Se è un sogno non svegliateci. Oltre ogni più rosea aspettativa, oltre i pronostici e le scaramanzie di rito: l’Italia in semifinale all’Europeo è una realtà concreta. Siamo onesti: nessuno, tra addetti ai lavori o semplici tifosi, avrebbe scommesso una sola fiche sull’Italia protagonista alla rassegna continentale: un mero sogno, relegato negli angoli più remoti delle aspettative di un Paese al quale gli Azzurri stanno restituendo progressivamente, e nel loro piccolo, sorrisi e spensieratezza spazzati via dalla pandemia. Se al mero risultato dell’Allianz Arena di Monaco di Baviera sottolineiamo anche la qualità di gioco espressa finora da Insigne & co., allora è lecito iniziare a sognare in grande.
La partita con il Belgio, la nazionale più forte al mondo ranking Uefa alla mano, è il classico esame superato a pieni voti dalla selezione di Roberto Mancini. E se abbiamo più volte sottolineato la forza del gruppo, il vero x-factor dell’Italia, stavolta non possiamo non menzionare il carattere e l’aggressività di una Nazionale che ha affrontato il più quotato avversario ad armi pari ma con immenso coraggio, la giusta dose di spregiudicatezza e un pizzico di umiltà. Ingredienti ai quali sommare il sangue freddo dei ragazzi azzurri nei momenti chiave del match: il rigore dubbio concesso al Belgio e alcune scaramucce di matrice rusticana tra i centrali di difesa fiamminghi e il duo Insigne-Barella, mattatori della notte magica in terra teutonica.
Prestazione di livello quella dell’esterno offensivo partenopeo, in serata di grazia e sugli scudi dopo l’ottima gara d’esordio con la Turchia. Sarebbe esercizio di disarmante semplicità menzionare la pennellata che è valsa il 2-0 in quanto la partita di Insigne racconta molto più del meraviglioso gol del raddoppio: superiorità numerica costante (coadiuvato dallo sfortunato Spinazzola: per lui si parla di rottura del tendine d’Achille), dribbling mortiferi sui malcapitati avversari e tanta qualità nelle singole giocate. Se Insigne è monumentale, Nicolò Barella riesce nell’impresa di superarsi in ogni gara e che si tratti di Inter o di Nazionale non fa alcuna differenza. La serata dell’Allianz Arena è quella della consacrazione definitiva, a livello internazionale, del “tuttocampista” sardo: dal gol “alla De Bruyne” per capacità di inserimento unita a una chirurgica precisione nel tiro che ha sbloccato il match fino a una prestazione di sostanza – e al contempo di onnipresenza – “alla N’Golo Kanté”.
Lorenzo Insigne messo sotto pressione da Youri Tielemans. 📷 Claudio Villa/Getty Images
Note di merito anche per altri due pilastri della Nazionale: Marco Verratti ha dato sicurezza a tutto il reparto con la sua ormai datata esperienza internazionale, dettando i tempi della linea mediana azzurra con un’inconfondibile classe. Non analizziamo a fondo la prova di Jorginho per il semplice fatto che rischieremmo di essere ripetitivi: ci limitiamo a definirlo perfetto, impeccabile, anche dinanzi a due centrocampisti fisici come Tielemans e Witsel. Da standing ovation anche la prova di Giorgio Chiellini: in dubbio fino all’ultimo per un infortunio al flessore della coscia destra, il centrale juventino sfodera una performance senza sbavature. È una saracinesca, una diga dinanzi alla quale anche un gigante come Romelu Lukaku non riesce a sfondare. Guida il suo compagno di reparto Bonucci a una prova sontuosa e comanda il reparto con la consueta leadership da capitano.
Chiosa finale interamente dedicata all’artefice della cavalcata azzurra, il CT Roberto Mancini: continua a infrangere record su record, raccogliendo finalmente i frutti del noto processo di ricostruzione post fallimento di Giampiero Ventura. La vittoria sul Belgio è l’inno alla rivoluzione tattica del calcio in Italia: l’attitudine difensivista, “catenacciara” con la quale l’Italia si è laureata quattro volte campione del mondo, ha progressivamente lasciato spazio al 4-3-3 a trazione anteriore e fantasia che poco in comune ha con la tradizione calciofila nostrana. Martedì a Wembley gli Azzurri sfideranno i maestri del calcio offensivo moderno: la Spagna di Luis Enrique. Le Furie Rosse, nonostante le pesanti critiche mosse dalla stampa iberica nelle ultime settimane, sono riuscite a staccare il pass per la semifinale superando la sorpresa Svizzera ai calci di rigore. Non sarà la Nazionale di Sergio Ramos, di Fernando Torres o di Andrés Iniesta che ha dominato Europa e Mondo tra il 2008 e il 2012 ma la Roja, pur modificando gli interpreti, non muta l’impostazione tattica del suo gioco. Appuntamento quindi a martedì 6 luglio: solo una delle due compagini avrà il privilegio di godersi fascino e maestosità di Wembley per due gare consecutive.