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“La Danse & Bolero”: sbarca in Sardegna l’intrigante spettacolo del coreografo israeliano Ronen “Roni” Koresh

In cartellone sotto l’egida del CeDAC, il balletto andrà in scena in prima regionale al Teatro Comunale di Sassari il 10 febbraio per spostarsi poi al Massimo di Cagliari con il duplice appuntamento dell’11 e 12 febbraio

di Redazione
6 Febbraio 2023
in Danza, Eventi, Sardegna
🕓 7 MINUTI DI LETTURA
141 10
"La Danse & Bolero" della Koresh Dance Company. 📷 Contigo Photos and Films Smr

📷 Contigo Photos and Films Smr

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Sbarca nell’Isola la Koresh Dance Company (USA), con “La Danse & Bolero”, intrigante e coinvolgente spettacolo che accosta due creazioni originali del coreografo israeliano Ronen “Roni” Koresh, tra suggestioni pittoriche e musicali, in cartellone in prima regionale venerdì 10 febbraio alle 21:00 al Teatro Comunale di Sassari, con un duplice appuntamento sabato 11 febbraio alle 20:30 (turno A) e domenica 12 febbraio alle 19:00 (turno B) al Teatro Massimo di Cagliari sotto le insegne della Stagione 2022-2023 de La Grande Danza organizzata dal CeDAC / Circuito Multidisciplinare dello Spettacolo dal Vivo in Sardegna.

“La Danse & Bolero” comprende l’avvincente racconto per quadri ispirato ai celebri dipinti di Henri Matisse, figura di spicco della corrente artistica dei Fauves, dall’innovativo e già dirompente “Le bonheur de vivre” alle due versioni de “La Danse”, custodite rispettivamente al Museum of Modern Art di New York e al Museo dell’Ermitage di San Pietroburgo e l’inedita coreografia ispirata al “Boléro” di Maurice Ravel, costruita su una metrica incalzante e ipnotica, in un crescendo ricco di energia e pahos culminante nel travolgente e quasi parossistico finale.

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Sotto i riflettori Melissa Rector, Micah Geyer, Kevan Sullivan, Robert Tyler, Sarah Shaulis, Paige Devitt, Callie Hocter, Devon Larcher e Savanna Mitchell interpretano le rigorose e affascinanti partiture dell’ammaliante composizione per corpi in movimento, dove si alternano pas de deux e pas de trois, quintetti e scene corali, che lascia il posto al ritmo irresistibile del “Boléro”. “La Danse & Bolero” rappresenta in un certo senso il manifesto della compagnia americana, per la prima volta in Italia (e in Sardegna, sotto l’egida del CeDAC), dopo le fortunate e applaudite tournées in Spagna, Turchia, Israele, Messico e Guatemala: «Penso che questi due lavori siano una meravigliosa rappresentazione della versatilità e della capacità della Koresh Dance Company di esplorare molti aspetti diversi della vita e della danza» – afferma il coreografo e direttore artistico Ronen “Roni” Koresh –. «Sono entrambi una celebrazione della vita e il pubblico se ne andrà colmo di gioia e felicemente ispirato».

“La Dance”, trasfigurazione coreutica dell’arte di Matisse su musiche composte da John Levis, impreziosita dai testi poetici scritti e recitati da Karl Mullen, nasce da uno spunto quasi autobiografico: «Il poster de “La Danse” era appeso nella mia camera da letto quando ero bambino, e mi piaceva per i colori e il disegno dei corpi, ma non lo guardavo da persona matura, ero un bambino… e l’ho adorato» – racconta Ronen Koresh –.

«Cinque anni fa, questo dipinto è apparso su Facebook insieme alla storia di un’opera di Matisse rubata a una famiglia durante la seconda guerra mondiale e successivamente recuperata e restituita ai legittimi proprietari. Allora si è risvegliato di nuovo il mio interesse, mi sono soffermato a guardarlo, ma questa volta con occhi diversi. Ho iniziato a vedere il vero significato dietro a questo meraviglioso dipinto. Potevo vedere la vita intorno a noi, il cielo blu e la terra verde e le persone in cerchio che si aggrappavano. Potevo vedere il dolore, potevo vedere la gioia, potevo vedere la lotta e la forza all’interno del cerchio della vita. Questo mi ha ispirato a creare le mie storie su ciò che avevo vissuto, guardando il dipinto. Il mio lavoro come coreografo si occupa di umanità, relazioni e comunità. Ecco perché questo dipinto era perfetto per ciò che aspiro a creare».

Tra i capolavori della storia del balletto, il “Boléro” di Maurice Ravel, creato per Ida Rubinštejn (che lo eseguì per la prima volta all’Opéra national de Paris il 22 novembre 1928, con la coreografia di Bronislava Nijinska), ha affascinato grandi coreografi: dopo la versione cupa e inquietante, quasi “demoniaca” di Aurel Milloss (al Teatro dell’Opera di Roma nel 1944 con Attilia Radice e Ugo Dell’Ara) – e quelle più “classiche” di Harold Lander per il Balletto Reale Danese nel 1934, di Serge Lifar per l’Opéra nel 1941 e di Pilar e Argentinita López nel 1943 – l’interpretazione più celebre è quella firmata da Maurice Béjart per il Ballet du XXe siècle (la prima il 10 gennaio 1961 al La Monnaie/De Munt a Bruxelles con Dufka Sifnios; successivamente il ruolo della protagonista è stato danzato da Maya Plisetskaya a Luciana Savignano, ma esistono anche versioni al maschile, tra cui nel 1979 quella con Jorge Donn e nel 201, quella con Roberto Bolle al Teatro alla Scala).

  • "La Danse & Bolero" della Koresh Dance Company. 📷 Contigo Photos and Films Smr
    📷 Contigo Photos and Films Smr
  • "La Danse & Bolero" della Koresh Dance Company. 📷 Contigo Photos and Films Smr
    📷 Contigo Photos and Films Smr
  • "La Danse & Bolero" della Koresh Dance Company. 📷 Contigo Photos and Films Smr
    📷 Contigo Photos and Films Smr

«Ho sempre voluto coreografare il “Boléro” e sono sempre stato ispirato dalla musica di Ravel» – rivela Ronen Koresh –. «Trovo che abbia molti strati diversi e poiché molti coreografi si sono espressi attraverso questo particolare brano musicale, ho voluto condividere anche la mia interpretazione. Dopo molti tentativi, ho trovato la mia strada attraverso la grande quantità di infinite espressioni, ed è così che il mio “Bolero” ha preso vita. Nel mio studio c’era una finestra sull’atrio, dove i ragazzi si incontrano per socializzare e aspettano l’inizio della lezione dopo le mie prove. Ci stavano guardando mentre provavamo Boléro, e io ho guardato attraverso la finestra e ho visto tutti i bambini che ballavano intorno. Erano davvero buffi e si muovevano in modo molto naturale seguendo la musica. Sono rimasto stupito e ho pensato: “ecco il mio Bolero”. È stato proprio lì, con i bambini intenti a ballare senza paura, con la semplicità e l’innocenza dell’infanzia, che ho trovato l’ispirazione per creare la mia versione del “Bolero”.

Il coreografo israeliano non teme i confronti con i grandi maestri: «Il passato mi ha sempre guidato e mi ha portato portato dove sono oggi, quindi sono grato a tutti i grandi coreografi che sono venuti prima di me. Ho imparato così tanto da loro e oggi esprimo le mie esperienze. Spero di essere un’ispirazione per i coreografi più giovani che verranno».

«La danza è la mia vita e la vita è una danza» – dichiara Ronen “Roni” Koresh –. «Fin da quando ero bambino, mi è sempre piaciuto mostrare ad altri bambini i passi che stavo inventando. Mi piaceva condividere il movimento con le persone. Penso che sia stato l’inizio della mia carriera di coreografo. Amo la narrazione. Amo intrattenere le persone e amo condividere il mio amore per l’arte, specialmente attraverso la danza». Tra i suoi maestri, gli insegnanti che hanno contribuito alla sua formazione, l’artista cita: «In Israele mia madre, Yona Koresh, e poi Alida Gera, Micah Deri, Nira Paz, Moshe Romano. In America Martha Graham, molti insegnanti di Alvin Ailey, Shimon Brown, Luigi e molti altri».

Nel 1991 il coreografo ha fondato la sua compagnia, la Koresh Dance Company: «Ho sempre avuto un certo talento nel creare la danza, nel costruire coreografie per gli studenti. Quando insegnavo alla University of the Arts, ho visto molti studenti laurearsi e la prima domanda che si ponevano era: “dove vado da qui?”. Non era facile trovare una risposta, perché non c’erano molte compagnie di danza in giro mentre c’erano molti ballerini» – ricorda Ronen “Roni” Koresh –. «I miei danzatori mi chiedevano di fondare una compagnia. Ero spaventato. Non pensavo di poterlo fare, ma quando mi sono guardato intorno e ho visto tutti quei meravigliosi volti di artisti pieni di talento, ho deciso di farlo. È stata una decisione difficile e ha richiesto un grande impegno, tanto duro lavoro. Ci sono voluti molti anni perché la compagnia si affermasse e diventasse ciò che è oggi. Col senno di poi, è stato un modo per me di restituire qualcosa alla mia comunità».

Come nasce una coreografia? «La mia ispirazione viene principalmente dalle persone e dagli eventi che danno forma alle nostre vite, e dal desiderio di affinare la mia capacità di comunicare in modo più efficace e significativo attraverso l’arte della danza» – dichiara Ronen “Roni” Koresh –. E annuncia: «Il mio prossimo progetto si chiama “Masquerade”: è una creazione collettiva, un’opera teatrale impreziosita dalla presenza del canto e della danza dal vivo. Il pubblico si troverà immerso in un ambiente imprevedibile, di nuova musica elettronica e sinfonica e di movimento, che mette in risalto lo spazio liminale della realtà che si ripiega su se stessa. Il confine tra realtà e finzione non esiste più. La verità appartiene all’immaginazione di chi guarda».

Le sue origini ebraiche hanno influenzato il suo lavoro? «La mia eredità ebraica e il fatto di vivere in Israele mi hanno dato la possibilità di fare molte esperienze uniche nella vita, che differiscono da quelle degli altri. Il cibo, il clima, le persone, la diversità delle culture all’interno del paese e della comunità e l’aver dovuto prestare servizio militare all’età di 18 anni mi hanno permesso di apprezzare la libertà e il senso di responsabilità. Non do mai nulla per scontato nella mia vita e il concetto di limite è fuori dall’equazione».

L’arte può cambiare la società? «Io credo senza dubbio nel potere delle arti; in caso contrario, non vi avrei dedicato la mia vita» – sostiene Ronen “Roni” Koresh –. La pandemia ha avuto delle conseguenze sul suo lavoro? «La pandemia ha sicuramente influenzato il mio lavoro e il modo in cui lavoro» – rivela il coreografo –. «Ha aggiunto un’urgenza a tutto ciò che faccio e mi ha fatto apprezzare maggiormente le opportunità che si presentano a ciascuno di noi». E conclude: «Non dare mai nulla per scontato, fai sempre meglio che puoi e sii consapevole delle tue fortune (Never take it for granted, always do the best that you can, and count your blessings)».

Nel nostro tempo attraversato da guerre e epidemie, quale messaggio vorrebbe affidare alle sue opere? «Non importa quanto le cose sembrino difficili, la vita è meravigliosa».

Tags: CagliariCedacdanzaSassariTeatro Comunale SassariTeatro Massimo
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