“La fortuna aiuta gli audaci”. Il celebre motto di matrice virgiliana si presta, per l’occasione, a un telegrafico quanto fedele racconto del match di Wembley. Protagonista indiscussa della serata proprio lei, la Dea bendata e tanta ne è servita, agli Azzurri, al minuto 65 sul gol di Arnautovic. Questione di millimetri il verdetto del Var: dal grande spavento agli attimi di attesa fino al sospiro di sollievo per la rete austriaca annullata. Una sofferenza, quella degli Azzurri, merito esclusivo dell’Austria di Franco Foda che ha affrontato a viso aperto gli uomini di Mancini e senza alcun timore reverenziale. Una squadra solida, pratica ma soprattutto fisica contro la quale il centrocampo azzurro ha pagato dazio e rischiato, non poco, soprattutto nella seconda parte del match.
Due le note liete della serata londinese: Verratti, reduce dalla buona prova con il Galles, ha confermato i progressi fisici che lo avevano estromesso dalle prime due gare del Girone A mentre Jorginho ha, ancora una volta, dato prova di essere un interprete indispensabile per questa Nazionale tanto per tempi di gioco quanto per l’equilibrio tattico che riesce a garantire in fase offensiva e in ripiegamento. Meno incisivo del solito Nicolò Barella: l’interista è sembrato poco lucido – ed eccessivamente nervoso – rispetto alle ottime prove con Turchia e Svizzera. Nel quarto di finale ritornerà senza dubbio ai suoi standard abituali: una serata storta capita anche ai migliori.
Banale, ma a conti fatti poi non così tanto, sottolineare i cambi di Mancini che hanno risolto la pratica austriaca: Andrea Pessina e Federico Chiesa, subentrati rispettivamente allo stesso Barella e allo spento Berardi, hanno indirizzato risultato e qualificazione. In competizioni di breve durata come l’Europeo in cui sono i dettagli a fare la differenza, la capacità di leggere i molteplici scenari della partita e la prontezza nello scegliere i giocatori giusti al momento giusto, rappresentano un valore aggiunto e attribuiscono valore alla forza del collettivo italiano. Tutti i componenti della rosa sono potenziali titolari: sarà proprio questo l’x-factor di un sodalizio privo di una stella di prima grandezza ma trainato dalla perseveranza del collettivo?
Il prezioso successo con l’Austria deve sì esaltare il gruppo azzurro che non dovrà però perdere la bussola dell’umiltà: gli eccessivi elogi dispensati qua e là dai media nazionali e internazionali sul bel gioco italiano sono risultati quasi controproducenti per la sfida da dentro-fuori con l’Austria. Un hype dilagante che riporta in auge il dilemma dei dilemmi in salsa pallonara: bel gioco o risultato? Mancini è riuscito nell’intento di unire, dal suo insediamento a Coverciano, l’utile al dilettevole. La vittoria dei nuovi “Leoni di Wembley” che potremmo definire “sporca e cattiva” per le modalità con le quali è arrivata, dà consapevolezza e infonde sicurezza nel gruppo azzurro.
L’Italia versione Euro 2020 è una versione double face al netto delle quattro gare disputate finora: che sia propositiva e spettacolare (con Turchia e Svizzera) o pratica (con Galles e Austria) non sembrano esserci differenze sostanziali. Il comune denominatore è sempre e solo uno: la vittoria. Da perseguire anche il prossimo 2 luglio all’Allianz Arena di Monaco di Baviera per regalarsi la semifinale. Gli Azzurri se la vedranno con una delle due grandi favorite alla vittoria finale: il Belgio di Romelu Lukaku sfida il Portogallo di Cristiano Ronaldo campione in carica. Se i lusitani puntano tutto sulla tecnica, il sodalizio belga unisce fisicità e forza fisica al talento individuale. All’Estadio de la Cartuja di Siviglia solo una sorriderà.
Chi, a Londra, ha sorriso e gioito senza alcun freno è Gianluca Vialli. Sono infatti virali le immagini che lo ritraggono in un abbraccio fraterno con il gemello del gol – e amico fraterno – Mancini. “Spero il cancro si stanchi”, ha dichiarato Vialli alla vigilia dell’Europeo commentando la malattia che lo ha colpito al pancreas nel 2017. I più attenti ricorderanno Wembley come il teatro di una grande delusione per i “gemelli del gol”: il 20 maggio 1992, con la Sampdoria campione d’Italia, condivisero l’atroce delusione per la sconfitta in finale di Coppa dei Campioni contro il Barcellona. Dalla delusione di quasi 30 anni fa agli abbracci senza fine di oggi. Con la speranza che Wembley, stavolta, possa essere davvero il teatro della rinascita su tutti i fronti.