“Ho buone notizie, il cinema è in gran forma!”. Ha esordito con queste parole Isabelle Huppert, presidente della Giuria dell’81ª Mostra Internazionale d’Arte cinematografica di Venezia, alla cerimonia di premiazione della manifestazione, che si è svolta ieri sera nella Sala Grande del Palazzo del Cinema.
Nelle sue parole, il senso del cinema, la sua magia, termine abusato, ma efficace nel descrivere le infinite possibilità di “immaginare” che si aprono davanti al grande schermo: si sta seduti su una poltroncina, ma si viaggia in tutto il mondo “geograficamente, mentalmente, nel tempo”, ha affermato ancora Huppert; attraverso lo schermo, il cinema si fa finestra aperta sul mondo e lascia intravedere “invenzione, creatività, cura e attenzione”. Quattro parole ben scelte, che sintetizzano il significato dei riconoscimenti assegnati, focalizzati sui temi dell’attualità storico-politica e ambientale e, in generale, sul concetto di umanità, declinata in differenti contesti sociali e culturali.
Esemplare, in questo senso, il Leone d’Oro per il miglior film assegnato a “The room next door” di Pedro Almodóvar, in cui si affronta il tema dell’eutanasia: Tilda Swinton e Julienne Moore interpretano due amiche unite dal rispetto per la dignità umana e dal palco il regista ha rivolto un appello alle istituzioni politiche e religiose, affinché non mettano in discussione la libertà dei singoli in materia di fine vita.
Leone d’Argento Gran Premio della Giuria per “Vermiglio” di Maura Delpero: la Grande Guerra raccontata nel contesto di un paesino di montagna del Trentino, in cui una giovane donna resta incinta dopo aver subito violenza da parte di un soldato; la regista ha fortemente difeso la scelta di girare in dialetto e ha posto l’attenzione sul tema del sostegno alla maternità, in una società ancora strutturata sull’imposizione del lavoro di cura alle donne.
Il Premio speciale della Giuria è stato invece assegnato al film “April” di Dea K’ulumbegashvili, racconto a tratti brutale ma visivamente espressivo sul tema dell’aborto clandestino in Georgia.
Leone d’Argento Premio per la miglior regia a Brady Corbet per “The Brutalist”, la storia di un architetto ebreo ungherese sopravvissuto all’Olocausto, interpretato da Adrien Brody, che negli Stati Uniti vive il tipico “sogno americano”, salvo poi trasferire nella sua opera più ambiziosa i traumi mai del tutto superati della guerra; il Premio per la miglior sceneggiatura è stato invece conferito a Murilo Hauser e Heitor Lorega per “Ainda estou aqui”, diretto da Walter Salles, duro racconto della dittatura militare in Brasile negli anni ‘70, attraverso gli occhi di una moglie e madre che lotta per ritrovare il marito sequestrato dal regime.
Grande emozione ha suscitato l’assegnazione della Coppa Volpi per la migliore attrice a Nicole Kidman per il film “Babygirl” di Halina Reijn, in cui si esplorano le sfaccettature più torride del desiderio femminile, nel contesto, ai limiti dell’abuso, della relazione tra un’affermata manager e il suo giovane stagista; purtroppo, l’attrice, raggiunta dalla notizia della morte di sua madre, ha dovuto affidare alla Reijn un breve messaggio di ringraziamento, incentrato sulla crudele sovrapposizione tra arte e vita. La Coppa Volpi per il miglior attore è stata invece assegnata a Vincent Lindon, protagonista di “Jouer avec le feu” delle sorelle Delphine e Muriel Coulin, per l’intensa interpretazione di un padre chiamato a confrontarsi con le ideologie neofasciste abbracciate da suo figlio; Premio Marcello Mastroianni per un giovane attore emergente tributato invece a Paul Kircher.
Di certo, i film premiati dalla Giuria hanno posto l’accento su tematiche capaci di raccontare il mondo moderno, attraversato da conflitti sociali, politico-culturali e economici gravissimi, ma l’81ª edizione della Mostra ha celebrato anche la spiccata attitudine glamour del mondo del cinema, con una parata di star che hanno animato il tappeto rosso per tutta la durata della manifestazione: Tim Burton, Michael Keaton, Winona Ryder, Jenna Ortega e Monica Bellucci per il film “Beetlejuice Beetlejuice”; George Clooney e Brad Pitt per l’action comedy “Wolfs – Lupi solitari”; Joaquin Phoenix e Lady Gaga, protagonisti di “Joker: Folie à Deux”; ancora Daniel Craig per “Queer” di Luca Guadagnino e, infine, l’attrice Sigourney Weaver e il regista Peter Weir, premiati con il Leone d’oro alla carriera.
Per quanto il presidente della Fondazione “La Biennale di Venezia” Pietrangelo Buttafuoco, in chiusura della Cerimonia di premiazione, abbia ribadito la necessità di sostenere i film nelle sale, la Mostra ha dedicato un’ampia sezione alle serie tv: tra le più importanti, la miniserie Rai “Leopardi – Il poeta dell’Infinito”, con la regia di Sergio Rubini; “Disclaimer”, serie targata Apple Tv diretta da Alfonso Cuarón, con Cate Blanchett e Kevin Kline e, infine, “M. – Il figlio del secolo”, serie Sky Original firmata da Joe Wright e tratta dall’omonimo romanzo di Antonio Scurati, in cui si racconta l’ascesa politica di Benito Mussolini, interpretato da Luca Marinelli.
Tra le voci circolate tra gli addetti ai lavori dopo la proiezione, quella secondo cui, se la serie di Wright fosse stata un film, avrebbe meritato il Leone d’Oro, per l’approccio storicamente accurato ma stilisticamente pop -a cominciare dalla colonna sonora firmata da Tom Rowlands dei Chemical Brothers– del racconto. Sempre più spesso, ormai, i linguaggi artistici e i generi cinematografici dialogano tra loro e si contaminano: fortunatamente, sembra che a Venezia siano ben consci dell’importanza di questa evoluzione.