Un tempo veniva usata per curare la scrofola o scrofolosi, infiammazione dei linfonodi, e da questo ne deriva il nome: Scrofularia. Ma nella stessa epoca, tra il X e il XVII secolo, accadeva che si credesse di poter curare la stessa malattia col tocco della mano di un nobile. In realtà la Scrofularia ha molteplici usi terapeutici, ricca di vitamina C e D, contiene alcaloidi, sali minerali, acido malico, cumarico, butirrico e palmitico e ha proprietà cicatrizzanti, depurative e ipoglicemizzanti.
Veniva utilizzata non solo per le infiammazioni ma anche per le ustioni e le varie malattie della pelle come anche la psoriasi. In Sardegna, le sue foglie riscaldate venivano applicate su pustole e piaghe, da cui il nome di “tirada e sanada” (Tiresana).
La Scrophularia trifoliata o Scrofularia di Sardegna è una specie endemica di Sardegna, Corsica e Arcipelago Toscano. È una pianta erbacea perenne, alta fino a un metro, di odore sgradevole che cresce in ambienti rupestri piuttosto umidi e ombrosi, spesso presso sorgenti o lungo ruscelli. All’Asinara la troviamo tra le rocce tafonate e gli anfratti rocciosi di Punta Scomunica e verso il Castellaccio, nella Giara su substrati ad elevata umidità e non direttamente esposti ai raggi solari dei pauli, o in zone ad elevata altitudine e particolarmente fresche come sul Limbara o Monte Linas, la si rinviene facilmente ai margini dei boschi, nelle radure o ai bordi delle strade.
Il fusto, completamente glabro, è imponente ed eretto, di forma quadrangolare a sezione cava su cui si ergono le foglie opposte su piani distanti e paralleli. Il nome generico deriva proprio dalle foglie tripartite, una apicale molto grande, sino a 20 centimetri, e due laterali nettamente più piccole, soprattutto quelle basali vicino al suolo mentre le superiori sono spesso indivise.
I fiori compaiono nelle ascelle delle foglie tra aprile e luglio, hanno un calice formato da cinque lobi arrotondati con un margine biancastro. Il loro colore varia dal giallo verdastro al pesca con sfumature rosa o rossastre e interno scuro. L’analisi dell’interno della corolla ha dato modo di confermare nuove strategie di impollinazione in un sistema misto tra uccelli e insetti, sistema raro in Europa e nel Mediterraneo che garantisce la riproduzione in un’ampia gamma di condizioni ambientali.
La Scrophularia trifoliata infatti è l’unica del suo genere ad avere due vistose macchie scure all’interno della corolla. Grazie ad esperimenti sul campo e all’analisi del modello ultravioletto, all’analisi istologica e dei pigmenti di queste aree rispetto al resto della corolla e rispetto ad altre specie prive di macchie, si è stabilito come gli impollinatori primari siano vespe e uccelli passeriformi. Le macchie scure infatti, correlate all’abbondante contenuto di antociani, probabilmente agiscono come guida al nettare riuscendo ad attirare sia impollinatori consoni che desueti.
La specie non è attualmente inserita in alcuna direttiva o convenzione comunitaria.
Divisione | Angiospermae |
Ordine | Lamiales |
Famiglia | Scrophulariaceae |
Genere | Scrophularia |
Specie | Scrophularia trifoliata |
Nome italiano | Scrofularia di Sardegna |
Nome sardo | Urtiga maseda, Suimele, Tiresana |
Tipo corologico | Endemismo sardo-corso-arcipelago toscano |
Forma biologica | Emicriptofita scaposa perennante |