Nel 1989 il maestro del cinema giapponese Tsukamoto diede vita al capolavoro Tetsuo: l’uomo di ferro, un film che si mostra come un horror fantascientifico, in realtà una grande metafora della disabilità motoria.
È traendo ispirazione da questo titolo che il fumettista cagliaritano Francesco Frongia (già autore di Giotto, nonché fondatore dell’associazione Mammaiuto e insegnante alla Scuola Internazionale di Comics di Firenze) realizza un fumetto delicato, dolce e toccante, che riesce a emozionare e far riflettere: Tetsuo: Cane di ferro (Edizioni Mammaiuto).
Francesco ci illustra con uno tratto graffiante le difficoltà della convivenza con il suo amato bassotto attraverso episodi di vita quotidiana. Tetsuo non è però un cane come tutti gli altri: a causa di un doppio intervento il cucciolo ha perso l’utilizzo delle zampe posteriori; gli amorevoli padroni, così, affronteranno una travagliata routine composta di corse da veterinari, centri di recupero, cure ed abitudini fuori dal comune, per offrire all’ignaro e noncurante Tetsuo un’esistenza del tutto simile a quella degli altri cani, sostenendo con indulgenza ogni suo bisogno.
Per comprendere meglio l’origine di questa commovente, ma divertente opera, ho posto qualche domanda proprio all’autore.
Ciao Francesco, la potenza di quest’opera risiede nel fatto che, attraverso le pagine, Tetsuo riesce ad entrare immediatamente in casa nostra, ma ci puoi raccontare la sua storia?
Tetsuo è stato il mio cane e un’ernia gli ha provocato handicap motori: insomma, un cane a due zampe.
Ho pensato che prima della sua partenza sarebbe stato un bel commiato raccontare a fumetti la disabilità in genere e la diversità, con un punto di vista a 1,50 metri dal suolo (comprendendo il passeggino).
La realtà supera sempre di gran lunga l’immaginazione.
Ciò che ho amato di Tetsuo è che sembra non importargli della propria condizione. Pensi che la disabilità sia più percepita dall’esterno rispetto a chi ne soffre?
Tetsuo era un cane, e in quanto tale non parlava e a volte non è chiarissimo cosa pensasse, ma piuttosto erano umanissime le reazioni che scatenava “il cane nel passeggino”: dall’orrore all’eccessiva adulazione; la sua condizione di cane con handicap, insomma, ha fornito molti spunti per indagare in maniera, spero giocosa, cosa sia il diverso e il non conforme.
Seguire un cane con questi problemi ha portato difficoltà anche nei rapporti personali?
Diciamo che anche i padroni dei cani handicappati hanno una mobilità ridotta.
Per molti anni con la mia compagna non siamo andati insieme al cinema, ai concerti o al museo, si entrava uno alla volta, e pace! Tutto ciò stanca fisicamente.
Tirando le somme sì, ha un impatto nel quotidiano importante, ma vuoi mettere le infinite situazioni surreali che abbiamo vissuto con un cane a rotelle e l’opportunità per conoscere meglio se stessi.