Incredibile, emozionante, imprevista: è una sensazione unica quella che, dopo nove anni, riporta l’Italia pallonara a riassaporare il gusto della finale dell’Europeo. Se la netta affermazione di Monaco di Baviera con il Belgio aveva restituito consapevolezza al gruppo azzurro, l’approdo all’ultimo atto continentale nella semifinale di Wembley è il classico sogno avverato. Dopo una sofferenza inaudita, l’Italia riesce ad avere la meglio su una grandissima Spagna – alla faccia di una Nazionale a fine ciclo – con l’arma della perseveranza. Lo abbiamo ribadito più volte: i campioni e le loro giocate valgono il prezzo del biglietto ma l’unità di intenti di squadra, la solidità del gruppo e la capacità di compattarsi nei momenti difficili sono i dettagli che aprono le porte della gloria e riempiono i libri di storia ed epica applicata allo sport.
Partiamo però con una sincera stretta di mano agli avversari. E che avversari: la Spagna di Luis Enrique si dimostra Nazionale di altissimo livello nonché pronta a riaprire un nuovo ciclo con una linea verde in grado di incantare e dominare Europa e Mondo negli anni avvenire. La Roja condivide con gli Azzurri la compattezza del gruppo, l’importanza del collettivo: partite in sordina e con il concreto rischio di una prematura eliminazione, le Furie Rosse crescono progressivamente nel torneo con la manita alla Slovacchia e ai vice campioni del mondo croati riportando in auge la bellezza estetica del calcio verticale e a due tocchi, marchio di fabbrica e mantra della Roja. Fino alla sfortunata semifinale di Wembley: bellissima da vedere per larghi tratti del match ma eliminata dal dischetto. L’uscita di scena della Spagna poteva essere messa in conto contro una squadra solida e di tradizione come l’Italia ma, al contempo, la Roja può guardare con fiducia al prossimo futuro: un ritrovato Morata, l’imprevedibilità di Dani Olmo e la solita qualità eccelsa del centrocampo sono gli aspetti chiave sui quali Luis Enrique – ottimo allenatore e uomo di calcio, sport e vita da esportare nel mondo come modello di riferimento per educazione, classe e signorilità – dovrà lavorare per il mondiale qatariota.
Coppa del mondo che vedrà ancora protagonista l’Italia di Mancini, la prima finalista – in attesa di Inghilterra-Danimarca di questa sera – di Euro 2020. Un risultato incredibile, quasi illogico se riavvolgiamo il nastro dei ricordi a quattro anni fa: qualificazione fallita al mondiale russo, un clamoroso tonfo a cui fece seguito nelle 48 ore successive l’esonero del CT Giampiero Ventura. L’Italia calcistica muore però due sere prima, in quella gelida – e ahinoi indimenticabile – serata del 13 novembre 2017 quando San Siro diventa non solo terra di conquista svedese ma anche il teatro di una Waterloo sportiva che non vedeva gli Azzurri protagonisti – in negativo – dal 1958. Il 14 maggio 2018 è invece la data del rinascimento pallonaro tricolore, il punto di non ritorno per chiudere definitivamente con il passato. Roberto Mancini raccoglie il testimone di Ventura annunciando un cambio di rotta generazionale, aspramente criticato nelle prime battute: non c’è spazio per giocatori come Candreva e Parolo. Via libera a giovani di belle speranze: da Donnarumma e Chiesa fino a Lorenzo Pellegrini e Nicolò Barella, passando per l’ottimo Stefano Sensi in maglia Sassuolo fino a giovani prospetti che, nel 2018, non avevano ancora calcato i palcoscenici della Serie A come Sandro Tonali e Nicolò Zaniolo.
Un lavoro di ricostruzione durato anni, costato fatica e incentrato sul coraggio delle scelte. Ma non è tutto: la “rivoluzione manciniana” si fonda su un calcio spettacolare, verticale. Un’idea tattica che fa stropicciare gli occhi a tifosi e addetti ai lavori per la capacità di coniugare solidità difensiva, qualità a centrocampo e imprevedibilità offensiva. Le prime avvisaglie di un’inversione di rotta appartengono tutte allo scorso settembre quando alla Johan Cruijff ArenA di Amsterdam l’Italia vince in casa dei fautori del calcio totale con una prestazione da applausi. Il sogno dell’Italia parte tra le vuote tribune dello stadio dell’Ajax prosegue nelle rinnovate notti magiche dell’Olimpico di Roma del 2021 e si ferma a Wembley. Già, ancora a Wembley: il teatro dei sogni. Ancora novanta minuti e il cielo di Londra ci dirà se l’alba del 12 luglio 2021 sarà l’inizio di una nuova era. A tinte azzurre.