy e velocizzare così le indagini in corso su un problema che non riguarda solo il nostro Paese ma che è globale. L’inviato Marco Camisani Calzolari ha infatti proposto al pubblico televisivo di partecipare ad un altro esperimento sociale che consiste nel disattivare l’accesso al microfono di tutte le applicazioni per poi riattivarlo, giorno dopo giorno, per un’applicazione alla volta, in modo da cercare di capire se arrivano pubblicità legate a quello che è stato detto durante la giornata e individuare così quali sono effettivamente le applicazioni che ci spiano, invitando poi a segnalarlo attraverso l’indirizzo email gabibbo@mediaset.it.
Le app “rubadati” potrebbero dunque avere ormai i giorni contati e i consumatori potrebbe tornare presto a fare scelte libere e consapevoli.