Le concerie di Bosa: l’arte della lavorazione delle pelli rivive nel Museo delle Conce

Premiato da AICTC come “Luogo della cultura” 2022, rappresenta una grande testimonianza di archeologia industriale da scoprire

Le concerie sul fiume Temo a Bosa. 📷 Ivoha

Nella costa nord-occidentale della Sardegna, tra le province di Oristano e Sassari, esiste un borgo medievale, circondato da uno splendido mare, con suggestive case variopinte e dove si intrecciano storia, tradizioni ed economia. Si tratta di Bosa, centro principale della regione storica della Planargia, dominato e custodito dall’alto dall’antico Castello dei Malaspina, arroccato sul colle di Serravalle, e attraversato dal fiume Temo, l’unico fiume navigabile dell’Isola.

Proprio lungo la sponda sinistra di questo fiume, accanto al Ponte Vecchio, all’ingresso della città, sono ancora presenti delle costruzioni a schiera, alte e strette, la maggior parte risalenti alla prima metà dell’Ottocento, che fino al secolo scorso ospitavano “Sas Conzas”, le vecchie concerie che si occupavano della lavorazione delle pelli, soprattutto bovine, facendo da traino all’economia del comune.

La loro collocazione, lontana dal centro abitato e vicina al fiume, era strategica, dettata sia dalla necessità di tenere lontani i cattivi odori prodotti proprio durante le prime fasi della lavorazione delle pelli e sia da un’esigenza di approvvigionamento idrico, per poter trattare le pelli con l’acqua salmastra. Erano edifici che esternamente presentavano le stesse caratteristiche delle case storiche della cittadina, essendo costruiti in trachite rossa, fango e calce e con tetti a capanna, mentre al loro interno erano molto ordinati, con gli spazi di lavoro suddivisi in due piani. Al piano terra erano presenti il pozzo per l’acqua, la pressa e i vasconi in muratura dove le pelli venivano immerse per la conciatura, la colorazione e il lavaggio. Al piano superiore, collegato al piano terra da una scala, si trovavano invece le macchine e gli arnesi per le fasi di asciugatura e finitura. Molto rinomata era la produzione della vacchetta, un tipo di pellame che si ricava dalla vacca e che successivamente viene conciato al vegetale, utile per realizzare prodotti di piccola pelletteria e che all’epoca era richiesta soprattutto nel campo della legatoria.

Un’attività, quella della lavorazione delle conce, che sembra risalire addirittura all’epoca degli antichi romani e che, dopo essere stata riscoperta durante il 1600, ha poi conosciuto il suo periodo di massima espansione tra la seconda metà dell’Ottocento e la prima metà del Novecento quando Bosa arrivò ad essere considerata la capitale delle concerie, non solo in Sardegna ma anche nel resto d’Italia, divenendo nota per questa sua specialità persino all’estero e rendendosi protagonista di intensi scambi commerciali, addirittura con la Francia.

Nei primi tempi erano una trentina le imprese dedite alle conce, ma tra il 1860 e il 1887 si arrivò, progressivamente, alla concentrazione dell’attività in due sole aziende di proprietà di due famiglie, quella dei Fratelli Solinas e Mocci Marras da un lato, vincitrice della medaglia di bronzo all’Esposizione Nazionale di Torino nel 1896, e quella Sanna Mocci dall’altro. Alla fine, fu proprio la famiglia Sanna Mocci a gestire l’ultima grande e attrezzata impresa conciaria di Bosa nel 1950, dopo essersi aggiudicata anche il gran premio e la medaglia d’oro alla Fiera internazionale di Roma del 1924. Intorno al 1960 cominciò la crisi e il declino dell’attività, con il conseguente abbandono delle concerie, alcune poi trasformate in magazzini e depositi. 

Per salvaguardare questa preziosa testimonianza di archeologia industriale, alla fine degli anni ‘80 è cominciata un’opera di recupero dei caseggiati che un tempo ospitarono “Sas Conzas”, grazie anche ad un decreto del Ministero dei Beni Culturali e Ambientali che, il 17 ottobre del 1989, ha dichiarato questo complesso di edifici “Monumento Nazionale”. Inoltre, una di queste vecchie concerie, quella appartenuta alla famiglia Poddighe e tra le meglio conservate, risalente addirittura al 1700, è stata convertita in un museo, il “Museo delle Conce”, fortemente voluto dal Comune di Bosa. Questo museo, che viene gestito dalla società TACS Visits&Tours, rappresenta quasi un unicum a livello nazionale, l’Italia, infatti, può vantarne soltanto un altro, il “Museo della Conceria” del Comune di Santa Croce sull’Arno, in Toscana. Da oltre 10 anni la vecchia conceria è meta irrinunciabile per tantissimi turisti e scolaresche che hanno così l’occasione di poter respirare l’atmosfera che si avvertiva nelle industrie di tanto tempo fa e conoscere tutti i segreti della lavorazione delle pelli. Al piano terra sono ancora presenti i vecchi vasconi che venivano utilizzati durante i processi di lavorazione, mentre al piano superiore è possibile ammirare diversi materiali appartenuti famiglia Sanna, i macchinari utili per la rifinitura delle pelli e, soprattutto, le fotografie e i pannelli illustrativi che testimoniano l’importante realtà artigianale dell’epoca.

L’inizio del nuovo anno ha regalato a Bosa e alla sua storica tradizione conciaria un’ulteriore novità. L’Associazione italiana chimica tessile e coloristica (AICTC), in occasione della celebrazione dell’Anno della cultura tessile, ha conferito al Museo delle Conce il diploma di “Luogo della cultura” 2022, titolo volto a promuovere quelle realtà che contribuiscono a trasmettere al grande pubblico le conoscenze sull’industria tessile, l’industria chimica e tutte le attività correlate al tessile, e che viene attribuito ai luoghi segnalati al Consiglio Nazionale dell’AICTC Italy da soci e simpatizzanti proprio per l’unicità dell’Istituzione, dell’Ente o del Museo.

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