Che si ami il Natale come un elfo di Santa Klaus o che si abbia verso la ricorrenza un atteggiamento simile a quello del Grinch, un fatto è certo: in questo periodo dell’anno si è letteralmente perseguitati dal suono di campanelle che trillano vivaci, alla radio e alla televisione, mentre ci troviamo in macchina o dentro i centri commerciali. Si tratta delle canzoni di Natale, le “carole” -dal francese carole, originariamente danza accompagnata dal canto- che contribuiscono in maniera determinante a creare l’atmosfera natalizia; siamo abituati ad ascoltarle e canticchiarle distrattamente, presi da mille incombenze, ma oltre a ritornelli orecchiabili e melodiosi giri d’arpa, numerose carole possiedono una storia affascinante.
È il caso, per esempio, di “Carol of the Bells”, canto solenne nella sua semplicità, noto ai bambini degli anni ’90 soprattutto nella versione orchestrata da John Williams per il film “Mamma ho perso l’aereo”; l’origine della melodia, un motivo popolare ucraino, si perde nella notte dei tempi, ma all’inizio del ‘900 il compositore e direttore di coro Mykola Leontovych lo adattò in un canto beneaugurante per il nuovo anno.
All’epoca l’Ucraina era attanagliata dalla guerra civile e l’Europa, presto, sarebbe stata insanguinata dalla Prima Guerra Mondiale, così Leontovych decise di scrivere un testo che infondesse speranza nel futuro, per il Coro della Repubblica Ucraina: nacque così “Shchedryk”, “Generoso”, un canto in cui l’arrivo di una rondinella in un paesaggio innevato annuncia con il suo cinguettio l’imminente arrivo della primavera. Giunto in America grazie al tour mondiale del Coro Nazionale Ucraino sulla soglia degli anni ’30, “Shchedryk” si trasformò in “Carol of the Bells” grazie all’intuito di Peter Wilhousky, giovane di origini ucraine che scrisse il testo in inglese oggi universalmente noto, in cui si racconta del suono gioioso delle campane la mattina di Natale.
“Stille Nacht”, meglio nota come “Silent Night”, è un canto di origine austriaca, le cui parole furono scritte nel 1816 dal sacerdote di Salisburgo Joseph Mohr, parroco nella regione del Lungau; trascorsero ben due anni prima che Mohr trovasse qualcuno in grado di comporre la musica giusta per il suo testo: si trattava di Franz Xaver Gruber, maestro elementare e organista a Oberndorf. Stranamente, però, Mohr non chiese a Gruber una partitura per organo, bensì per due voci soliste, coro e chitarra; leggenda vuole che il mantice dell’organo nella chiesa di San Nicola a Oberndorf fosse stato rosicchiato dai topi e la riparazione fosse troppo costosa per essere effettuata.
La prima esecuzione pubblica del brano avvenne la notte della Vigilia di Natale del 1818 e, da quel momento, furono il fabbricante di organi Karl Mauracher e le famiglie Strasser e Rainer a diffondere nel cuore dell’Europa “Stille Nacht”, che venne adattata in lingue diverse in tutto il mondo; la versione italiana, “Astro del Ciel”, ha un testo originale, composto sulla melodia di Gruber dal sacerdote Angelo Meli a Bergamo, nel 1937. Per chi fosse interessato a conoscere la storia completa di questa carola, si raccomanda la visione del documentario “Silent Night – Una canzone per la pace” disponibile su Prime Video con la voce narrante di Hugh Bonneville.
Meno solenne, ma di certo più spassosa, la canzone “Rudolph the Red-Nosed Reindeer” si basa su un libricino per ragazzi pubblicato negli Stati Uniti nel 1939 e scritto da Robert L. May; si racconta la storia della piccola renna Rudolph, dotata di un naso rosso e luminoso che, in una tempestosa notte di Natale, funge da segnale-guida alla slitta di Babbo Natale, altrimenti portata fuori strada dalla furia degli elementi. La storia di questa piccola renna “outsider”, tra le più note Cupid, Comet, Dasher, Dancer, Prancer, Vixen, Dunder e Blitzen, riscosse un grande successo, tanto che nel 1948 venne adattata in un cortometraggio, a cui fece seguito un fumetto; nel 1949 il compositore Johnny Marks, cognato di May, compose la canzone dedicata a Rudolph, che nel 1950 raggiunse il primo posto nella celebre classifica della rivista Billboard.
Risale a un’antica melodia del 1500, su cui venne adattato il testo di una filastrocca per bambini pubblicata per la prima volta a Londra nel 1780, la carola “Twelve Days of Christmas”, dalla struttura tipicamente cumulativa. In ogni strofa si elencano via via tutti i doni che il/la protagonista riceve dal suo amore nei “Dodici Giorni di Natale”, quelli tra Natale e l’Epifania; la particolarità della carola è rappresentata dal fatto che, secondo alcune interpretazioni, rappresenterebbe una sorta di promemoria clandestino dei princìpi della religione cattolica, recitato negli anni in cui questa era osteggiata dalla monarchia inglese: “a partridge in a pear tree” -la pernice sul pero- rappresenterebbe Gesù, “three french hens” -le tre galline francesi- le tre virtù teologali, e così via.
Concludiamo questo piccolo viaggio musicale con due grandi classici: “Tu Scendi dalle Stelle” e “Jingle Bells”. Il primo è forse il canto di Natale italiano più famoso, ma in pochi forse sanno che la versione originale si intitolava “Quanno nascette Ninno” e venne scritta in lingua napoletana, per la prima volta nella storia utilizzata per una carola natalizia; il testo venne poi adattato in italiano dallo stesso autore, il vescovo e santo Alfonso Maria de’ Liguori, nel dicembre del 1754. Per quanto possa sembrare impossibile, invece, “Jingle Bells” è nata come canto da intonare nel giorno del Ringraziamento, non a Natale: si narra che il compositore James Pierpont abbia composto il brano nel 1857 a Medford, nel Massachusetts, ispirato dalle corse con le slitte che si svolgevano in città nel periodo invernale.
E voi, siete pronti a tirare fuori i vostri slittini e a far tintinnare le campanelle sulla neve?