Bentrovati amici lettori,
per il nostro appuntamento di #ioraccontoaSH vi propongo una storia che sa di Sardegna, ma anche d’estate. Era da tempo che volevo scriverla ma c’erano sempre altre storie a distrarmi, adesso che sono nel periodo delle vacanze è tornato tutto nella mia testa, eccomi qui a parlarvene, sappiate che è una storia vera la 98% tocca a voi immaginare qual è la parte reale.
Come colonna sonora durante la lettura consiglio Fly On dei Coldplay.
Vi do appuntamento a venerdì prossimo con un’altra storia.
Buona lettura
Aurora Redville
La mia Sardegna
Come ogni anno passiamo le agognate vacanze in Sardegna, riusciamo sempre a ritagliarci alcuni giorni lontani dalla casa della mia famiglia e andare in qualche zona che non conosciamo, questa volta andiamo a trovare un vecchio compagno dell’università che frequentavamo a Milano, non lo vediamo ormai da diversi anni. Scelte le date abbiamo iniziato subito la ricerca di un posto in affitto.
È stato un vero colpo di fortuna trovare questa casa all’ultimo momento: vista mare, sulla scogliera che divide le due spiagge, ed è un sogno tutte le mattine vedere sorgere l’Aurora dal letto.
Il riflesso dei raggi del sole che piano piano cambiano colore, la temperatura che lentamente si scalda con le prime ore del mattino, e la brezza che ti accompagna dolcemente nel risveglio.
Le giornate sempre scandite dai ritmi di chi vuole godere ogni istante, senza fretta, assaporando tutto ciò che lo circonda.
Serenità è la parola che più si addice alla nostra routine, il risveglio segna l’inizio della nostra giornata, poi la colazione, mentre i bimbi si preparano io vado al negozietto di alimentari per acquistare il necessario per i panini e prendere qualcosa per la cena, poi andiamo in spiaggia e lì trascorriamo alcune ore. Dopo aver giocato e nuotato con i bimbi io e mio marito ci mettiamo sotto l’ombrellone, e nelle ore più calde convinciamo anche loro due a stare con noi, pranziamo con un sandwich e dopo ci rilassiamo leggendo a voce alta il libro del momento, oppure loro prendono il loro libretto e il più grande legge per il piccolo, abbiamo portato anche la scacchiera da viaggio e mentre loro studiano le mosse vincenti io cerco di memorizzare le regole.
Dopo le cinque di solito torniamo a casa per fare una doccia e preparare la cena, ci piace mangiare presto per poi uscire a passeggiare e prendere un gelato.
La doccia la faccio per prima per avere il tempo di andare sulla terrazza, e mentre il sole scende lasciando il posto all’ombra asciugo i capelli, è il terzo giorno che la noto: una signora tutta vestita di nero, il fazzoletto in testa a testimonianza della sua vedovanza e il grembiule sopra la gonna, tipico delle donne di questa zona.
Ogni luogo ha le sue tradizioni, e malgrado io non sia un’esperta ne conosco alcune, in Sardegna ogni paese ha il suo dialetto, i suoi usi e costumi diversissimi tra loro. Ma com’è che restano vive le tradizioni?
Era una domanda che mi facevo sempre da bambina, adesso ho la risposta: vengono tramandate di madre (o padre) in figlio. I racconti della nonna, la zia, il nonno, tutti i componenti della famiglia trasmetteranno qualcosa ai bambini; io ricordo ancora le storie che mi raccontavano i miei nonni ed è una grande fortuna perché adesso posso raccontarle ai miei figli.
Ma torniamo alla signora vestita di nero, non so perché ma quando l’ho vista passare ho controllato l’ora sull’orologio: le 18,50.
L’ho seguita con lo sguardo, si è diretta in centro.
Penso a lei anche dopo cena mentre passeggiamo sul lungo mare e racconto a mio marito che sono rimasta molto colpita da una signora, che c’è qualcosa in lei che mi affascina, come se ci fosse una storia misteriosa da scoprire.
Il giorno dopo sono sulla terrazza alla stessa ora, la vedo passare, cammina senza fretta, salutando coloro che incontra con un gesto della mano e una specie di inchino, sembra gentile. Resto a osservarla finché non sparisce dietro l’angolo.
L’indomani rientro prima degli altri, faccio la doccia e mi preparo, ho spiegato il piano a mio marito e lui ridendo mi ha detto di fare ciò che devo.
Attendo sulla terrazza l’ora giusta e quando passa sotto casa scendo in fretta al piano di sotto, chiudo il portone alle mie spalle e la seguo.
È davanti a me, l’andatura lenta, si capisce che non ha fretta, volge lo sguardo al mare, lo osserva con attenzione, e poi prima di girare l’angolo fa il segno della croce.
Rimango colpita, recentemente ho visto il film Aquaman e sono stata per giorni a pensare al mondo marino, forse che lei venera il Dio del mare?
Cammina sulla strada principale che costeggia la torre e poi svolta di nuovo l’angolo, entra in un portoncino e la perdo, che faccio?
La seguo.
Entro nel portone e scopro che è una chiesa, l’entrata laterale mi ha tratta in inganno, noto alle mie spalle il portone dell’ingresso principale, molto antico ma non troppo grande, poche finestre e le pareti spoglie, affreschi di un tempo ormai rovinati lasciano il posto a un trittico ligneo di bellezza straordinaria. Osservo tutto, il colore predominante in contrasto con il bianco è l’oro. Le panche sono in legno alternate a delle sedie aggiunte probabilmente per le funzioni estive essendo l’unica chiesa della zona.
Ci sono infatti molte persone che aspettano che inizi la messa, non è da molto che entro in una chiesa perché d’estate mi piace visitarle e scoprire i loro particolari, nella mia terra ce ne sono di molte antiche che sorgono anche su templi pagani.
La signora è seduta tra i primi banchi, io dietro su una delle sedie, resto lì durante tutta la funzione, accanto a me numerosi turisti italiani ma anche stranieri che ascoltano con curiosità le parole del prete; aspetto la fine voglio scoprire dove abita.
Fa il suo cammino a ritroso, e compie quasi gli stessi gesti. Oltrepassa la mia casa ed entra tre portoni dopo. So dove abita.
La sera andiamo a cena fuori, racconto a mio marito dove ho seguito la signora, lui ride e dice che non c’è niente di strano, io sono di un altro parere, ci sono dei particolari che suscitano il mio interesse. Ammette che vedo delle cose interessanti che ai più sfuggono grazie al mio senso dell’osservazione.
Chiedo a mio marito di passare davanti alla sua casa dopo cena.
Dopo aver preso il gelato ai bimbi torniamo sulla scogliera passando dall’altra parte dell’isolato, ci ritroviamo davanti a una casetta il cui cortiletto esterno ha un divanetto e due sedie, lì sedute una signora e sua figlia Andrea amica del nostro amico Tony. La riconosco, la signora vestita di nero è la madre di quella ragazza.
Scambiamo alcune parole e poi ci auguriamo la buona notte, tornando verso casa decido che alla prima occasione parlerò con lei.
Non devo aspettare a lungo, due giorni dopo mentre rientriamo dalla spiaggia la vedo in lontananza sulla scogliera, è lì in piedi come in preghiera e osserva l’orizzonte.
Dobbiamo passare proprio da quella parte, e quando arriviamo vicino a lei si volta e sorride, noto il contrasto con i suoi occhi tristi, la saluto e proseguo. Dopo mezz’ora vado sulla terrazza, e la vedo ancora lì. Esco dal portone, vado da lei, sembra quasi che abbia avvertito la mia presenza perché si volta appena sente i miei passi sulla ghiaia e sorridendo mi dice “ciao”.
Non so bene cosa dire, mi avvicino e guardo il mare, lei mi osserva con curiosità, trovo il coraggio. “Come mai è ancora qui?”
Mi rivolge uno sguardo dolcissimo e malinconico: “oggi è un giorno speciale” dice.
È una ricorrenza molto importante, e mi invita a sedermi con lei sul divanetto e da lì tenere d’occhio l’orizzonte.
Dopo qualche istante inizia il suo racconto.
“Molti anni fa ero sposata con un uomo eccezionale, eravamo molto innamorati e abbiamo avuto dei figli, lui amava il mare e aveva una barca a vela con la quale gli piaceva andare a pescare o passare del tempo in solitudine. Era molto abile perché aveva imparato a veleggiare già da bambino; sono sempre stata tranquilla perché sapevo che era prudente, di tanto in tanto capitava che uscisse a soccorrere qualcuno in difficoltà, questo tratto di mare può essere difficile a causa delle correnti e più di una volta qualche barca ha lanciato l’SOS, lui era sempre lì a mettere la sua vita al servizio degli altri finché un giorno c’è stata una brutta tempesta, la guardia costiera non riusciva a trovare un disperso e lui è andato senza timore. Ho avuto un presentimento… l’ho visto allontanarsi tra le onde e non è mai più ritornato.”
“Mi dispiace…”
“È per questo che ogni mese il 18 vengo qui sulla scogliera e aspetto, è questo il posto dove l’ho visto l’ultima volta.”
“Capisco… quando è successo?”
“Dieci anni oggi.”
“E ci spera ancora?”
“Verrò qui finché avrò vita, perché so che lui tornerà da me…”