Immaginiamo di poter cambiare radicalmente le qualità della materia.
Immaginiamo sia possibile ricombinare gli elementi a nostro piacimento, trasmutare i metalli vili in oro. Simili credenze oggi sono solo fantasie magiche ma finché non arrivò la scienza moderna nel XVIII secolo, erano largamente accettate. Nell’epoca in cui gli alchimisti la fecero da padrone, la ricerca di trasformare il piombo in oro non fu solo un fallimentare tentativo di arricchimento: fu soprattutto un tentativo di carpire il segreto aureo dell’incorruttibilità per raggiungere la perfezione dell’anima.
In questa epoca moderna dove invece l’alchimia è ormai sparita, la ricerca dell’andare oltre al materiale è appannaggio degli artisti. Quanto è vero che non tutte le arti hanno una linea diretta con la realtà immanente, tanto è vero che chi manipola la materia piegandola al proprio volere è ancora visto come una sorta di medium in grado di accedere ad altri mondi.
A questo si pensa, quando si osserva l’opera di Roberto Ziranu, di Orani, che ormai prossimo ai cinquant’anni è in grado di ottenere dal ferro non semplici oggetti, ma nuclei di senso, concetti immateriali fatti di materia.
Definirlo “fabbro” sarebbe riduttivo benché la radice familiare sia proprio quella. Nato nella bottega del padre Silverio, appena ventenne insegue la sua visione della forgiatura, trova il coraggio di aprire una bottega propria e la caparbietà per farsi un nome e lasciare il segno, ottenendo la stima di molte persone e dei media che pubblicizzano i suoi complementi d’arredo lavorati esclusivamente a mano. L’attività canonica da fabbro quindi non gli basta: Roberto ha qualcosa da dire che non può essere taciuto.
Approdato a Nuoro trentacinquenne, padre con tutta la famiglia al seguito, appronta un’ampia e luminosa bottega che gli consente di dare respiro alle sue visioni: dopo studio e ricerca, non solo diviene un eccellente forgiatore, ma scopre una vera e propria identità nascosta nel ferro. Brunitura, incisione, fiammatura: Roberto scopre che utilizzando sapientemente la fiamma sull’oggetto è in grado di ottenere ogni colorazione possibile. Abbiamo allora la linea di quadri fiammati “Riflessi di Luce”, complementi d’arredo, sculture (il suo “Corpetto Femminile” verrà premiato alla Biennale Internazionale d’arte di Roma del 2018), ma è su alcune opere in particolare che questa tecnica esprime tutto il suo potenziale.
Meravigliose “Le Vele”, ideate nel 2008 per incoraggiare gli sfortunati dell’alluvione di Capoterra, poi ufficializzate alla sua prima personale “Quando il metallo…” all’EXMA di Cagliari (2011) e ancora riconfermate nel 2017 per il 50° anniversario della Costa Smeralda tramite lo Yacht Club di Porto Cervo. Anche Piazzetta Darsena a Cagliari ne ospita una: scultura di tre metri dedicata al velista cagliaritano campione del mondo Andrea Mura per la sua duplice vittoria dell’OSTAR (attraversata transatlantica in solitaria). Pensate alle sensazioni che richiama il ferro e ora invece a quelle di una vela gonfiata dal vento che solca i mari. Sono quasi agli antipodi, ma nelle opere di Ziranu coabitano senza negarsi.
La materia rispecchia la sua tempra: stabile e senza fronzoli, netta, senza sbavature, ma al contempo leggera, ariosa, difficile da contenere, spinta perpetua che lo porta a solcare i mari della creatività. Con questa volontà di scoperta si è ora avventurato nella creazione di altri “nuclei di senso”: le farfalle. Una simbologia che tutti conosciamo ma su cui è bene riflettere; se da bruco a farfalla si perde la resistenza in cambio di una libertà caduca, da ferro grezzo a opera d’arte si guadagna senso, concetto, significato. La farfalla come emblema della metamorfosi ci riporta di nuovo all’alchimista, a chi vuole innalzare la propria coscienza trascendendo la corporeità per emanciparsi da essa. Appena conclusa la mostra “Anima ferrosa” presso il Museo Archeologico di Olbia che le ha portate al mondo insieme a circa sessanta opere, ad ottobre conquisteranno Assisi: farfalle, vele, piatti iridati dalle sfumature che incantano.
Abbiamo voluto raggiungerlo per approfondire alcuni aspetti.
Roberto, stare davanti alle tue opere quasi ipnotizza. Qual è il tuo rapporto con loro?
Creare è sicuramente la cosa più bella che ad un uomo possa capitare, ogni volta è un’emozione nuova, ogni volta è un racconto diverso, è vivere bene con se stessi. Guardare una propria opera è come guardare i propri figli: sei orgoglioso di quello che hai fatto, quell’opera rappresenta te stesso, e ne sei fiero.
Da dove arrivano?
Ognuna ha una storia; il proprio stato d’animo può essere impresso in un’opera, il tuo viaggio può essere raccontato con un’opera… Molte nascono prendendo ispirazione dalla mia terra, dalle nostre tradizioni, dalla nostra cultura… altre sono semplicemente frutto della mia immaginazione, del piacere di creare… Vele che solcano mari, piatti che illuminano le sale, quadri che raffigurano città immaginarie, farfalle che vivono all’infinito.
Riguardo i tuoi estimatori, cosa puoi dirci?
Fa piacere pensare che queste persone comprino qualcosa da te e poi se ne prendano cura, questo è il bello dell’arte. Quello che più mi fa piacere è che loro attraverso una mia opera riescono a sentire gioia e provare piacere.
Grazie Roberto!
Ricordiamo a chi volesse informazioni sulle prossime mostre di tenere d’occhio Instagram, Facebook oppure robertoziranu.com dove è possibile visionare le opere, oltre che ovviamente su Instagram. Inoltre potremo presto leggere una sua biografia. Attendiamo con piacere!