Intelligenza artificiale, industria tessile e abbigliamento sono questi i tre pilastri portanti di AI-Textiles. Il progetto di trasferimento tecnologico dell’Università di Cagliari, coordinato da Fabio Roli direttore del laboratorio Pattern Recognition and Application Lab (PRA Lab), finanziato da Sardegna Ricerche nell’ambito del programma POR FESR Sardegna 2014/2020, azioni cluster top-down, che coinvolge diverse aziende del settore tessile sardo. L’obiettivo è quello di sviluppare indumenti del futuro facendoli diventare “intelligenti” grazie a speciali tessuti che inglobano al loro interno un sofisticatissimo dispositivo elettronico che permette di rilevare le condizioni ambientali, come temperatura, umidità, battito cardiaco, per poi analizzare i dati ottenuti e “reagire” di conseguenza.
“Gli indumenti nel corso della storia – racconta il coordinatore del progetto – sono sempre stati fatti da materiali più o meno naturali e inerti, come il classico cotone, con la funzione principale di ricoprire al meglio il corpo umano e proteggerlo dagli agenti atmosferici”. Da qui nasce quello che sarà il futuro degli indumenti intelligenti: un abbigliamento che in maniera attiva riesca a cambiare le sue proprietà e cambiare anche se stesso in funzione o del mondo esterno o di quelle che sono le esigenze della persona.
“Combinando le capacità – aggiunge il docente –, che oggigiorno sono spintissime, di tessere un materiale con qualunque altro, siamo in grado di cucire assieme al cotone dei fili elettrici che producono dei segnali che possiamo manipolare lasciando integre le caratteristiche del tessuto originale”. Tessuti flessibili, elastici, lavabili e resistenti all’usura ecco come sono le stoffe sviluppate all’interno del laboratorio dell’università del capoluogo di regione che non si differenziano da quelli dell’industria tessile normale.
Sono tantissime le applicazioni che si possono sviluppare. “Ad esempio – racconta il coordinatore -, un abito o una maglietta che si accorga del livello di traspirazione, ossia di quanta umidità io ho nel corpo, e che quindi allarghi o stringa le sue maglie, che normalmente formano l’intreccio del tessuto, permettendo una maggiore areazione e una migliore dispersione, o all’opposto, accumulo, del calore. Ma sono moltissime le informazioni che attualmente sono rilevabili, come il battito cardiaco o la respirazione, per citarne alcune, e piano piano si spera che molti altri parametri verranno attivati in modo da rispondere in maniera completa alle sollecitazioni del mondo esterno o quelle del corpo della persona”.
Non solo abiti. “Un’altra applicazione – continua il responsabile scientifico del progetto – degli AI-Textiles è quella di adattare questi intrecci anche ai materassi. Come per gli indumenti anche il materasso è composto da fibre tessili e partendo da questa considerazione siamo riusciti a sviluppare un prototipo che si “accorge”, ad esempio, quando viene bagnato. Un “percepire” che ovviamente è dato dell’elettronica. Oggi siamo in gado di capire se un oggetto è perfettamente asciutto o è bagnato semplicemente misurando la quantità d’acqua presente (analisi) e, ad esempio, rispondere, e quindi reagire, a questa sollecitazione esterna attraverso un sms, o un altro tipo di segnale, di modo da poter intervenire. Un’altra applicazione che si collega ai materassi – aggiunge il docente – è quella di sviluppare tessuti che si accorgano di quanta pressione si sta esercitando in un determinato punto oppure di come la sto esercitando, se ci sono poggiato sopra in modo uniforme o soprattutto se la pressione esercitata è soltanto in alcune parti. Anche in questo caso a seconda delle analisi si risponde in maniera automatica e si reagisce di conseguenza”.
Tessuti che in questo modo diventano smart ma che ci portano a fare una riflessione sullo stesso modo in cui li definiamo. “Chiamarli intelligenti può essere una parola un po’ grossa, un po’ fuorviante – precisa Fabio Roli – ma che sta a definire un netto passo in avanti rispetto all’esistente. Oggi abbiamo dei tessuti, soprattutto nell’abbigliamento sportivo, chiamati intelligenti, ma che agiscono in maniera un pò stupida, passiva, che non analizzano e non rispondono. Ed è questa la reale novità di questi materiali, entro certi limiti, altrimenti sembra fantascienza: saranno loro a fare ciò che in genere facciamo noi”.
“Il sogno – conclude il docente –, oggettivamente impossibile, è quello di sviluppare dei tessuti che partendo dal mio sudore, dal calore, dagli enzimi che produco, riescano a rilevare qualsiasi malattia e poter intervenire in tempo”.