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“Non potho reposare”: un inno d’amore che trascende il tempo e lo spazio

Dalla poesia “A Diosa” di Salvatore Sini alla canzone di Giuseppe Rachel, la storia del brano che è diventato un simbolo della Sardegna

di Chiara Medinas
22 Settembre 2023
in Folklore & Tradizioni, Musica
🕓 4 MINUTI DI LETTURA
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Dettaglio di un abito tradizionale sardo. 📷 AdobeStock | nextyle

📷 AdobeStock | nextyle

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Linguaggio distintivo e non universale, la musica è sempre stata per le culture un modo per trasmettere stati d’animo, ma soprattutto per esprimere la propria identità in quanto membri di una comunità. Connubio di specifiche sonorità e parole, ogni prodotto musicale prende ispirazione da momenti, luoghi o anche dalla stessa letteratura come nel caso di “A Diosa”, conosciuta come “Non potho reposare” in virtù dell’incipit. I suoi meravigliosi versi trascendono tempo e spazio, continuando ad emozionare dal ‘900 ad oggi chiunque l’ascolti.

Parte integrante della storia sarda, “Non potho reposare” nacque nel corso del XX secolo a Nuoro, allora protagonista di un fermento culturale legato al rinnovato interesse per la cultura popolare. In campo musicale tale propensione portò ad ispirarsi a melodie tradizionali per nuovi arrangiamenti o a creare basi per mettere in musica poesie in lingua. In quest’ultima casistica rientrava anche “A Diosa” di Salvatore Sini, poesia successivamente musicata da Giuseppe Rachel.

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Autore del testo, il sarulese Salvatore Sini intrecciò il suo destino con Nuoro per frequentare le scuole e studiare poi Giurisprudenza. Avviatosi alla carriera giuridica, egli tuttavia non rinunciò mai alla passione per la letteratura, cimentandosi anche nella composizione di poesie in italiano e in lingua sarda. Tra i suoi scritti – appuntati in diari – il 23 luglio 1915 comparvero i versi di “A Diosa” (“Alla Dea”), poesia d’amore che forse Sini aveva già deciso di far mettere in musica e che portò a collaborare con Giuseppe Rachel, compositore con cui aveva già lavorato a progetti simili. Accompagnata da chitarra e mandolino, a fine dello stesso anno fu eseguita per la prima volta in pubblico, riscuotendo discreto successo.

Come già accennato, la canzone di Rachel deriva dall’omonima poesia, espressione derivante dal sardo “endiosare”, cioè “divinizzare”. La destinataria dei versi sarebbe quindi “Diosa”, una donna così bella da essere paragonata a una Dea ed instillante nel mittente un amore che non lo fa dormire (“Non potho reposare amore ‘e coro/Pensende a tie so d’onzi momentu” ossia “Non posso riposare amore del mio cuore/Sto pensando a te ogni momento”). Il forte sentimento costituisce il filo conduttore dell’intero componimento, dove l’affetto per Diosa si manifesta e culmina in “T’assicuro che a tie solu bramo/Ca t’amo forte t’amo, t’amo e t’amo” (“Ti assicuro che desidero solo te/Perché ti amo tanto, ti amo, ti amo”). Parole che non rimangono inascoltate e che la stessa Diosa contraccambia nel suo “A Diosu”, risposta all’amato che denota come le 2 poesie di Sini raccontino una corrispondenza a distanza.

Dettaglio di un abito tradizionale sardo. 📷 AdobeStock | nextyle

A quasi 15 anni dalla prima esecuzione pubblica, nel 1929 “A Diosa” travalicò i confini nuoresi grazie al tenore mogorese Maurizio Carta, che incise 3 strofe della canzone su supporto discografico. Malgrado il basso riscontro, il contributo del cantante creò i presupposti per la diffusione capillare della canzone, la cui storia subì una svolta solo negli anni ‘60 del ‘900. In tale frangente vennero difatti incise due nuove versioni rispettivamente del Coro Barbagia e del Coro di Nuoro, che con il loro ingresso nel mercato discografico la fecero conoscere in tutta la Regione.

Dopo un’ennesima evoluzione a partire dalla fine degli anni ‘70 – quando il brano passò dall’esecuzione prettamente in coro all’essere cantata anche da voci soliste – col decennio successivo la canzone dilagò ulteriormente con il contributo di personalità come Maria Carta e Franco Madau, per poi arrivare agli anni ’90 e 2000. In questo periodo iniziarono a convivere molteplici versioni, passando da reinterpretazioni di fama nazionale, – memorabile quella del gruppo Tazenda, inclusa nell’album “Tazenda” del 1988 – fino a rivisitazioni più tradizionali, tra cui spiccano per esempio le rielaborazioni del suonatore di launeddas Luigi Lai e dei Tenores di Bitti “Remunnu ‘e locu”.

Ormai parte integrante dell’identità sarda, “Non potho reposare” si è gradualmente impregnata di un amore non più solo individuale come in origine, ma anche collettivo. Tale sentimento ha raggiunto il cuore di molti e ha assunto connotazioni riguardanti anche contesti musicali inediti. In proposito è interessante il caso degli Sconvolts, tifoseria del Cagliari Calcio che negli anni ’90 decise di riprendere la melodia di “Non potho reposare” e di adattarla ad un nuovo testo. Solitamente eseguito prima dell’inizio della partita, il canto non viene accompagnato dalla musica ma è comunque facilmente riconoscibile, segno ulteriore del valore rivestito dal brano per la nostra isola.

Tags: A DiosaGiuseppe Rachellingua sardamusicaSalvatore SiniSardegna
Chiara Medinas

Chiara Medinas

Assidua frequentatrice di musei e grande amante delle pardule, la curiosità è la mia musa ispiratrice. Se è vero che la bellezza sta negli occhi di chi guarda, credo non ci sia sensazione migliore che provare stupore per le piccole cose.

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