Quando pensiamo agli uomini che agiscono nella violenza, fisica o psicologica, pensiamo a uomini incapaci di stare con gli altri, che l’hanno subita dai loro padri che, forse, a loro volta la subivano. Ma non sempre è così.
Sono uomini come tanti, quelli della porta accanto: professionisti affermati, padri di famiglia, mariti fedeli. Uomini normali, dove però la normalità deriva da una società e una educazione culturale fondata sul machismo, cresciuti nelle differenze di genere, in famiglie che, forse, hanno usato la violenza come metodo educativo. Non sono malati, non sono dei mostri, ma in un determinato momento della loro vita, mettendo in essere uno o più comportamenti che, complessivamente, formano l’insieme della violenza di genere, non hanno saputo gestire la rabbia, sfogandola contro compagna, moglie o figli.
Uomini che, sempre più spesso, dopo aver visto le conseguenze del loro gesto, e aver letto il terrore negli occhi della donna, da soli o spinti dalla compagna, decidono di chiedere aiuto. Gran parte di loro lo fa spontaneamente, spaventati dalle loro stesse azioni dove per primi non si riconoscono, forse anche turbati da ciò a cui i loro figli hanno assistito o subito. Molti ne prendono coscienza dopo aver visto la compagna allertare le forze dell’ordine o abbandonarli; alcuni rapporti si sciolgono, altri invece si recuperano.
Dal 2014, gli uomini possono rivolgersi al CAM, Centro di Ascolto per Uomini Maltrattanti – a Sassari, Nuoro, Olbia e Oristano – dove uno staff multidisciplinare coordinato dalla dott.ssa Nicoletta Malesa, con incontri prima individuali e poi di gruppo, li accompagna, attraverso percorsi specifici, a riconoscere e consapevolizzare i loro comportamenti.
Nel 2009 a Firenze nasce il primo CAM che si prefigge lo scopo di arginare i fenomeni di violenza sulle donne, intervenendo su coloro che la mettono in atto, prima che possa degenerare in conseguenze ben più gravi. Si tutela la vittima cercando di eradicare la causa alla base, seguendo programmi nazionali ed europei in una rete di ascolto e di prevenzione.
I dati Istat parlano di maltrattamenti su tre donne ogni dieci ma, considerando il sommerso, sono molte di più.
La violenza ci riguarda tutti: il femminicidio è il gesto estremo di un fenomeno che non è episodico ma strutturale nella nostra società, e occorre guardarlo da entrambe le prospettive per tutelare la donna attraverso programmi di cambiamento e recupero rivolti agli uomini, arrivando ad intaccare il loro senso di legittimazione con la modifica di un sistema educativo che non può essere giustificante.
Occorre una strategia comune integrata nelle realtà pubbliche quali scuole, strutture sanitarie e forze dell’ordine. Occorre sensibilizzare le nuove generazioni per riuscire a modificare i comportamenti di possesso, di arroganza e di negazione della volontà delle donne.